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Mariotto Davanzati 05-06

Post n°1127 pubblicato il 25 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
 

V

Canzon morale del detto Mariotto dove pone che una fanciulla avea scherniti molti amanti, poi s'innamora d'un giovinetto e duolsi degli scherni c'ha fatti.

Gentil donne e leggiadre, o pulcellette,
correte, anzi volate a veder quello,
qual più non fu né fia, ch'esser non puote,
ascoltate el mio pianto, perch'è in ello
Vener, Cupido e l'orate saette.
Faròvi e loro ingegni certi e note,
e voi, alme divote,
che tenete il cor fisso al sommo Giove,
certo in me più ch'altrove
prender potrete con dottrina essempro.
Ahi lasso, i' mi distempro
pensando a quel che ne convien trattare,
né so chi si terrà di lagrimare!
Io venni al mondo in patria alta e serena,
qual voi sapete, di buon sangue e degno,
con abundanti ben de la fortuna;
e tal natura in me d'amor fé segno
che mi produsse di beltà sì piena
che 'n fra tutte le belle i' fui detta una.
Né tornò poi la luna
cornuta cencinquanta volte e tonda,
ben che duol ne seconda,
che mille cor di me fuôr presi ed arsi;
e sì stupenda apparsi
ch'al ciel alzar fe' molte anime pigre:
per[[ò]] converso arei con gli occhi un tigre.
e temo che ambe l'Orse
non sien del ciel pel mio bel signor prive,
o infra correnti rive
qual Narcisso di se stesso innamori
e si converta in fiori,
o che cambio non sia di Ganimede;
così il pruovi com'io chi non lo crede.
- Ove alme gentil truovi, o canzonetta,
conta il mio stato e fa' che l'amunisca
d'esser benigne inver d'amor e grate,
sì che, come me, fa' lor non punisca,
per essemplo dal ciel data soletta,
perché troppo fidâmi in mia beltate;
più m'affligge pietate,
per tema che la pena del mio errore
del suo ver me non senta il mio signore.


VI

Canzon morale del detto Mariotto a detestazione e biasimo d'Amore.

Le città magne floride e civili,
e cultivati tempî sacri e degni
e le severità de' gran patrizi,
le famose republiche e' gran regni,
e glorïosi ingegni alti e sottili,
e bellicosi e nobili esercizi,
e suppremi edefizi,
le mirabili vaghe e ricche feste
e le splendide veste,
le quali i' cerca', già con gran diletto,
or fuggo e ho in dispetto,
merzé del folle amor, falso e protervo,
che m'ha converso d'Atteonne in cervo.
Però che, 'n cangio d'este umane voglie,
l'antiche selve e le deserte piagge,
l'oscure tombe e' monti alti e alpestri,
le ripe innerme e le fiere selvagge,
paure, storsïon, lamenti e doglie,
casi repenti, rigidi e sinestri
con rustici silvestri
conculcati oratori e derelitti,
tigri superbi e 'nvitti,
crudi tiranni e popol sanza legge,
aspra ed inniqua gregge
disio e cerco, come piace a Amore,
d'ogni esterminio uman padre e 'nventore.
L'ore tranquille e la serena vita
e 'l bel gioir del nostro uman contento
nella fugace e vana gioventute,
le delizie e riposo e nudrimento
de' dilicati cibi, che ci invita
naturalmente, e la degna virtute,
la divina salute,
la qual si de' cercar con ogni effetto,
el supremo intelletto,
gli stati e gran tesori e sanitate,
la santa libertate
rinunzio e spregio per la greve salma
d'amor, che 'l corpo usurpa e danna l'alma.
Così, a ciascheduno uman deforme,
accidioso ozio, morte, crudo pianto,
l'ultimo punto alfin dell'universo,
le miserie, gli affanni e 'l triste canto,
aspre vivande innusitate e 'nnorme,
lo stile usato abbattuto e sommerso,
lo spirto frale e perso
etternalmente senza redemire,
temerario fremire,
infimo loco, innopia, il corpo infetto,
servitù con dispetto
frequente cheggio come Amor m'insegna,
sotto 'l qual mai non si fé cosa degna.
Volgete gli occhi alle passate cose
e le presenti, o miseri mortali,
ch'a gli alti ingegni le future insegna:
vedrete a piè del gelso e doppi mali,
vedrete le camicie sanguinose
d'Isifile e di Dido, d'onor degna,
Filis vedrete pregna
col laccio in collo, e vedrete Medea,
fratrecida aspra e rea,
dar per cibo a Gianson e propri figli,
greci e troian perigli,
qual non si vide mai doglia sì cruda;
tutt'opere d'Amor, padre di Giuda!
Ma, o giusto rettor del cielo etterno,
che per noi redemir morir volesti,
se tal suplicazion lecita parti,
raguarda i modi inniqui e disonesti
d'esto crudo tiranno, el suo governo
e' vizi che pel mondo ha sempre sparti;
vedi suo 'ngegni e arti
d'omicidi, adulteri e tradimenti,
incendi e rubamenti,
fornicatore, strupo e sacrilegio,
sepolcro d'ogni egregio;
non lasciar più impunito tanto errore,
e spegni a Pluto tal benefattore!
E tu, vera fenice al mondo sola,
che, per far fede qui del ben celeste,
senza essemplo formotti el sommo Giove,
non per sommerger le cose terreste,
ma per drizzarle alla superna scola,
s'altro accidente le volgessi altrove,
dunque, raguarda dove
per te condotto è 'l tuo sì fedel servo;
mira lo strazio acervo,
dov'Amor l'alma e 'l corpo insieme ancide,
e Dio da te divide
se non t'ammendi e se' suo esecutore,
qual de' Giudei Pilato al Redentore.
- Canzon, chi ti dimanda ove nascesti
puo' dir: «Ne' folti boschi sovra un sasso,
laddove a mezzo luglio el sol si brama,
fra lauri e mirti; e non ho fatto passo
sanza Aganippe». E gentili e modesti
spirti vicita, priega, onora e chiama;
poi, sconsolata e grama,
racconta el viver mio quant'è mendico:
colpa d'Amor, d'ogni vertù nimico.

 
 
 
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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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