Quid novi?

Letteratura, musica e quello che mi interessa

 

AREA PERSONALE

 

OPERE IN CORSO DI PUBBLICAZIONE

Cliccando sui titoli, si aprirà una finestra contenente il link ai post nei quali l'opera è stata riportata.
________

I miei box

Piccola biblioteca romanesca (I miei libri in dialetto romanesco)
________

Cento sonetti in vernacolo romanesco (di Augusto Marini)

Centoventi sonetti in dialetto romanesco (di Luigi Ferretti)

De claris mulieribus (di Giovanni Boccaccio)

Il Novellino (di Anonimo)

Il Trecentonovelle (di Franco Sacchetti)

I trovatori (Dalla Prefazione di "Poesie italiane inedite di Dugento Autori" dall'origine della lingua infino al Secolo Decimosettimo raccolte e illustrate da Francesco Trucchi socio di varie Accademie, Volume 1, Prato, Per Ranieri Guasti, 1847)

Miòdine (di Carlo Alberto Zanazzo)

Palloncini (di Francesco Possenti)

Poesie varie (di Cesare Pascarella, Nino Ilari, Leonardo da Vinci, Raffaello Sanzio)

Romani antichi e Burattini moderni, sonetti romaneschi (di Giggi Pizzirani)

Storia nostra (di Cesare Pascarella)

 

OPERE COMPLETE: PROSA

Cliccando sui titoli, si aprirà una finestra contenente il link ai post nei quali l'opera è stata riportata.

I primi bolognesi che scrissero versi italiani: memorie storico-letterarie e saggi poetici (di Salvatore Muzzi)

Il Galateo (di Giovanni Della Casa)

Osservazioni sulla tortura e singolarmente sugli effetti che produsse all'occasione delle unzioni malefiche alle quali si attribuì la pestilenza che devastò Milano l'anno 1630 - Prima edizione 1804 (di Pietro Verri)

Picchiabbò (di Trilussa)

Storia della Colonna Infame (di Alessandro Manzoni)

Vita Nova (di Dante Alighieri)

 

OPERE COMPLETE: POEMI

Il Dittamondo (di Fazio degli Uberti)
Il Dittamondo, Libro Primo

Il Dittamondo, Libro Secondo
Il Dittamondo, Libro Terzo
Il Dittamondo, Libro Quarto
Il Dittamondo, Libro Quinto
Il Dittamondo, Libro Sesto

Il Malmantile racquistato (di Lorenzo Lippi alias Perlone Zipoli)

Il Meo Patacca (di Giuseppe Berneri)

L'arca de Noè (di Antonio Muñoz)

La Scoperta de l'America (di Cesare Pascarella)

La secchia rapita (di Alessandro Tassoni)

Villa Gloria (di Cesare Pascarella)

XIV Leggende della Campagna romana (di Augusto Sindici)

 

OPERE COMPLETE: POESIA

Cliccando sui titoli, si aprirà una finestra contenente il link ai post nei quali l'opera è stata riportata.

Bacco in Toscana (di Francesco Redi)

Cinquanta madrigali inediti del Signor Torquato Tasso alla Granduchessa Bianca Cappello nei Medici (di Torquato Tasso)

La Bella Mano (di Giusto de' Conti)

Poetesse italiane, indici (varie autrici)

Rime di Celio Magno, indice 1 (di Celio Magno)
Rime di Celio Magno, indice 2 (di Celio Magno)

Rime di Cino Rinuccini (di Cino Rinuccini)

Rime di Francesco Berni (di Francesco Berni)

Rime di Giovanni della Casa (di Giovanni della Casa)

Rime di Mariotto Davanzati (di Mariotto Davanzati)

Rime filosofiche e sacre del Signor Giovambatista Ricchieri Patrizio Genovese, fra gli Arcadi Eubeno Buprastio, Genova, Bernardo Tarigo, 1753 (di Giovambattista Ricchieri)

Rime inedite del Cinquecento (di vari autori)
Rime inedite del Cinquecento Indice 2 (di vari autori)

 

POETI ROMANESCHI

C’era una vorta... er brigantaggio (di Vincenzo Galli)

Er Libbro de li sogni (di Giuseppe De Angelis)

Er ratto de le sabbine (di Raffaelle Merolli)

Er maestro de noto (di Cesare Pascarella)

Foji staccati dar vocabbolario di Guido Vieni (di Giuseppe Martellotti)

La duttrinella. Cento sonetti in vernacolo romanesco. Roma, Tipografia Barbèra, 1877 (di Luigi Ferretti)

Li fanatichi p'er gioco der pallone (di Brega - alias Nino Ilari?)

Li promessi sposi. Sestine romanesche (di Ugo Còppari)

Nove Poesie (di Trilussa)

Piazze de Roma indice 1 (di Natale Polci)
Piazze de Roma indice 2 (di Natale Polci)

Poesie romanesche (di Antonio Camilli)

Puncicature ... Sonetti romaneschi (di Mario Ferri)

Quaranta sonetti romaneschi (di Trilussa)

Quo Vadis (di Nino Ilari)

Sonetti Romaneschi (di Benedetto Micheli)

 

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Marzo 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
        1 2 3
4 5 6 7 8 9 10
11 12 13 14 15 16 17
18 19 20 21 22 23 24
25 26 27 28 29 30 31
 
 

 

« Il Dittamondo (5-19)I Trovatori, indice »

Rime di Celio Magno (353-354)

Post n°1131 pubblicato il 25 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
 

Rime di Celio Magno

353

A che dolervi e lagrimar cotanto,
donna, e dagli occhi miei col vostro duolo
trar così largo ed angoscioso pianto?
L'aura che move un sospir vostro solo
tal fiamma di pietate al cor m'accende
ch'io per bocca n'esalo un largo stuolo;
or qual pena m'apporta e qual mi rende
lo strido udir che di lamenti cinto
a far pietose ancor le stelle ascende?
Io 'l provo allor ch'entro 'l mio petto, vinto
dal gravoso martir, lo spirto manca
a poco a poco, e in tutto sembra estinto.
E quante volte in me pur si rinfranca,
tante a vagar se n' torna in riva a Lete,
spinto dal duol ch'in voi giamai non stanca;
così mentre mal cauta altrui piangete
per soverchia pietà d'una sol morte,
con mille morti me, lasso, ancidete.
Non è 'l vostro destin malvagio e forte
sì ch'in tutto per voi debbiano aprirsi
per mai non riserrarle al duol le porte;
quante più care al ciel di voi sentirsi
ch'in largo fondo di miseria poste
più sventurate assai di voi pon dirsi.
Ma benché prima al duol maligno esposte
provasser dura insopportabil guerra,
al fin da sé scacciaro il crudel oste;
che quando questi in petto uman si serra,
quasi in già vinta e mal difesa rocca,
tutto dentro perturba, arde ed atterra.
Quinci fiamme e lamenti escon per bocca,
quinci a gran copia il vital nostro umore,
per gli occhi lagrimosi in sen trabocca;
e lo spirto del petto uscendo fuore,
poich'invan chiede a la ragion soccorso,
va peregrino in periglioso errore.
Quinci al fin de' miei giorni anch'io trascorso
tosto sarò, se più fedel consiglio
al vostro flebil rio non frena il corso;
né mi duol perch'io chiuda in morte il ciglio
se non che mentre a ciò per voi son scorto,
e voi meco correte egual periglio.
Lasso ch'è troppo in voi pallido e smorto
quel vago viso, e da soavi lumi
tenuto in bando amor troppo a gran torto;
onde al cangiar dei lor dolci costumi
anch'ei si lagna, e dice: — A che piangendo
te senza frutto e me, cruda, consumi?
Deh non squarciar il crin, di cui sol tendo
mie reti, e non turbar la vaga fronte
onde pena agli amanti e premio rendo;
pon freno al mesto e lagrimoso fronte,
e 'n te tornando a vendicar ti desta
del nemico dolor l'ingiurie e l'onte.
Che da sé pur troppa veloce è questa
vita mortal senza che sproni aggiunga
e l'affretti al suo fin cura molesta.
Dunque pietate omai, donna, ti punga,
del regno mio che sol per te si prezza
ed a' begli occhi tuoi mi ricongiunga. —
Così cerca levar tanta tristezza
quel pietoso fanciul del vostro petto,
perché s'empia di gioia e di dolcezza.
Or da qual vano ed ostinato affetto
nemico al vostro ben vi fie contesa
ragion, sì che non abbia in voi ricetto?
Come quella potrà chiamarsi offesa
che da legami e da prigione amara
ne la primiera libertà v'ha resa?
O bella libertà soave e cara,
quanto è tuo pregio, e quant'uom più ti stima
s'a sferza pria di servitù t'impara?
Tu spregi ogni alta ed elevata cima
onde chi più per ritrovarti poggia
tra le pompe e gli onor, più falso stima.
Teco festa, letizia e canto alloggia
e sol ch'in tua balia te stessa miri
offender non ti può vento né pioggia.
Né la tua fronte ogni pensier ritiri:
in te 'l vero non teme oltraggio e scorno,
né di tuo stato mai col ciel t'adiri.
Ben anzi amaro ed infelice giorno,
donna, fu quel che primo al collo indegno
tal giogo marital vi pose intorno;
da indi in qua vi diede il ciel mai segno
di pace? O 'l ciglio mai lieto v'aperse
che dentro non serbasse occulto sdegno?
Quanto di gioia e di piacer v'offerse
fu sempre annunzio di futuro oltraggio,
perch'in pianto e dolor tosto il converse.
Chiudea, scorso per mar lungo viaggio,
al fin in porto le già stanche vele
il vostro sposo, a navigar mal saggio;
e da la moglie sua troppo fedele
in sen raccolto, o lui beato, udia
del suo lungo tardar dolci querele.
E 'nsieme il proprio suo volto sentia
bagnar del pianto che per gaudio interno
fuor de' begli occhi di sua donna uscia.
Ma che? Forse il piacer durava eterno?
O quale al coniugal letto conviensi
per la legge adempir del re superno?
A pena avean gli occhi bramosi e 'ntensi
il guardo fermo entro l'amato volto
gustando il ben di ch'eran tutti accensi,
ch'ei sotto 'l verno a vostre braccia tolto
e nel letto voi sola abbandonando,
se n' gia col crudo legno altrove volto.
E per un dì ch'in braccio a voi tornando
prendea riposo in peregrini lidi,
ne spendea mille a voi lontano stando.
Quante volte timor di venti infidi
e giusto duol del suo ritorno lento
v'asperse i due d'amor leggiadri nidi;
benché né minacciar d'averso vento
né fremer di spumosa alta procella
né 'l ciel mirar a sua ruina intento
il tenean lunge a la sua fida e bella
moglie, come rendea per tutto chiaro,
e a voi forse ancor, certa novella.
Ma preso a' laccio più gradito e caro
di nova donna e 'n sue delizie immerso,
gli sembrava il partir duro ed amaro.
Quest'era il cielo aver mai sempre averso
quinci tenta tra scogli e l'onde irate
col legno rimaner vinto e disperso;
ahi de' consorti rei perfide ingrate
menti, u' son l'impromesse? U' è la fede,
il ciel, le stelle in testimon chiamate?
Barbara donna e vil, già fatta erede
de' vostri amori, a sé coglieva il frutto
de la dovuta a voi larga mercede.
Ed ei continuo in grembo a lei ridutto
il paradiso suo lieto godea,
voi qui lasciando sconsolata in lutto.
E mentre il vostro cor per lui spargea
pietosi voti, ei ne l'amate braccia
stando, il vostro aspettar forse ridea.
Deh perch'avien che 'l fin tanto vi spiaccia
d'un sì perverso ed infedel marito?
E perché non piuttosto il duol vi scaccia?
Se 'l corso innanzi al suo fosse finito
di vostra vita, e in un quant'è di vago
e di dolce qua giù con voi rapito,
che gran querele? E che profondo lago
sparso di pianto? E quanti lustri avrebbe
serbata dentro al cor la vostra imago?
Ben aperto è 'l veder quanto sarebbe
stato il suo duol, che pria ch'a morte giunto
fosse, mostrò quanto di voi gli increbbe.
Ma se per nome sol v'era congiunto,
che più v'importa, o più s'accresce al danno
perch'in tal modo or sia da voi disgiunto?
Strane genti oltra 'l mar più nol vedranno
da voi sempre lontan; né fia possente
servando a voi amor ordirvi inganno.
Benché quando il doler l'alme già spente
rendesse in luce, e mio consiglio fora
mostrarvi a lui di ciò larga e clemente;
ma invan si chiama, e più non torna fuora
spirto che giunto sia di là dal fiume
di Lete, ove 'l nochier sordo dimora.
Più dunque il rio dolor non vi consume,
ma desto da più saggia accorta voglia
l'intelletto riprenda il proprio lume.
Né men vi deve a ciò piegar la doglia
che tal m'afflige al suon de' vostri lai,
ch'a trarmen spesso la man propria invoglia.
Lasso, dal dì ch'in voi quest'occhi alzai
pur di lagrime sempre umidi e pregni
ed io ricetto d'infiniti guai.
Né per pietà giamai de' strazi indegni
ch'io sostenni d'amor, placati scorsi
o lenti in parte i vostri eterni sdegni.
E benché in voi seguendo al fin m'accorsi
ch'a la morte correa sempre vicino,
il piè dal vostro amor giamai non torsi.
Or che pur terminar l'aspro camino
al fin sperava, in novo mar di pianto
per voi mi spinge il mio fero destino.
Dove smarrito il dolce lume e santo
de le mie stelle, e di governo casso,
anch'io me n' vo, sol con la morte a canto.
E la mia stanca nave in preda lasso
a vento eterno di sospir dolenti,
che fuor manda il mio cor misero e lasso.
Tal che se non scoprite i raggi ardenti
rasserenando il ciel turbato e scuro
della fronte e degli occhi almi e lucenti,
avrò naufragio e fin più strano e duro
che l'ingrato per cui lagrime tante
spargete, e sparte, mentre visse, furo.
E seguendo consiglio empio ed errante
vedrete, lassa, voi medesma priva
tosto e di sposo e di verace amante.
Or poiché da voi sol pende e deriva
questa mia vita, ed al soccorso è loco,
oprate sì ch'io giunga salvo a riva.
Ch'omai da varcar più m'avanza poco
e s'indugiate al fin verrà che sorda
prenderà morte il pentir vostro in gioco.
Ma non basta scacciar la pena ingorda
che 'l verde e 'l bel di vostre membra pasce
se di mie pene ancor non vi ricorda.
Perché 'l mio mal da cagion doppia nasce,
mortal ciascuna; onde tor via che vale
quella, quando quest'altra in piè si lasce?
Resterà la ferita aspra e mortale
che già m'impresse al cor dagli occhi vostri
il crudo arcier c'ha la faretra e l'ale.
Ond'io son detto essempio a' giorni nostri
d'unico strazio, e voi fera simìle
a qual sete maggior di sangue mostri.
Ahi ch'orgoglio non regna in cor gentile,
né creder vo' ch'istinto proprio in voi
nutrisse mai pensier sì [lasso] e vile.
La colpa n'abbia il servar fede a lui
che sposo v'era, ancor ch'ei poco casto
fesse de l'amor suo parte ad altrui.
Questo certo a' miei prieghi alto contrasto
fe' sempre, e voi tenendo in pensier vano
ha quasi il fior di vostr'etate guasto.
Or che preda è rimaso al flutto insano
chi sol vi fea crudel, chiede il mio merto
ch'a me vostra pietà larghi la mano.
E 'l ciel per me n'ha mostro indizio aperto,
poiché viver un buon seme e radice
del commun nostro mal non ha sofferto.
Deh, per mercé, se bramar tanto lice
a fido amante, il mio giusto disio
fate d'un vostro sol guardo felice.
Deponete il rigor selvaggio e rio
ch'a la vostra beltà gran pregio toglie,
e gradite la fede e 'l servir mio!
E poich'in voi tanto di ben s'accoglie,
non lasciate ch'inculto e steril passi
e che 'l tempo sol n'abbia ingorde spoglie.
Pur troppo involta in pensier vani e cassi
quasi stolta Penelope viveste,
dal più saggio camin torcendo i passi.
Or che vi s'apre al fin grazia celeste,
non la sdegnate, e 'n voi ragion prevaglia:
sì che, spento il dolor, le cure meste,
d'amor, di me, di voi, donna, vi caglia.

354

Sopra la fortezza cristiana

Mentre Lorenzo in su l'orribil grata
del sacro corpo il foco avido pasce,
né però l'alma, di virtute armata,
vien che da l'aspro duol vincer si lasce,
anzi, in mezzo l'ardor fatta beata,
qual fenice dal rogo, in Dio rinasce;
stan dal cielo a mirar gli angioli intenti,
la sua gloria cantando in tali accenti:
— O martirio felice, o intrepid'alma,
ad essaltar sua fé da Cristo eletta!
Ecco qui gloriosa eterna palma,
ch'ornar tue mani e se medesma aspetta;
cedan pur quanti mai noiosa salma
stimar la vita, e lei tronca e negletta
per terrene cagion nei corsi tempi
dier di costante cor celebri essempi.
Costume anzi inumano e stolto errore
di fortezza oscurò la luce pura
in quei che, per fuggir tema o dolore
o produr del suo nome ombra futura,
del proprio occaso accelerando l'ore,
rupper di Dio le leggi e di natura.
Forte non è colui ch'ai sensi cede,
ma sol chi pugna, e trionfante riede.
Parte è ben giunta a voi, ciechi mortali,
ma non propria di voi la frale scorza;
vostra è l'anima sol, ch'ai beni e mali,
col suo proprio voler, dà spirto e forza.
Ella spezza a fortuna i duri strali
ed al suo imperio ad obedir la sforza;
e quanto al fondo più si calca e immerge,
tanto più franca al ciel ritorna e s'erge.
Questa di sofferenza alta virtute
l'altre tutte nodrisce e in vita serba;
ch'ov'ella col vigor suo non le aiute,
sterili fansi o restan secche in erba.
Ma quando il re del ciel per la salute
de l'uom, s'offerse a dura morte acerba,
dal legno, ove il divin sangue si sparse,
di stella, ch'era prima, un sole apparse.
Rinacque ella in quel tronco onde nascesti
vero germe ancor tu, spirito eletto,
sì pronto ora al martir che dubbio desti
se l'incendio t'è pena o pur diletto.
E par che 'l foco anch'ei stupido resti
mentre lo sprezzi in sì giocondo aspetto;
ma che? La fede a la natura è sopra,
e di chi tutto pò la grazia adopra. —
ciò detto spiegan l'ali e fuor del cielo
Escono ad incontrar l'alma gradita,
che dal combusto suo corporeo velo
già propinqua a le stelle era salita.
L'accoglion lieti e con benigno zelo
la scorgon dove, al suo Fattore unita
e in Lui sbramate al fin sue sante voglie,
per breve strazio eterno premio coglie.
Ceneri sacre, in cui sfavilla ancora
esca d'amor ch'i freddi petti accende,
siatemi specchio a sofferir, qualora
colpo d'averso caso il cor m'offende;
ed a membrar ch'anch'io son polve, e l'ora
del mio cader da stame fragil pende.
Tal che i miei gravi error ne vadan tutti
di penitenzia al foco arsi e distrutti.

 
 
 
Vai alla Home Page del blog
 
 

INFO


Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

ULTIME VISITE AL BLOG

lemiefoto0giorgio.ragazzinilele.lele2008sergintprefazione09Epimenide2bettygamgruntpgmteatrodis_occupati3petula1960mi.da2dony686giovanni.ricciottis.danielesavvgpcapogrosso
 
 

ULTIMI POST DEL BLOG NUMQUAM DEFICERE ANIMO

Caricamento...
 

ULTIMI POST DEL BLOG HEART IN A CAGE

Caricamento...
 

ULTIMI POST DEL BLOG IGNORANTE CONSAPEVOLE

Caricamento...
 

CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963