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Della Casa 14: sonetti

Post n°1195 pubblicato il 05 Febbraio 2015 da valerio.sampieri
 

LE RIME EXTRAVAGANTI

LXV

Né l'alba mai, poi che 'l suo strazio rio
vien Progne, ombrose valli, a pianger vosco,
quando 'l ciel fosse in sul mattin men fosco,
di braccia al vecchio suo sì bionda uscìo;

né 'n riva di corrente e largo rio
chiome spiegò d'april tenero bosco
sì vaghe, come il sol ch'io sol conosco
sparger tra voi le sue talor vid'io.

E or le tronca empio destino acerbo,
e 'mpoverisce Amor del suo tesoro:
a noi sì cara vista invidia e toglie.

Deh chi 'l mio nodo rompe e me non scioglie?
Avess'io parte almen di quel dolce oro,
per mitigar il duol che nel cor serbo.

Le Rime secondo la stampa del 1558


LXVI

Struggi la terra tua gentile e pia,
o di vero valor spogliata schiera,
e 'n soggiogar te stessa onore spera,
sì come servitute in pregio sia;

e di sì mansueta ch'eri pria
barbara fatta sovr'ogni altra e fera,
cura che 'l latin nome abbassi e pèra,
e 'n tesoro cercar virtute oblia.

Tu incontro a chi t'affida armata fendi
col tuo nemico il mar, quando la turba
de gli animosi figli Eolo disserra;

tu quei che più ragion torce e conturba
segni, e 'l tuo sangue a prezzo e l'altrui vendi,
crudele: ahi non è questo a Dio far guerra?

Le Rime secondo la stampa del 1558
Lirici italiani del Secolo Decimosesto con annotazioni, di Luigi Carrer, Venezia, 1836, Sonetto 60 (pag. 31)
Parnaso Italiano, Vol. 26, 1787, pag. 330

Note:
Questo e il seguente, sono tra i sonetti attribuiti al Casa dubbiamente. Hanno però del suo colorito; potrebbero essere lavoro giovanile e dimenticato. Altri se ne potevano aggiungere; ma per saggio possono bastare questi due.
(Carrer, cit., pag. 314)

Note:
1. Struggi la terra tua dolce natia,
2. o di vera virtù spogliata schiera:
8. obblia.
9. E 'ncontro
12. Segui chi più
13. Or il tuo sangue a prezzo, or l'altri vendi,
14. crudele. Or non è questo a Dio far guerra?
(versione data da Rubbi, Parnaso Italiano, Vol. 26, 1787)



LXVII

Forse però che respirar ne lice
dopo tanti anni, or questo e or quell'angue
così ne punge, o pur del nostro sangue
non è vermiglia ancora ogni pendice?

Terra più ch'altra pria lieta e felice
fatt'è per dura mano ignuda, esangue:
deh perch'in noi virtute e valor langue,
e rinverde avarizia ogni radice?

Ch'ancor potrebbe, asciutto il sangue sparso
e sereni i begli occhi or di duol colmi,
frenar le genti Italia a l'antico uso;

ned io l'Ibero o più Cesare accuso
che 'l loro aspro vicin, ma piango, e duolmi
rotto vedere il mio bel nido e arso.

Le Rime secondo la stampa del 1558
Lirici italiani del Secolo Decimosesto con annotazioni, di Luigi Carrer, Venezia, 1836, Sonetto 61 (pag. 31)


LXVIII
Deh avess'io così spedito stile
come ho pronto, madonna, ogni desio,
ché il vostro dolce affetto onesto e pio
conto fôra per me com'è gentile:

e sì devria, poi che d'amaro e vile
dolce rendete e caro il viver mio
voi sola; ma che più, lasso, poss'io
se a gir tant'alto è il mio dir pigro umile?

Per me pregaste voi l'angel mio santo
che, se grave peccato ho in me concetto,
raggio di sua pietà mi vegli e lustre:

ed ella il feo, né più benigno effetto
vide uom giamai, né stato have in sé tanto
alcun quant'io vi debbo, anima illustre.

Le Rime secondo la stampa del 1558
Parnaso Italiano, Vol. 26, 1787, pag. 331


LXIX
Se ben pungendo ognior vipere ardenti
e venenose serpi al cor mi stanno,
e scopro de' bei lumi il chiaro inganno
con questi miei, a la sua luce intenti,

non fia però giamai ch'io mi sgomenti
di soffrir questo incarco e questo affanno,
ch'è soave il martir, utile il danno,
gli occhi fian sempre di languir contenti.

Lasso, ché di tal laccio Amor mi strinse
ch'a snodarlo convien che si discioglia
lo stame, con cui 'l ciel quest'alma avvinse:

e benché un timor rio sempre m'indoglia,
un timor che la speme un tempo vinse,
conven ch'io segua l'ostinata voglia.

Le Rime secondo la stampa del 1558
Parnaso Italiano, Vol. 26, 1787, pag. 332


LXX

Dopo sì lungo error, dopo le tante
sì gravi offese, ond'ognor hai sofferto
l'antico fallo e l'empio mio demerto,
con la pietà de le tue luci sante

mira, Padre celeste, omai con quante
lacrime a te devoto mi converto,
e spira al viver mio breve e incerto
grazia, ch'al buon camin volga le piante.

Mostra gli affanni, il sangue e i sudor sparsi
(or volgon gli anni) e l'aspro tuo dolore
a' miei pensieri, ad altro oggetto avvezzi;

raffredda, Signor mio, quel foco ond'arsi
col mondo e consumai la vita e l'ore,
tu che contrito cor giamai non sprezzi.

Le Rime secondo la stampa del 1558
Parnaso Italiano, Vol. 26, 1787, pag. 334

 
 
 
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