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Il Dittamondo (5-24)

Post n°1150 pubblicato il 27 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
 

Il Dittamondo
di Fazio degli Uberti

LIBRO QUINTO

CAPITOLO XXIV

"L’aspido sordo lo balsamo guarda
sí, che sua vita a la morte dispone:
veglia e quanto può lo sonno tarda. 

Sotto Rifeo, in quella regione 
lá dove gli Arimaspi fan dimoro, 5 
son li smeraldi a guardia del grifone. 
E cosí per li stremi di costoro, 
dove noi siamo, per la rena molta 
truovi formiche assai, che guardan l’oro. 
O doloroso avaro, anima stolta, 10 
che guardi l’or come bruto animale, 
lo qual non ha ragion né mai l’ascolta, 
dimmi: ecco la morte; che ti vale? 
E dimmi, se pur vivi e non ne hai prode, 
s’altro ne puoi aver che danno e male. 15 
L’oro è buono a colui il qual lo gode 
e fanne bene a’ suoi e dá per Dio 
e che n’aspetta il cielo e, qua giú, lode. 
Ma qui taccio di te, aspido rio, 
per tornar dove lassai, in su la rena, 20 
le tue soror col cupido disio. 
Grandi son come can che s’incatena; 
dente han qual porco e leonine zampi: 
di nascondere l’oro è la lor pena. 
Se ’l dí per torne vai, da lor non scampi; 25 
la notte, quando stan sotto la terra, 
sicur ne puoi portar, ché non v’inciampi". 
Cosí quel savio accorto, che non erra, 
seguio lo suo parlare, andando sempre, 
come tenea il cammin, di serra in serra. 30 
"Ancora vo’ che ne la mente tempre 
la forma del parandro, a ciò che tue, 
se gli altri noti, questo metti in tempre. 
La sua grandezza è simile d’un bue 
e tal qual cervo mostra la sua testa, 35 
salvo ch’ello ha maggior le corna sue. 
Nel Nilo vive piú ch’a la foresta; 
e tal qual vedi il pel de l’orso fatto, 
di quel propio color par che si vesta". 
Indi mi disse la natura e l’atto 40 
de la sua vita, sí come la conta, 
ch’assai mi piacque e parvemi gran fatto. 
Poi del polipo e del cameleonta 
m’aperse, come l’uno nasce in mare, 
in terra l’altro: e la vita m’impronta. 45 
"Lo lupo Licaon dipinto pare 
di tanti color nuovi e sí diversi, 
che l’uom, che ’l vede, il pel non sa contare. 
L’istrice truovi in questi luoghi spersi 
sí grande e duro, che, ove lo spin getta, 50 
verretta par che dal balestro versi. 
Però, quando è cacciato e messo a stretta, 
sí forte scocca i colpi e li spesseggia, 
che mal ne sta qualunque can l’aspetta. 
L’uccello pegaseo par che si veggia 
di qua e questo a riguardare è tale 
per novitá, quanto altro che si leggia. 
Ardito, forte e fiero sta su l’ale; 
niuna cosa tien piú di cavallo 
che sol l’orecchia, ché propio l’ha tale. 60 
Io dico struzzi molti, senza fallo, 
e piú altri animal, ciascuno strano, 
puote veder qual va per questo stallo". 
Alfin mi nominò lo tragipano, 
dicendo: "Questo piú d’aguglia cresce 65 
ed è quanto altro uccel crudo e villano. 
Fuor de la fronte due gran corna gli esce 
simili a quelle ch’a un montone vedi, 
con le quai s’arma e ferir non gl’incresce". 
Cosí movendo per l’Africa i piedi, 70 
parlando d’una cosa e altra strana, 
giungemmo dove ancor mi disse: "Vedi". 
E mostrommi in un piano una fontana, 
dicendo: "Al mondo non la so migliore 
a la voce de l’uomo né piú sana". 75 
E io a lui: "Se quella di Litore 
e questa avesse un musico per uso 
piú li farebbe assai, che ’l vino, onore". 
La nostra via era come un fuso 
diritta in vèr levante, dove il Nille 80 
percuote Egitto e bagnalo col muso. 
Io vidi fiammeggiar foco e faville 
in tanta quantitá, che ’l monte d’Enna 
non par maggior, quando arde mare e ville. 
Qui mi volsi a colui, lo qual m’impenna 85 
di ciò ch’è il vero, quando sono in dubio, 
e dissi: "O sol, del vero qui m’insenna. 
Quel che foco è? Arde bosco o carrubio 
sopra quel monte, o fallo natura 
sí come vidi giá sopra Vesubio?" 90 
Ed ello a me: "Figliuol, se porrai cura, 
quando piú presso del monte saremo, 
vedrai che fuor ne svampa la calura". 
E poi che ’n quella parte giunti semo, 
non è si alto il Torraccio a Cremona, 95 
come quel foco andare in suso spremo. 
E, nel forte spirar, tai mugghi sona 
con voci spaventevoli per entro, 
che smarrir vi farebbe ogni persona. 
Allor diss’io: "Ben credo che dal centro 100 
de lo ’nferno questa fiamma procede, 
a gli urli e gridi ch’io vi sento dentro. 
E certo, se la porta qui si vede 
d’andare in esso, non m’è maraviglia,
ché questa gente non ha legge e fede 105
e poi dimonio ciascun ci somiglia".
 
 
 
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