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La Secchia Rapita 05-1

Post n°1286 pubblicato il 25 Febbraio 2015 da valerio.sampieri
 

La Secchia Rapita
di Alessandro Tassoni

CANTO QUINTO

ARGOMENTO

È preso Castelfranco: e con auspici
poco fausti a Bologna il Nunzio giunto,
de' Bolognesi e de' paesi amici
vede marciar l'esercito congiunto,
che 'l dí seguente addosso a gl'inimici
giunge improviso e di battaglia in punto.
E 'l Potta anch'ei da l'espugnate mura
tragge e schiera il suo campo a la pianura.

        1
Già il termine prescritto era passato,
né la piazza Nasidio ancor rendea,
da contrasegni e lettere avisato
che l'esercito amico uscir dovea.
Il Potta, che si vide esser gabbato,
ne consultò col Re vendetta rea:
e l'alba era ancor dubbia e 'l cielo oscuro,
quando assaltò da cento parti il muro.

        2
Rimasero i Tedeschi e i Cremonesi,
che da Bosio Duara eran guidati,
e la cavalleria de' Modanesi
con loro insegne a la campagna armati.
Il Potta avea de' suoi gli animi accesi
con premi utili insieme ed onorati;
promettendo a colui ch'era di loro
primo a salir, due mila scudi d'oro.

        3
Mille n'avea al secondo, e cinquecento
promessi al terzo: onde correa a salire
e a far di suo valore esperimento
stimulando ciascun la forza e l'ire.
Ma l'inimico in cosí gran spavento
si difendea con disperato ardire,
sicuro omai di non trovar mercede
dopo l'error de la mancata fede.

        4
Pioggia cadea da le merlate mura
di saette e di pietre aspra e mortale:
ma con sembianza intrepida e sicura
movea l'assalitor machine e scale.
I mangani al ferir maggior paura
facean da lunge e irreparabil male,
ché subito ch'alcun scopriva il busto,
mastro Pasquin te l'imbroccava giusto.

        5
Non credo ch'Archimede a Siracusa
facesse di costui prove piú leste.
Fra gli altri colpi suoi nota la Musa,
ch'un certo Bastian da Sant'Oreste,
sbracato, lo schernía sí come s'usa,
mostrandogli le parti poco oneste:
ed egli tosto gli aggiustò un quadrello
nel foro a pel de l'ultimo budello.

        6
Rinforzossi tre volte il fiero assalto
sottentrando a vicenda ordini e schiere;
e giú nel fosso e su nel muro ad alto
morti infiniti si vedean cadere;
quando il fiero Ramberto ergendo in alto
una scala, di man trasse a l'alfiere
l'insegna, e 'n tanto i suoi con le balestre
disgombravano i merli e le finestre.

        7
Sandrin Pedoca e Battistin Panzetta
e Luca Ponticel gli furo appresso:
fu morto il Ponticel d'una saetta
ch'uscí di man di Berlinghier dal Gesso;
ma Ramberto salito in su la vetta
si trovò incontro il capitano istesso,
ch'armato d'una ronca era venuto
correndo in quella parte a dare aiuto.

        8
Tosto ch'ei può fermar tra' merli il piede
pianta l'insegna, e oppone il forte scudo
a Nasidio, che l'urta e che lo fiede
con la ronca a due man d'un colpo crudo.
L'aspra percossa ogni riparo eccede,
l'armi distrugge, e lascia il braccio ignudo
e ferito a Ramberto, e 'l cor ripieno
di furor e di rabbia e di veleno.

        9
A Nasidio s'avventa, e con le braccia
pria ne la gola, indi ne' fianchi il cigne;
Nasidio ratto anch'ei seco s'abbraccia,
lascia la ronca, e al paragon si strigne:
l'uno di qua, l'altro di là procaccia
d'atterrare il nemico e lo sospigne:
gli avviticchia le gambe e lo raggira,
or l'urta a destra, or a sinistra il tira.

        10
Grida Nasidio che 'l guerrier sia preso,
o quivi in braccio a lui di vita casso;
egli di rabbia e di furore acceso,
l'alza su 'l petto e tira in dietro il passo,
e su l'orlo del muro il tien sospeso,
indi si lancia a precipizio a basso:
Giesú chiama per aria in suo sussidio
il discendente del famoso Ovidio.

        11
Giú ne la fossa in loco assai profondo
giaceva a piè de l'assalite mura
una gran massa di pantano immondo
e di fracido stabbio e di bruttura:
quivi caddero entrambo, e andaro al fondo,
e d'abito mutati e di figura
tornar senz'altro danno a rivedere
l'almo splendor de le celesti sfere.

        12
E di nuovo correan per azzuffarsi,
come due verri d'ira e d'odio ardenti
corron ne la belletta ad affrontarsi
con dispettosi grifi e torti denti:
ma i soldati potteschi intorno sparsi
furon lor sopra a quel fier atto intenti,
e da le man del vincitore altero
trasser Nasidio vivo e prigioniero.

        13
Fu condotto Nasidio innanzi al Potta,
che lo fece castrar subitamente
per ricordanza de la fede rotta
e per esempio a la futura gente;
ed a la cima del gran naso a un'otta
con un filo d'acciar fatto rovente
gli fe' attaccare i testimoni freschi
de' mal sortiti suoi tiri furbeschi.

        14
La bandiera fra tanto era spiegata
che Ramberto al salir trasse con esso,
da Battistino e da Sandrin guardata,
e da molti altri che saliro appresso;
ma contesa in quel luogo era l'entrata
da l'inimico stuol sí folto e spesso,
che quivi si facea tutta la guerra,
né si potea calar giú ne la terra.

        15
Ed ecco in su la fossa al gran Voluce
improvisa apparir la Dea d'Amore
chiusa d'un nembo d'or, cinta di luce,
ed infiammargli a la battaglia il core;
preso gli mostra il miserabil duce,
e l'inimico stuol pien di terrore
tutto rivolto a la bandiera alzata,
e la vicina porta abbandonata.

        16
Al magnanimo cor basta sol questo,
e l'usato valor dentro raccende:
volge lo sguardo a' suoi soldati presto,
e seco il fior de' piú lodati prende:
corre a la porta, e ne' compagni è desto
emulo ardor ch'a gli animi s'apprende;
onde Folco, Attolino e Bagarotto
corrono anch'essi, e fanno a gli altri motto.

        17
Egli infiammato di feroce sdegno
sta su la soglia minacciando morte,
e con una bipenne il duro legno
percuote, e risonar fa l'alte porte;
mettono gli altri un ariete a segno,
e 'l sospingon con impeto sí forte,
che già l'imposte e le bandelle sono
tutte allentate, e ne rimbomba il suono.

        18
Quei pochi, ch'ivi in guardia eran fermati,
lanciano sassi e mettono puntelli,
e di paura afflitti e sconcacati
vanno mirando a questi buchi e a quelli;
ma dal fiero cozzar rotti e spezzati
già cadono le spranghe e i chiavistelli,
e Voluce da i gangheri a fracasso
getta la porta tutt'a un tempo a basso.

        19
Come al cader di quella sacra avviene,
ch'ad ogni cinque lustri apre il gran Padre,
quando la gente di lontan se 'n viene
a Roma a riverir l'antica madre;
che non giovan le sbarre e le catene
a trattener le peregrine squadre
ch'inondano a diluvio, e chi s'arresta
lo soffoga la turba e lo calpesta:

        20
tale al cader de le nemiche porte,
l'impetuosa turba inonda e passa;
e di pianto, d'orror, di sangue e morte
ogni cosa al passar confusa lassa:
il feroce e l'imbelle ad una sorte
cade, ogn'incontro il vincitor fracassa:
fugge il vinto e s'appiatta, o l'armi cede
e s'inginocchia a domandar mercede:

        21
ma non trova mercé né cortesia,
e in van s'inchina e in van la vita chiede:
Il Potta vuol che Castelfranco sia
esempio eterno a non mancar di fede.
furore ha luogo, ogni pietà s'oblía,
veggonsi in ogni parte incendi e prede:
e cade in poca cenere un Castello,
di cui non era in Lombardia il piú bello.

        22
E già su le ruine il vincitore
dal lungo faticar stanco sedea,
quand'ecco di lontan s'udí un romore
che rimbombar d'intorno il pian facea:
venía il campo nemico a gran furore,
che 'l periglio de' suoi già inteso avea:
ed era quel che la foresta e i lidi
fea risonar di trombe e corni e gridi.

        23
Musa, tu che cantasti i fatti egregi
del re de' topi e de le rane antiche,
sí che ne sono ancor fioriti i fregi
là per le piagge d'Elicona apriche,
tu dimmi i nomi e la possanza e i pregi
de le superbe nazion nemiche,
ch'uniron l'armi a danno ed a ruina
de la città de la salciccia fina.

        24
Poscia che gli apparecchi e la contesa
di Bologna la Fama intorno sparse,
trasse il desío di cosí degna impresa
quattordici città seco ad armarse.
Tremò l'Imperio e invigorí la Chiesa,
sentí l'Italia in freddo giel cangiarse;
e credo che 'l Soldan de' Mammalucchi
ne mandasse ragguaglio al re de' cucchi.

        25
Il Papa, ch'era padre e protettore
de la parte de' Guelfi e de la Chiesa,
avendo udito in Francia il gran romore
e la cagion di sí crudel contesa,
per aggiungere a' suoi fede e valore,
spedí subito nunzio a quell'impresa
da Vienna un suo domestico prelato
che monsignor Querenghi era nomato.

        26
Questi era in varie lingue uom principale
poeta singular tosco e latino,
grand'orator, filosofo morale,
e tutto a mente avea sant'Agostino:
ma il Papa non lo fece cardinale
ché 'n sospetto gli entrò di ghibellino
dopo ch'ei ritornò di nunziatura
e perdé la fatica e la ventura.

        27
Nocquegli ancora i' esser padovano
suddito d'Ezzelin, bench'innocente,
non volendo il Pontefice romano
aver fede ad alcun di quella gente:
ma certo ei fu prelato e cortigiano,
fra gli altri in quell'età molto eminente:
e da lo sprezzo d'uom sí saggio e prode
il Papa non ritrasse alcuna lode.

        28
Egli partí da Vienna in su le poste,
e nel passar de l'Alpi a un ponte rotto,
il perfido caval per certe coste
lasciò cadersi, e non gli fece motto:
anzi da discortese e bestia d'oste,
stava di sopra e monsignor di sotto,
onde la nunziatura indi levata
con mal augurio fu mezzo spallata.

        29
Quivi ei montò in lettiga, e seguitando
con una spalla fuor d'architettura,
giunse a punto a Bologna il giorno quando
l'esercito uscía fuora a la ventura:
si fe' porre il rocchetto, in arrivando,
da don Santi, e salí sopra le mura;
dove a l'uscir de la città le schiere
chinavano a' suoi piè lance e bandiere.

        30
Et egli con la man sovra i campioni
de l'amica assemblea, tutto cortese
trinciava certe benedizioni,
che pigliavano un miglio di paese.
Quando la gente vide quei crocioni,
subito le ginocchia in terra stese,
gridando: - Viva il Papa e Bonsignore,
e muora Federico Imperadore. -

        31
Ma perché la man destra avea fasciata
e gli benedicea con la mancina,
fu scritto al Papa ch'egli avea mandata
una persona marcia ghibellina.
Or basta, in ordinanza usciva armata
la gente; e prima fu la perugina,
tre mila, che mandati avea la Chiesa
col capitan Paulucci a quell'impresa.

        32
Questi di cortegian fatto soldato
disertò gli Ugonotti e i Calvinisti,
fe' vermiglia la Schelda, indi passato
in Francia guerreggiò co' Navarristi;
navigò nel Danubio; e al fin voltato
in occidente a piú sublimi acquisti,
fra i monti Pirenei passò in Ispagna,
e riportò per mar guanti d'Ocagna.

        33
L'armatura dorata e rilucente
con sopraveste avea cangiante e varia,
e camminava sí leggiadramente,
che parea ch'ei ballasse una canaria:
disperata guidava e altera gente,
che la fortuna amica e la contraria
egualmente disprezza, e si diletta
sol di sangue, di morte e di vendetta.

 
 
 
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