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Rime di Celio Magno (110-125)

Post n°1042 pubblicato il 13 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
 

Rime di Celio Magno

110

Mentr'ebbi in verd'età fervido il sangue
m'ardesti, Amor, d'inestinguibil foco:
mi fu dolce il tuo strazio, il pianger gioco,
e del duol cara insegna il volto essangue.

Or che 'l vigor in me per gli anni langue
dar più non posso a' tuoi tormenti loco:
ché martir tanto con piacer sì poco
m'è qual tra vaghi fior mortifer'angue.

Già lode o scusa almen furo i tuoi strali:
or biasmo e colpa; onde con debil forza
quando è lo scampo in mio poter m'assali.

Or che più tardo? E chi più l'alma sforza?
spiega, Amor, spiega pure altrove l'ali:
ché vergogna e ragion tue fiamme ammorza.

111

Dominava secondo gli astrologi in quell'anno della sua vita il pianeta di Venere, calcolando dal giorno della sua natività, che fu alli 12 di maggio 1536

Già non usato ardor nel freddo petto
sento, e cangiate in me voglie e desiri;
già fra novi d'amor caldi sospiri
mi trovo in dolce e degno laccio stretto.

Tu che dal ciel con sì benigno aspetto,
Venere bella, in me le luci or giri,
tu la tua forza dentro al cor m'inspiri,
vinto ogni mio rigor col tuo diletto.

Cedo, e seguo ove chiami; e se la strada
piana e lieta esser dee, qual sembra in vista,
libertà spregio, e servitù m'aggrada.

Ma s'aspra fosse ancor, nulla m'attrista:
ch'ovunque o buona o ria la sorte cada,
sempre in nobil amor gloria s'acquista.

112

Primo

Senza core io vivea: ch'ei dal mio petto
fuggitivo s'ascose in quel bel volto,
onde poi non curò poco né molto
far più ritorno al suo natio ricetto.

Or de l'alma mia dea cortese affetto
del suo cor mi fa dono, il mio raccolto;
e mentre l'un m'è dato e l'altro tolto,
provo con doppio onor doppio diletto:

ché 'l mio, non pur di far con lei soggiorno
ma d'aver anco il suo nel proprio nido,
tal acquista tesor ch'ogni altro avanza;

né certo il suo trovar seggio più fido
potea, né 'l mio tra quanto scopre il giorno
più dolce, cara e preziosa stanza.

113

Secondo

Vive in me 'l cor de la mia nobil diva
e m'empie il sen di meraviglie nove:
ch'in altr'uom mi trasforma e m'alza dove
aspirar il pensiero a pena ardiva.

Di morto ch'era in me l'ingegno avviva,
l'ale gli presta e versa il ciel le move:
e tal virtù da la sua grazia piove
che mia vita e mia gloria indi deriva.

Gli anni verdi mi rende; anzi un momento
di quei ch'or provo è via più dolce e caro
che quante età mai visse altri contento.

Son d'amante felice essempio raro,
e dal piacer che per tal sorte io sento,
qual sia del ciel la gioia, in terra imparo.

114

Scrivea madonna, e 'l nudo alato arciero
l'era presso cantando: — Oh qual fa scorno
a l'inchiostro e candor del foglio adorno
de' tuoi begli occhi il dolce bianco e 'l nero!

Ma perché sì gli tien bassi il pensiero?
Alzagli e rendi a me più chiaro il giorno. —
ella il prega che taccia; ed ei ritorno
fa pur al canto, e noia il core altero.

D'ira l'accende al fin; poi chiede pace:
— Fecil — dicendo, — acciò del tuo bel viso
il novo ardor s'aggiunga a la mia face.

Ché 'l tuo sdegno non men che 'l gioco e 'l riso
è pien di grazia; e tutto infiamma e piace
ovunque il guardo in tua bellezza affiso. —

115

Da duo begli occhi al sol di luce eguali
e ch'aprir senza lui potriano il giorno,
ove han Bellezza ed Onestà soggiorno,
esce Amor, a ferir destro, in su l'ali.

Tende egli l'arco; dan quelle gli strali
ch'aguzzan pria sul vivo marmo adorno
del casto seno; e van porgendo intorno
piaghe più ch'altre mai dolci e vitali.

Se troppo audaci i cor Bellezza rende,
gli spaventa Onestate; e dal suo gelo
cresce la fiamma e via più chiara splende.

Ch'a l'angelico volto, al santo zelo
il più nobil d'Amor foco s'accende,
né il mondo invidia i suoi tesori al cielo.

116

O del mio nobil foco alta mercede,
gioisco amando; e del mio verno il gelo
cangio in sì dolce ardor, che 'l bianco pelo
de' più lieti e verd'anni il pregio eccede.

Onde in segno immortal de la mia fede,
donna, e del vostro in me pietoso zelo,
ben deggio alzar con le mie rime al cielo
le grazie che sì largo ei vi concede.

Ché farà il sol di vostre luci sante
sorger l'ingegno e la virtù smarrita,
perch'io felice ognor sospiri e cante:

Così voi me ne la mia età fiorita
tornar potrete; io, rinovato amante,
a voi darò cantando eterna vita.

117

Ardo amante felice, e del mio foco
nessun altro saria più dolce e caro
se nol temprasse il reo sospetto amaro,
che là 've regna Amor mai sempre ha loco.

L'infinito mio ben mi sembra poco,
e provo notte in mezzo 'l dì più chiaro,
via più ricco d'ogni altro e via più avaro,
tra soave d'Amor penoso gioco.

E benché splenda a me pietate e fede
dal mio bel sole, il cor se n' va dubbioso
di quel ch'ei pur comprende e l'occhio vede:

ch'un tesor così raro e prezioso
ben dee far il pensier di chi 'l possede
senza fin lieto, e senza fin geloso.

118

O, bench'ingiusto, a me dolce lamento
che per voi leve ardor mi scaldi il petto!
Chiaro indicio è d'amor timido affetto,
e in ciò 'l cor vostro e la mia gloria i' sento.

Ma se regnar dè 'l vero, il falso spento,
chi più vive ad Amor di me soggetto?
Chi da man più cortese avinto e stretto
per più rara bellezza arde contento?

Dir ch'avete in quest'alma il primo loco
e ch'altro ben che voi qua giù non curo,
de l'interna mia fiamma è nulla o poco;

come dir ch'io non v'ami è via più duro
e contra il ver che chiamar freddo il foco,
il mar secco, il ciel fermo e 'l sole oscuro.

119

Austro, s'ascondi in ciel del sol la luce
e turbi l'aria e 'l mar, nulla mi dole;
ma il tormi i rai del mio più chiaro sole
via più grave tempesta a l'alma adduce.

Stillata han gli occhi in pianto omai lor luce,
e col ciel pace o tregua il cor non vole;
ché sì lungo digiun soffrir non suole
la brama ch'a morir, lasso, il conduce.

Deh lascia ch'al bel lume ond'arso fue
vicin gir possa, e poi raddoppia il vento
e Nettun cresca l'ira a l'onde sue:

ché sarà 'l fremer suo dolce concento,
porto il mar fero; e d'atre nubi tue
pioggia allor verseran di puro argento.

120

Doppia bellezza in voi, doppio in me foco
rendon voi gloriosa e me felice:
ambo con luce in voi rara e beatrice,
quasi duo soli in novo cielo, han loco.

L'una, primo d'Amor diletto e gioco,
orna il bel corpo, e i cor dai petti elice;
l'altra ne l'alma ha con virtù radice
tal, che ogni altero vanto al merto è poco.

Prende e dà l'una a l'altra e forza e lume,
raddoppiando ad Amor l'arco e gli strali
con piaghe dolci oltr'ogni uman costume.

E tante oprando meraviglie e tali
due celesti bellezze in un sol nume,
fan doppio paradiso infra mortali.

121

Quand'ergo al ciel le tante grazie ond'io
ardo felice e la mia dea risplende,
modesta ella il ver nega, e insieme rende
maggior la sua bellezza e 'l foco mio.

Ch'ove pur del bel volto il tempo rio
furi alcun pregio, Amor nulla s'offende,
tant'altro ampio tesoro in lei comprende
che fa beato a pien l'occhio e 'l desio.

E se sue doti eccelse e pellegrine
si fan per gli anni a par di sé men belle,
a par de l'altre son rare e divine.

Ché non ponno oscurar l'ore rubelle
celeste lume: e benché 'l sol decline,
vince un sol raggio suo tutte le stelle.

122

Se 'l tempo, o mio bel sol, ch'io v'ho presente
misuro, e quel che ne son lungi e privo,
in molte notti ad un sol giorno arrivo,
poche ore lieto e mille anni dolente.

Felice a voi vicin, misero assente;
morto son senza voi, con voi son vivo:
ma il duol è un mar, la gioia un picciol rivo
che sete accresce a la mia voglia ardente.

Ahi, che del mio tesor troppo m'invola
fortuna avara; e quest'umana vita
troppo senza spronarla al suo fin vola.

Ma se al corpo è la via tronca e impedita,
fia l'alma a voi, sua luce amata e sola,
col desir sempre e col pensiero unita.

123

Primo

Qual pianger più debb'io? La rotta fede
e 'l torto di colei che tanto amai,
o pur il mio fallir mentre sperai
da sì perfido cor grata mercede?

Ahi, che per l'erba con mal cauto piede
senza timor d'occulto serpe andai;
e dond'io vita aver credea, trovai
morte che di miseria ogni altra eccede.

Godi felice tu, furtivo amante,
mentre spira al tuo legno aura seconda,
ricco de le mie spoglie e trionfante;

ma tosto e tu vedrai quanta s'asconda
in donna fraude, e ch'è via più costante
al vento foglia o in mar commosso l'onda.

124

Secondo

Errai, m'accuso: falso, empio sospetto
fe' torto al ver; pentito, il cor se n' dole.
nero il bianco stimai, tenebre il sole,
e pien di frode amor puro e perfetto.

Trafisser l'innocente e nobil petto
le scelerate mie stolte parole;
e 'l bel volto che vita a me dar suole
bagnò di pianto giusta ira e dispetto.

O gelosia, d'Amor perversa figlia!
O di dolce radice amara pianta!
Misero chi a le tue vane ombre s'appiglia.

Ma tu prego, mia dea, perdona tanta
colpa e serena le turbate ciglia:
ch'ov'è più error, più la pietà si vanta.

125

O vago tanto e lusinghiero in vista,
fior cui natura par ch'in tutto arrida,
ma con l'esterno bel che 'l guardo affida
d'aspro veleno occulta frode hai mista;

quanto imparo da te: ch'è mal avista
alma che 'l suo giudicio agli occhi fida;
poich'in terren piacer, pianto s'annida,
e d'incauto fallir, morte s'acquista.

Né men tua corta vita essempio adduce
come tra 'l vaneggiar de' sensi frali
s'estingua, ohimè, questa sì breve luce.

Fugga il cor dunque i dilettosi mali:
e dietro al raggio ch'or dal ciel mi luce,
al vero eterno ben spieghi omai l'ali.

 
 
 
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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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