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Meo Patacca 01-5

Post n°1193 pubblicato il 04 Febbraio 2015 da valerio.sampieri
 

"Il Meo Patacca, ovvero Roma in feste ne i trionfi di Vienna" di Giuseppe Berneri

Titolo completo e frontespizio: Il Meo Patacca ovvero Roma in Feste ne i Trionfi di Vienna. Poema Giocoso nel Linguaggio Romanesco di Giuseppe Berneri Romano Accademico Infecondo.
Dedicato all'Illustriss. et Eccellentiss. Sig. il Sig. D. Clemente Domenico Rospigliosi. In Roma, per Marc'Antonio & Orazio Campana MDCXCV. Con licenza de' Superiori.

Tutte, da i tre scalini pe' drittura
Vanno a fornì in tel mezzo di quel vano;
Qui sta un marmoro fino, di figura
Bislonga, et è tutto d'un pezzo, e sano.
Sostenta una gran machina, fattura
D'una famosa, et eccellente mano,
Et è un bel Gnore sopra d'un cavallo,
E tutti dui son fatti di metallo.

Questa fra l'altre è una mirabil' opra,
Ch'i ciospi antichi a Roma hanno lassata;
Luccica il bronzo, e par ch'oro lo copra;
Tiè l'animai con brio 'na gamma alzata,
Crespo ha 'l collo, alto el capo, e ce sta sopra
Marc'Antonino Pio, che sollevata
In atto di trionfo ha la man dritta,
E sotto in lode sua ce sta una scritta.

Arrivato qui MEO l'osserva, e attorno
Gira coll'occhio, e ghigna, e si rincora;
Ma poi sbotta co' dir: "Chi sa, ch'un giorno
Qui non ce s'alzi un'altra statua ancora;
Chi sa nol merti un che dich'io". Restorno
Senza capi' tutti intontiti allora;
Ma in realtà fu questo indizio espresso,
Che l'amico parlava di sè stesso.

Con rimenata da trasteverino
Seguitò 'l viaggio, e co' sgherrosi passi
Scontrafava l'annar d'un Paladino,
Nè la cedeva manco alli gradassi;
Poi giusto in mezzo di Campo Vaccino,
Loco in dove s'impara a far a sassi,
Si ferma, e dice: "Questo il Campidoglio
Sia per me adesso, io qui parlà ve voglio".

Campo Vaccino è un loco for di mano
Vicino al Colisèo, poco abbitato,
In dove del bestiame grossolano
Ogn'otto giorni ce se fa el mercato.
È largo e longo assai, ma tutto piano,
In tel mezzo dal sole è riparato,
Se d'arbori cresciuti tutti a un paro,
Da capo a piedi c'è doppio filaro.

Vuò MEO salir in alto, e una barozza
Vede lassata lì dalli carrari;
Ammasca ancora una colonna mozza.
Che gli par meglio assai per un suo pari;
Su questa dunque, perchè è piana e tozza
Ce zompa de potenza a piedi pari,
Perchè de fa' 'sti salti haveva in uso,
Ce resta sopra ritto, come un fuso.

Si mette potenziuto un braccio al fianco
In un sussiego d'homo di valore;
Stanno li sgherri tutti, come un branco
Di tanti agnelli attorno al su' pastore,
O pur, come dinanzi a un salt'in banco
Li regazzi si fermano in cert'hore,
Ch'a casa loro non ne fan parola,
Allor, ch'o vanno, o tornano da scola.

Così incominza, e fa' del bello in piazza
Intanto MEO, ch'è parlator di pezza:
"O del sangue de Troja incrita razza
Sempre a gran rischi, et a gran prove avvezza!
Sentite MEO PATACCA, che schiamazza
Con lingua di dolor, e d'amarezza,
E in tel havervi a dir, se che cos'habbia,
Gli rosica le viscere la rabbia.

E lo sapete pur, e lo sapete,
Che la feccia del monno, i Turchi indegni
D'abbuscà Vienna bella hanno gran sete,
Che già ci fanno sopra i lor disegni;
Penzano poi far peggio, e non volete
Ch'io sputanno velen, vomiti sdegni?
Ah, che bigna ch'io sfoghi, e non stia queto,
Ma pe' rabbia che ci ho, mozzichi el deto.

Se VIENNA casca, ahimè, che poco doppo
Italia se ne va, va Roma a sacco;
Ce vorria presto ce vorria un intoppo,
Prima de sopportà così gran smacco;
Lo sta' così a vedè sarebbe troppo,
Senza impedine un così brutto acciacco;
Se succede, ch'il Turco un dì ce cucchi,
Saremo peggio assai de mammalucchi.

E dove sono, e dove l'antenati
Nostri nonni, bisnonni, e sgherri antichi?
A fè, che se si fussero trovati
In così fatte buglie, in questi intrichi,
Come noi non sariano scioperati,
Che salvamo la panza pè li fichi;
Ma sariano volati ippeso fatto,
A dar a quei Margutti un scacco matto.

Semo pur del su' sangue, e pur quest'aria
Ha pasciuti ancor loro, e su 'sta terra
Spasseggiorno pur tutti, e perch'è varia
Da qual fu allor la nostra gente sgherra?
Perchè al valor di quelli, oggi è contraria
Di noi la schiatta, se il timor l'atterra?
Dunque con tanto nostro disonore
Sarà el sangue l'istesso, e non el core?

Se dal cassone alzassero la testa,
E per un poco gli tornasse el fiato,
So che durian: "Che vergognezza è questa
Che v'habbia a spaventà Turco malnato?
Che più vedè, che più aspettà ve resta,
Hor, che bando al valor da voi fu dato,
Se no che la canaglia malandrina,
A Roma venga a fa' de voi tonnina?

Se nelle nostre ceneri scintilla
Non sapete trova', ch'il cor v'accenna
Di romanesco ardir, se non sfavilla
Sdegno in voi, ch'implacabili ve renna,
Se non scaglia saette ogni pupilla,
Non si dica da voi, nè sì pretenna,
Mentre sete alla grolia e al monno ignoti,
D'esser figli di noi, di noi nipoti".

Ma perchè i morti rinfaccià non sanno
La viltà nostra, se parlà non ponno,
Io vi dirò, che troppo rei si fanno
Quei, che seguir l'essempio lor non vonno.
Ve fo sapè ve fo, ch'in men d'un anno
Mi' pà, ne sballò quattro, e sei mi' nonno;
Hor che fatto haveranno i più valenti,
Che forzi fumo ancor nostri parenti?

 
 
 
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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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