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Mariotto Davanzati 09

Post n°1149 pubblicato il 27 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
 

IX

Capitolo di Mariotto d'Arrico Davanzati, cittadino fiorentino, pure sopra l'amicizia, recitato nel predetto luogo e tempo per Messer Antonio di Matteo di Meglio, Cavaliere Araldo della Magnifica Signoria di Firenze.

Quel divo ingegno, qual per voi s'infuse,
onde 'l greco e latin poema uscìo,
o sacre o sante e venerande Muse,
s'infonda or sì nello 'ntelletto mio
ch'al degno e bel prencipio, mezzo e fine
ne satisfaccia tal qual io desio!
O chiome illustre mirte e pellegrine,
sovenite ora al servo bisognoso
coll'arme fuor delle mortal vagine!
O di mie vita sostegno e riposo,
compatrïoti miei Dante e Petrarca,
sanza i qua' di parlar non sare' oso,
ponete mano alla mie fragil barca
sicché, per mezzo di duo sacri lumi,
di palma e lauro in porto arrivi carca,
trattar volendo elezioni e costumi
e legami ed effetti d'amistate,
come s'apprenda mantenga e consumi!
Notar dovriesi pria la degnitate
immensa in tanto sublime inventore,
quanto la lingua nostra ha di bontate;
ma, sol per non uscir del certar fore,
in me disposi tacerlo al presente
per cerner tra gli amici el frutto e 'l fiore.
Né in invenzion fabulose e assente
dal termin dimandato vo' mie versi
indarno ispender sì disutilmente,
quale in opre comporre, o in diversi
titoli degni a parlar per figura,
sotto fizion già molti intender fêrsi.
Ma perché con poetica mistura
filosofia è qui ferma e 'ndivisa,
tutte fizion fien fuor d'esta misura.
Né per ambizïon vo' far recisa
amicizia da sé, soffisticando
per vari modi e sentenzia intercisa.
Alcun dice amicizia regnar quando
l'uno amico dall'altro utile aspetta
e, quel mancato, lei venir mancando;
e ch'un'altra amicizia è che diletta
la vita dell'amico, e qual si volta
el disiderio, tal la fa imperfetta.
Così, sott'ombra d'amistà, raccolta
fanno di molte e varie adulazioni,
qual tedian chi le dice e chi l'ascolta.
Ma a vera amicizia i miei sermoni
drizzo, la qual sol per virtù s'elegge,
unica, intègra a paragon de' buoni.
Tant'alta gloria in sé reserva e regge
questo immortale, invitto e divin titolo,
che comprender nol può l'umana gregge.
E se in prosa, in dialogo o 'n capitolo
alcun trattonne o tratta, il caso innizia
e scompigliato poi lascia il gomitolo,
ché questo eccelso effetto d'amicizia,
qual dee, regnando per sua conseguenza,
il rigor danna e ministra giustizia;
onde i mortali invan viverien senza,
né necessaria cosa più ci appare
pel conservar dell'umana semenza.
Con costante e matur diliberare
Socrate vuol ch'elegger cerchi amici
con possa e voglia a fedeltà servare,
e ch'amico è chi non pur ne' filici
avenimenti ti vicita e proffera,
ma fermo a' medïocri e a' mendici,
e per l'amico amico in pace soffera
qualunque cosa più greve e molesta
e di nuovo sé pronto dona e offera.
La vita dell'amico allegra o mesta
qual la tuo propria debbi reputare,
e d'un pari volere esser contesta,
e volere anzi vita abbandonare
pel vero amico che coll'inimico
viver, credendo per lui triünfare.
Aristotile afferma che l'amico
nel prosper tempo a conoscere è duro,
ma presto il cerna lo stato mendico;
che fuor d'amistà sia acro e scuro
el vivere, e che nullo eleggerebbe
di viver senza nel tempo futuro;
che, tolto a' fortunati in chi vorrebbe
per amistà lor ben comunicare,
la lor prosperità nulla sarebbe,
né potrieno atto virtuoso usare;
el miser, non avendo alcun refugio
d'amico, si porria morto chiamare
e che 'l bruto animal, che dal pertugio
sol di natura il lume attende e piglia,
privo d'ogni elezion, col cervel bugio,
amar si vede, effetto e maraviglia;
onde amicizia nasce e si nutrica
e virtù senza lei non si consiglia.
Onde vuol ch'amistà virtù si dica
essere in sé o tal qual virtù puote,
senza la quale indarno s'affatica.
Ma Teofrasto par ch'affermi e note
dover l'amico anzi amar che provare
s'estrema nicistà non si percuote.
E Pittagora vuol che tal trovare
si debba uom senz'amico, qual senz'alma
corpo, possendo vivo al mondo stare.
Né vuol che tu ti carchi della salma
dell'adular l'amico, ch'amistate
da dritto e ben parlar prencipia e calma;
e che sia amico di tal degnitate
ch'altri d'averlo per nimico tema,
e, quando regge in gran prosperitate,
l'amico tuo il vicitare iscema
e va' vi raro se non se' chiamato;
ma s'egli avien che 'l male stato il prema,
senza chiamar debb'esser vicitato
e soccorso da te col dire e 'l fare,
mostrando lui, non sua fortuna, a grato;
e che l'amico, quando ingiurïare
si vede, tal più ch'altri si corruccia,
qual freddo o caldo non può insieme stare.
E se per caso amico da te muccia,
nemico fatto, non speri che t'ami
in etterno, ché tutti èn d'una buccia.
E ben ch'amico a te si mostri e chiami,
tornar cercando in tua pristina grazia,
quale a' pesci t'aopra e l'esca e gli ami;
né cerca per amor di contumazia
volere uscir, ma per util ch'aspetta,
o per me' far di te suo voglia sazia;
sicché, se ben non colse la saetta,
la quale a te come nemico trasse,
sotto inganno me' colga e vada netta.
Ed amico richiedi quel gustasse
di voler tu da lui esser richiesto
perch'amistà d'un sol lato non fasse,
degno, giusto legame alto ed onesto
esser dell'amistà la vera fede,
senza 'l qual sarie 'l mondo acro e funesto.
E Augustin, d'Ambrogio degno erede,
in Civitate Dei vuol che l'amico
ami qual l'alma che dentro a te sède.
Ma 'n fra più degne cose ch'io v'isprico
per distinguere il titol glorioso,
qual mai non giunse moderno od antico,
non vo' che 'ndietro, derelitto e ascoso,
il nostro moral Seneca rimagna,
d'ogni virtù, ma più di questa, sposo,
qual vuol più dolce, più nobile e magna
cosa non possa al mondo uom possedere
ch'un amico provato in suo compagna,
col quale ogni accidente, ogni pensiere
possa cumunicar qual con se stesso,
e di par voglia allegrare e dolere.
Né vo' tacere insomma il noto espresso
volume, il quale il nostro almo oratore
per ciò compose; ma pur brieve il tesso,
perché, ordinato a narrar tal tinore,
sarie il framesso più che la vivanda:
ma diànne quel ch'è di miglior sapore.
Onde afferma che ciò ch'uomo addimanda
siccome cose buone e singulari
una disia, perché in altra si spanda.
Qual per ispender si disia danari
e per seguito aver, brama potenza,
onor, per esser tra gl'illustri e chiari
diletto dona d'allegrezza intensa,
amistate per esser amicato;
e così l'altre van per conseguenza.
Ma solo ad amicizia è riservato
da tempo né da luogo esser rimossa,
ma ti bisogna da qualunque lato;
e che sempre ti segue e sempre ha possa
dove acqua o foco non ti fa mestieri,
e d'ogni tuo sinestro alla riscossa;
tal che l'amico morto, e non pure ieri,
qual prima vive nella mente al vivo
amico, e 'n fama ritorni qual t'eri.
E tal cosa uom per sé di fare è schivo
che per l'amico fa, perch'onestate
d'onor l'addorna in altri, e 'n sé il fa privo.
E tutte cose, a fermezza ordinate
di cielo in terra, dice Agrigentina,
discordia fugge e contrage amistate,
la qual tra' buon com'oro in foco affina:
in par consentimento e voluntà
suo forza regge e in averso ruina.
Nel vecchio amico è tal più degnità
che nel nuovo, qual è dal fiore al frutto,
ché l'un dà speme e l'altro utilità.
E vita brevitale in parte o in tutto,
secondo ch'Ennio vuole, esser non puote
senza benivolenza o suo costrutto.
Or tutte este sentenzie sopra note
per molti e varî autor, qual sai, racconto,
non tutte in me son ferme né remote;
ma quanto i' ne conosco e sento pronto
esplicherò, non più come auctorista,
ma qual per dare e per aver tien conto.
Amico ver l'amico non resista
per mezzo alcun, se non qual se medesmo,
e 'n duo corpi un'anima consista.
E quale in ciel volar senza battesmo
può l'alma tal qui può regnare schiatta
senz'amistà, mancandone un millesmo.
Né per offesa dall'amico fatta
ti debbi mai dall'amicar partire,
anzi di ridur lui col ben far tratta,
ché, proponendo in te, se a te fallire
vedrai l'amico, che più amar nol vogli,
nemico occulto ti vieni a chiarire.
Perché sospetti infra due sono scogli
maggior contro amistate ch'all'acquisto
del paradiso rapine ed orgogli.
E nell'incerto caso, lieto o tristo,
qualunque amico si conosce e scorge
s'egli è fin oro o rame insieme misto.
Il savio sempre al prencipio s'accorge
non si dover co' rei innamicare,
perché tale amistà de' due l'un porge:
o 'n infamia gravissima cascare
pe' portamenti lor brutti e inonesti,
o con odio da lor partenza fare.
Prova l'amico tuo, se 'n fatti e 'n gesti
amicizia, qual dee, dentro a sé sente
non per profitto d'util che 'n te resti,
ma sol per carità farlo gaudente
di tal dolcezza, nulla possedendo,
e se in lui regna in addoppiar fervente.
E perché molti, non ben discernendo,
carità dicono essere amicizia,
qual differenza v'è chiarire intendo:
sorelle son, perché ciascuna innizia
da dritto amore, onde amicizia attende
ad amicare e general letizia;
carità quella conserva e difende
contro agli assalti d'odio e di discordia,
e di più sempre amar fiamma raccende.
L'amico aiuta e non pur con esordia,
ma col portar del suo fallo la pena,
se loco in ciò non ha misericordia;
però ch'Amor, la Magestà serena,
e gli angeli creare e l'uom dispose
e a far Maria poi di grazia piena
pel peccar nostro e, tutt'altre vie ascose
sendo a poter purgar tanto delitto,
in croce il Figlio per l'amico pose.
Onde da amicizia ogni profitto
di tutte altre virtù nasce e mantiensi,
senza quale ogni bene è derelitto.
Però fa' che coll'alma, il core e' sensi
ami l'amico e serva colla fede,
la quale a te per te propio appartiensi,
sempre, in qualunque caso gli succede.

 
 
 
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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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