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Rime di Celio Magno (43-50)

Post n°999 pubblicato il 07 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
 

Rime di Celio Magno

43

Sopra l'amenità della villa dei Pradazzi nel Trivigiano, dove il clarissimo signor Orsatto Giustiniano ha un suo podere

Vago augellin gradito,
ch'a me dinanzi uscendo
Di ramo in ramo ti ricovri e passi;
e, quasi in dolce invito
cari accenti movendo,
per questo bel sentier mi scorgi i passi:
felice te, cui dassi
menar i giorni e l'ore
in così bel soggiorno,
che spira d'ogn'intorno,
con meraviglia altrui, gioia ed amore.
or qual albergo al mondo
potresti aver più dolce e più giocondo?
Folti boschetti e lieti,
cui dolce aura ognor fiede,
dal sol ti prestan refrigerio ed ombra;
e dentro a' lor secreti
ciascun t'invita e chiede
allor che 'l sonno ogni animal ingombra.
Il digiun poi si sgombra
per campagne feconde
di qual cibo più curi;
e se di ber procuri,
con man cava lor fresche e lucid'onde
ti porgon, liete e pronte,
le vaghe ninfe ognor del vicin fonte.
Questo ben dee, qualora
quinci te n' passi altrove,
d'alto rapirti a le sue sponde amene;
come tu spesso ancora,
mentre il piè ratto ei move,
il corso a l'acque sue cantando affrene:
ch'infra le rive piene
d'erbe e di fiori adorni,
bianchi, vermigli e gialli,
sembran chiusi cristalli
tra ricche gemme, onde la terra s'orni
acciò ch'altri la vante,
e n'abbia gloria il ciel, suo fido amante.
Qui, non altrove, io tegno
che già Venere bella
sovente in braccio al bell'Adon scendesse,
e dietro al caro pegno,
or questa preda or quella
cacciando, col bel piè l'erba premesse;
e poi, lassa, il piangesse,
da cruda fera anciso
e nel suo sangue involto.
Benché 'l crederlo è stolto:
ch'alcun oltraggio in questo paradiso
natura non consente,
né tema d'aspro o venenoso dente.
Deh l'ali avessi anch'io,
qual tu, da girne a volo
librando in aria il mio terrestre peso:
ch'appagherei 'l desio,
quasi ad un guardo solo,
di tutto quel ch'agli occhi or m'è conteso.
Poi me n'andrei giù sceso
per la propinqua valle,
e per questo e quel colle,
e colà dove estolle
quel monte al ciel le sue frondose spalle:
dietro a cui, mentre scende
già 'l sol, mezzo si cela e mezzo splende.
Rimanti pur, canzon, con questo augello,
qui fra letizia e gioco;
ché men dolce ti fora ogni altro loco.

44

Per le nozze dell'altezza del signor duca d'Urbino Francesco Maria con la serenissima donna Lucrezia da Este

Cangi or beato il Po, cangi il Metauro
in or l'arene, in puro argento l'onde,
In gemme i fior e l'erbe; e per le sponde
nasca in premi d'onor la palma e 'l lauro.

Ecco l'alma Lucrezia, ecco il tesauro
d'ogni virtù, che nel bel seno asconde;
che col gran sposo suo luce diffonde
tal, che per lor già torna il secol d'auro.

Questi, come del ciel la luna e 'l sole,
saran del mondo i più splendenti lumi,
cari non men per opre altere e sole:

poi che tutti gli antichi e bei costumi
fiorir faranno, e fia lor chiara prole
felice copia di terrestri lumi.

45

Ecco subito lampo; ecco disserra
Giove irato tonando al ciel le porte;
treman le stelle e la celeste corte;
trema con l'aria il mar; trema la terra.

Questi col braccio suo spezza ed atterra
qualunque muro adamantino e forte;
questi già spinse i rei giganti a morte
che lo sfidaro a temeraria guerra;

Questi a la mensa orribile raccolto
di Licaone il real tetto irato
arse, e fe' lui vestir ferigno volto;

e questi d'un fanciul nudo ed alato
l'arco pur teme: e 'n varie forme volto
va innanzi al carro suo preso e legato.

46

Poiché né il lungo mio gridar mercede
con voce dal dolor già stanca e vinta,
né la fronte portar di morte tinta,
donna, al mio foco interno acquistan fede,

questo ferro prendete, e là 've siede
l'imagin vostra nel mio cor dipinta,
fate agli occhi la via: ch'ivi se finta
o se vera è mia fiamma, a pien si vede.

Né si resti per voi, stimando errore
quinci mostrar, che dal benigno aspetto
abbiate dentro sì diverso il core;

ché a fedel servo è via più crudo effetto
non dar credenza al suo verace ardore,
ch'aprirli a morte mille volte il petto.

47

Novo Prometeo i' son, misero e lasso:
ché del bel viso ond'ardo il foco e i rai
con troppo ingorde luci un dì furai,
per darne spirto al cor di vita casso.

Ond'or d'un alto sdegno ad aspro sasso
in catena crudel di pianto e guai
avido rostro in me non sazio mai
provo, e di morte in morte ognor trapasso.

Ma quei peccò, da reo desir condutto;
io per soverchio amar supplicio sento,
di buon seme cogliendo acerbo frutto.

Quegli a cosa furar vietata intento;
io la vista d'un sol, dal ciel produtto
per farne ogni occhio uman lieto e contento.

48

Mai non ritorno al mio bel sole amato
seguendo i piè, ch'altrove andar non sanno:
ché non sia del piacer maggior l'affanno,
e da presso più acerbo il ben bramato.

Quegli occhi, i quai per adorar son nato,
com'essi, ohimè, per sol mio strazio e danno,
pur d'un guardo mercede al cor non danno,
sempre in atto ver me nemico, irato.

E se lontan dal loro sdegno io vivo,
più cruda guerra allor, misero, provo,
del mio solo conforto e d'alma privo.

Così vo del mio male ingordo e schivo,
e quel che m'è più dolce, amaro trovo,
disperato sperando, or morto, or vivo.

49

Questa selvaggia mia cruda guerriera,
che fiamme e strali ne' begli occhi porta,
tal in me s'arma e tal guerra m'apporta
che tosto andrà de la mia morte altera.

Ben contra lei talor, perch'io non pera,
si sforza in sua ragion l'anima accorta;
e sofferendo pugna e si conforta
di ricovrar sua libertà primiera.

Ma quasi a l'amo in mar già colto pesce,
quanto più mi riscuoto, esser mi sento
più preso; ed ella più mie pene accresce.

E se quando m'ha 'l duol presso che spento
pietà ne mostra, è sol perché le incresce
ch'abbia fin con la morte il mio tormento.

50

Mentre ingrato dolor che 'l cor percote
turba a madonna il viso almo e sereno,
e 'l bel pianto, ond'ha 'l ciglio umido e pieno,
scende rigando le vermiglie gote,

Amor, ch'offesa tal soffrir non puote,
come fanciullo a sua nutrice in seno
che lamentar la sente, anch'ei non meno
piange e si lagna in dolorose note.

Né ciò men, lasso, a me tormento adduce;
anzi sì grave e rio l'alma il sostiene,
ch'io scorgo presso il fin de la mia luce.

Sol un conforto in vita il cor mantiene:
che mentre il duol madonna a tal conduce,
vendetta fa de le mie lunghe pene

 
 
 
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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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