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Della Casa 08: sonetti

Post n°1159 pubblicato il 30 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
 

XXXVI

La bella Greca, onde 'l pastor Ideo
in chiaro foco e memorabil arse,
per cui l'Europa armossi, e guerra feo,
e alto imperio antico a terra sparse;

e le bellezze incenerite e arse
di quella, che sua morte in don chiedeo;
e i begli occhi e le chiome a l'aura sparse
di lei, che stanca in riva di Peneo

novo arboscello a i verdi boschi accrebbe;
e qual altra, fra quante il mondo onora,
in maggior pregio di bellezza crebbe,

da voi, giudice lui, vinta sarebbe,
che le tre dive (o sé beato allora!)
tra' suoi be' colli ignude a mirar ebbe.

Le Rime secondo la stampa del 1558
Lirici italiani del Secolo Decimosesto con annotazioni, di Luigi Carrer, Venezia, 1836, Sonetto 35 (pag. 18)
Parnaso Italiano, Vol. 26, 1787, pag. 287

Note:
Sonetto de'più belli che abbia l'italiana poesia, e condotto con disordine artifiziosissimo. Efficacissima l'esclamazione del penultimo verso. La donna che il pastorello trojano avrebbe preferita a Venere è Lisabetta Quirini, di cui abbiamo detto. Anche questo ha riscontro in quello del Bembo: Se stata foste voi sul colle Ideo.
(Carrer, cit., pag. 307)



XXXVII

Or piagni in negra vesta, orba e dolente
Venezia, poi che tolto ha Morte avara
dal bel tesoro, onde ricca eri e chiara,
sì preziosa gemma e sì lucente.

Ne la tua magna, illustre, inclita gente,
che sola Italia tutta orna e rischiara,
era alma a Dio diletta, a Febo cara,
d'onor amica e 'n bene oprar ardente.

Questa, angel novo fatta, al ciel sen vola,
suo proprio albergo, e 'mpoverita e scema
del suo pregio sovran la terra lassa.

Bene ha, Quirino, ond'ella plori e gema
la patria vostra, or tenebrosa e sola,
e del nobil suo Bembo ignuda e cassa.

Le Rime secondo la stampa del 1558
Lirici italiani del Secolo Decimosesto con annotazioni, di Luigi Carrer, Venezia, 1836, Sonetto 36 (pag. 19)
Parnaso Italiano, Vol. 26, 1787, pag. 288

Note:
Per la morte del Bembo, e diretto a Girolamo Quirini.
(Carrer, cit., pag. 307)



XXXVIII

Vago augelletto da le verdi piume,
che peregrino il parlar nostro apprendi,
le note attentamente ascolta e 'ntendi,
che madonna dettarti ha per costume.

E parte dal soave e caldo lume
de' suoi begli occhi l'ali tue difendi;
ché 'l foco lor, se, com'io fei, t'accendi,
non ombra o pioggia, e non fontana o fiume,

né verno allentar pò d'alpestri monti:
ed ella, ghiaccio avendo i pensier suoi,
pur de l'incendio altrui par che si goda.

Ma tu da lei leggiadri accenti e pronti,
discepol novo, impara, e dirai poi:
Quirina, in gentil cor pietate è loda.

Le Rime secondo la stampa del 1558
Lirici italiani del Secolo Decimosesto con annotazioni, di Luigi Carrer, Venezia, 1836, Sonetto 37 (pag. 19)
Parnaso Italiano, Vol. 26, 1787, pag. 289

Note:
Pel pappagallo di Lisabetta Quirini. E così pure il seguente. Molti sono i poeti, anche di chiaro nome, che trattarono simile soggetto; ma mi contento di accennare un sonetto del Tasso, che incomincia Quel prigioniero augel, per chi amasse di paragonarlo al secondo del Casa.
(Carrer, cit., pag. 307)



XXXIX

Quel vago prigionero peregrino,
ch'udendo vostra angelica parola
sua lontananza e suo carcer consola
(e 'n ciò men del mio fero have destino),

Permesso tutto e 'l bel monte vicino
vincer potrà non pur Calliope sola:
da sì dolce maestra e 'n tale scola
parlar ode e impara alto e divino.

Ben lo prego io ch'attentamente apprenda
con quai note pietà si svegli, e come
vera eloquenza un cor gelato accenda.

Si dirà poi, ché tra sì bionde chiome
e 'n sì begli occhi Amor giamai non scenda:
questo è notte e veneno al vostro nome.

Le Rime secondo la stampa del 1558
Lirici italiani del Secolo Decimosesto con annotazioni, di Luigi Carrer, Venezia, 1836, Sonetto 38 (pag. 20)
Parnaso Italiano, Vol. 26, 1787, pag. 290



XL

Come vago augelletto fuggir sòle
poi che scorto ha 'l lacciuol tra i verdi rami,
così te fugge il cor, né prender vòle
esca sì dolce fra sì pungenti ami.

Come augellin, ch'a suo cibo sen vole,
così par ch'egli a me ritornar brami,
sì 'l colpo ond'io 'l ferì ' diletta e dole:
e fol, perché 'l mio mal gioia si chiami.

Ma la nemica mia perché non piaga
lo stral tuo dolce? e ben fôra costei
di sì forte arco e di chi 'l tende onore.

Pensier selvaggi, adamantino core
non adesca piacer, né punge piaga,
né visco intrica o rete occhi sì rei.

Le Rime secondo la stampa del 1558
Lirici italiani del Secolo Decimosesto con annotazioni, di Luigi Carrer, Venezia, 1836, Sonetto 39 (pag. 20)
Parnaso Italiano, Vol. 26, 1787, pag. 291

Note:
Dialogo fra il Poeta e Amore: del primo sono la prima quartina e il primo terzetto. Nel verso quarto sembra uscir di metafora, ricordando gli "ami" quando si parla d' augello. Lo difende il Casoni allegando un passo di Virgilio, AEn. I, 467, ove "amo" vale maglietta.
(Carrer, cit., pag. 307)

 
 
 
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