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Rime di Celio Magno (264-275)

Post n°1092 pubblicato il 20 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
 

Rime di Celio Magno

264

A Isabella reina d'Inghilterra nella sua coronazione

Scende in te pur dal ciel nova Minerva,
Anglia felice, e 'l tuo bel scettro adorna.
Per lei l'età de l'oro in te ritorna,
e stil cangia tua sorte empia e proterva.

L'amata libertà, ch'afflitta e serva
piangesti un tempo, al fin cinta ed adorna
di sacra oliva in te lieta soggiorna,
per lei, ch'ad alta speme ancor ti serva.

Mira come nel seggio ov'ella splende
da la fronte serena un raggio move,
ch'a vera gloria ogni cor freddo accende.

Mira com'apre a le sorelle nove
suo real manto, e tal se stessa rende
che ben figlia pò dirsi al sommo Giove.

265

2

Ecco bramato sol ch'in Occidente
del brittannico mar sorge a noi fuore
e comparte al suo ciel grazia e favore
tal ch'invidia ne porge a l'Oriente.

O ricco lido, o fortunata gente,
soggetti a la virtù del suo splendore;
quando v'addusse mai più felici ore
altro sol più di lui chiaro e lucente?

Ecco tessono a lui, sorti de l'onde,
Arno, Tebro ed Ilisso ampia corona
de' più ben culti fior de le sue sponde.

Ecco, mentre di voci alte e gioconde
ogni monte, ogni valle, ogni antro suona
- Isabella! -, - Isabella! - Eco risponde.

266

Vera di Carlo, anzi, di Giove figlia,
ché novo Ercole invitto in gonna sembri,
poiché 'l vanto di Lerna a noi rimembri
con prova di valor che 'l suo simiglia.

Tu mentre d'infettar più speme piglia
d'eretico veleno i nostri membri,
l'Idra infernal, sue teste incidi e smembri
schernendo quanto invan tenta e consiglia.

Tronco uno, altri due capi uscian repente,
e scemando crescea l'orribil mostro,
fatto del perder suo ricco e possente.

Vinto al fin con tua gloria e scampo nostro
nel foco ei fu di tua virtute ardente;
e ne gioì la terra e 'l sommo chiostro.

267

[A Francesco Corner]

Nova gloria di fiumi, antico Sile,
tu, che di tanti e tanti
secoli corsi hai le memorie innanti:
sì s'al Cornaro mai pastor simìle
ne l'opre degne e ne' costumi santi
con più felice legge
resse questo di Cristo amato gregge;
dì come per tal vanto i fiori e l'onde
invidi il Tebro a le tue ricche sponde;
e dì se i giorni tuoi più lieti foro
in quella dolce prima età dell'oro.

268

Alla reverenda madre Maria Grazia Miani abadessa di San Serudo

Spirto eletto da Dio, nobil pastora
d'angelico suo gregge in sacro chiostro;
chiaro sol di virtute al secol nostro
che di [ ] ben l'alme innamora;

mentre tanto da voi s'alza ed onora
il basso mio, ma fortunato, inchiostro,
e porger degna il puro affetto vostro
al ciel suoi prieghi in mia salute ognora;

ardor sol di virtù, pietoso zelo
ver me mostrando, al nome vostro e mio
vera gloria acquistate in terra e 'n cielo.

Che voi per sì gentil santo desio
più divina splendete in mortal velo,
e me fate più caro al mondo e a Dio.

269

Degna ancella di Dio, spirito ardente
in servir lui con puro e santo zelo
ch'ad ogni altro desio fatta di gelo
sol drizzi al suo voler l'opre e la mente.

Chi 'l volto mira e le parole sente
tra lo splendor del tuo sacrato velo,
ti crede angiola a noi scesa dal cielo
per farci d'ogni ben ricche e contente.

Bontà, senno, valor, bellezza e quante
doti in donna più 'l mondo onori ed ami,
t'adornan sì che quasi un sol risplendi;

Felicita a ragion dunque ti chiami,
poiché di tai virtù, di grazie tante,
te stessa, e noi per te, felici rendi.

270

All'illustrissimo signor procurator e cavalier Foscari, signor Colendissimo

Chiesi al cielo il tuo scampo in così ardenti
prieghi dal grave morbo ond'eri oppresso,
ch'impetrai grazia; e del suo don concesso
nunzio a te furo i miei divoti accenti.

Premea già tutti i cor mesti e dolenti
nel tuo periglio il commun danno espresso;
e regnavan per te, lungi e da presso,
gran tema, alta pietà, giusti lamenti.

Or lieto ognun respira al suon giocondo
di tua salute; e grazie a Dio son porte
piene d'affetto umìl del cor profondo.

O felici miei voti, o rara sorte:
dar di cotanto ben presagio al mondo
e tor sì degna e nobil vita a morte.

271

Alli clarissimi signori il signor Giovanni Michiel cavalier procurator ed il signor Giovanni Griti, destinati procuratori alla Corte Cesarea

Quelle ch'intenerir posson col canto
i cor più duri e di pietà nemici,
sacre Muse, già dolci a voi nodrici
ch'or di vostre virtù si pregian tanto;

deh m'impetrin mercé sotto il lor manto
da voi nate a la gloria, alme felici!
Ché l'ira ha in cor gentil corte radici
e di clemenzia è più ch'umano il vanto.

Peccai dolente del peccar; ma dura
necessità la propria voglia spinse
a schifar quel che m'era alta ventura.

E ben contra ragion forza mi vinse:
ché me per voi servir formò natura,
e via più ch'a me stesso a voi mi strinse.

272

Al clarissimo messer Tomà Mocenigo

Poich'a quel fonte, ove 'l tuo dolce pegno
fatto mondo per grazia in Dio rinacque,
Signor, nol tenni; almen tra le sacr'acque
del bel Parnasso a celebrarlo io vegno.

Febo m'inspira: io canto. Or qual più degno
parto a bear l'alta sua patria nacque?
in qual ripor al ciel più speme piacque
di bontà, di saper, d'opra e d'ingegno?

Cresci a l'almo splendor de' tuoi grand'avi,
felice germe, e le lor glorie avanza
nato a frutti d'onor rari e soavi.

E mentre qui farai lunga tardanza,
perché 'l mondo ne goda, al ciel non gravi
ch'al fin poi seco avrai perpetua stanza.

273

All'illustrissimo signor Giacomo Foscarini, cavalier e procurator

Già gran tempo, signor, fosti dal chiaro
publico grido a l'alto grado eletto,
ch'in novo segno de l'antico affetto
da larga inan ti vien sì dolce e caro.

Amor ver la tua patria ardente e raro
prender in travagliar per lei diletto
espor più volte a morte il franco petto
sol per giovarle a tal gloria t'alzaro.

Quinci ogni cor gioisce, e mentre esprime
le tue lodi e 'l suo gaudio, ond'è ripieno,
fa che più 'l grado appar degno e sublime.

Ma questo, e seco ogni altro onor, tien meno
di tua virtute; e dritto è ben che stime
scarso a merto divin premio terreno.

274

All'illustrissimo signor Leonardo Donato, cavalier e procurator

Qual si gloria giardin di nobil pianta
ch'oltra ogni stil feconda i rami stende,
tal del tuo gran valor, ch'in lei risplende,
la tua patria, signor, si pregia e vanta.

Chi con mente fra noi più saggia e santa
più vigil Argo al ben commune intende?
Chi con più dolce dir l'anime prende,
sgombro ogni falso error che 'l vero ammanta?

Quinci Venezia te dal cielo appella,
Donato, dono e grazia altera e rara,
più che mai per te fatta adorna e bella.

Ch'ogni opra, ogni pensier ben ti dichiara
suo degno figlio e padre; e sol quant'ella
frutto ne coglie, a te la vita è cara.

275

Nettuno al clarissimo signor Giacomo Soranzo, cavalier e procurator

Scorsi del Trace il marzial ridutto
che sul mio lido a vostro mal construsse,
qual se, tocco da Giove irato, fusse
già dal tuo fulminar vinto e distrutto.

Scorsi produr di gloria eterno frutto
il chiaro alto valor ch'in te rilusse
quando a battaglia uscir primo t'indusse
con l'oste che copria di legni il flutto.

Queste a te mostrin dunque interne parti
del gregge [mio, ch'ei qual] tuoi pregi intenda
le sue viscere e 'l cor convien donarti.

E presagio ti sia ch'ove tu splenda
nel manto, a cui dal ciel sento chiamarti,
a te tributo il mio mar d'Adria renda.

 
 
 
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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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