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Della Casa 04: sonetti

Post n°1144 pubblicato il 26 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
 

XVI

Tempo ben fôra omai, stolto mio core,
da mitigar questi sospiri ardenti,
e 'ncontr'a tal nemico, e sì pungenti
arme, da procurar schermo migliore.

Già vago non son io del mio dolore:
ma non commosser mai contrari venti
onda di mar, come le nostre menti
con le tempeste sue conturba Amore.

Dunque dovevi tu spirto sì fero,
ver' cui nulla ti val vela o governo,
ricever nel mio pria tranquillo stato?

Allor ne l'età fresca, uman pensero
senz'amor fia, che senza nubi il verno
securo andrà contra Orione armato.

Le Rime secondo la stampa del 1558
Lirici italiani del Secolo Decimosesto con annotazioni, di Luigi Carrer, Venezia, 1836, Sonetto 16 (pag. 9)
Parnaso Italiano, Vol. 26, 1787, pag. 264

Note:
Dialogo fra il Poeta e il suo cuore.
(Carrer, cit., pag. 304)



XVII

Io, che l'età solea viver nel fango,
oggi, mutato il cor da quel ch'i' soglio,
d'ogni immondo penser mi purgo e spoglio,
e 'l mio lungo fallir correggo e piango.

Di seguir falso duce mi rimango,
a te mi dono, ad ogni altro mi toglio;
né rotta nave mai partì da scoglio
sì pentita del mar, com'io rimango.

E poi ch'a mortal rischio è gita invano,
e senza frutto i cari giorni ha spesi
questa mia vita, in porto omai l'accolgo.

Reggami per pietà tua santa mano,
Padre del ciel, ché poi ch'a te mi volgo,
tanto t'adorerò quant'io t'offesi.

Le Rime secondo la stampa del 1558
Lirici italiani del Secolo Decimosesto con annotazioni, di Luigi Carrer, Venezia, 1836, Sonetto 17 (pag. 9)
Parnaso Italiano, Vol. 26, 1787, pag. 265



XVIII

S'io vissi cieco, e grave fallo indegno
fin qui commisi, or ch'io mi specchio e sento
che tanto ho di ragion varcato il segno
in procurando pur danno e tormento,

piangone tristo; e gli occhi a fermo segno
rivolgo, e apro il seno a miglior vento:
di me mi doglio e 'ncontro Amor mi sdegno,
per cui 'l mio lume in tutto è quasi spento.

O fera voglia, che ne rodi e pasci
e suggi il cor, quasi affamato verme,
ch'amara cresci e pur dolce cominci;

di che falso piacer circondi e fasci
le tue menzogne, e 'l nostro vero inerme
come sovente, lasso, inganni e vinci!

Le Rime secondo la stampa del 1558
Lirici italiani del Secolo Decimosesto con annotazioni, di Luigi Carrer, Venezia, 1836, Sonetto 18 (pag. 10)
Parnaso Italiano, Vol. 26, 1787, pag. 266

Note:
Può leggersi a riscontro quello del Tasso: Arsi gran tempo,e del mio foco indegno, ec.
(Carrer, cit., pag. 304)



XIX

Sperando, Amor, da te salute invano,
molti anni tristi e poche ore serene
vissi di falsa gioia e nuda spene,
contrario nudrimento al cor non sano.

Per ricovrarmi, e fuor de la tua mano
viver lieto il mio tempo e fuor di pene,
or che tanta dal ciel luce mi vène,
quant'io posso da te fuggo lontano:

e fo come augellin, campato il visco,
che fugge ratto a i più nascosti rami
e sbigottisce del passato risco.

Ben sento i' te che 'ndietro mi richiami:
ma quel Signor, ch'i' lodo e reverisco,
omai vuol che lui solo e me stesso ami.

Le Rime secondo la stampa del 1558
Lirici italiani del Secolo Decimosesto con annotazioni, di Luigi Carrer, Venezia, 1836, Sonetto 19 (pag. 10)
Parnaso Italiano, Vol. 26, 1787, pag. 267



XX

Ben foste voi per l'armi e 'l foco elette,
luci leggiadre, ond'anzi tempo i' mora:
sì tosto il cor piagaste, e 'n sì brev'ora
fur le virtuti mie d'arder constrette.

Terrene stelle al ciel care e dilette,
che de lo splendor suo v'orna e onora,
breve spazio per voi viver mi fôra
in pianto e 'n servitù sett'anni e sette;

sol per vaghezza del bel nome chiaro
ch'i' vo cantando, lasso, in dolce suono,
ed ei pur nel mio cor rimbomba amaro.

Ma cheunque lo stato è dov'io sono,
doglia o servaggio o morte, assai m'è caro
da sì begli occhi e prezioso dono.

Le Rime secondo la stampa del 1558
Lirici italiani del Secolo Decimosesto con annotazioni, di Luigi Carrer, Venezia, 1836, Sonetto 20 (pag. 11)
Parnaso Italiano, Vol. 26, 1787, pag. 268

Note:
Sette anni e sette, del v. 8 ricorda i servigi di Giacobbe ad ottenere Rachele.
(Carrer, cit., pag. 304)

 
 
 
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