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Rime inedite del 500 (XLII)

Post n°954 pubblicato il 03 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
 

Rime inedite del cinquecento (Bologna, Romagnoli - Dall'Acqua, 1918)

XLII

[Di anonimo]

In Franciscum Alidosium Cardinalem Papiensem Italiae totius Legatum, post felicem de Venetis victoriam, Bononiam redientem.

Chi ascender potria mai pur col pensiero,

Delle tue lodi a l'infinita altezza,
Non che in stil dirne d'ogni parte intiero?
Che dovendo onorar la tua grandezza,
Sacro, inclito signor, quanto richiede
Poco sarìa ciò che qua giù s'apprezza.
Ma alla gran parte in che mancar si vede
Li onor' ch'oggi ti fa Felsina lieta
Supplisca il buon voler, la pura fede.
Ché, se potesse quel che a lei si vieta
Non d'altro vincitor, d'altro vessillo,
Più altamente mai cantò poeta.
Se Paolo, Mario, Cesare, o Camillo
Trionfar' più onorati, oh! fausto giorno
Da memorar nel candido lapillo.
Chi or vede d'un nuov'Ercole il ritorno,
Prostrato avendo il fier leon Nemeo,
Che in Flaminia a' pastori era gran scorno,v Vede il chiaro e magnanimo Teseo,
Che a' più insolenti e indomiti centauri
Spento ha l'orgoglio altrui nocivo e reo.
Donagli Apol' degli odorati lauri
Verdeggiante corona, il grido estendi
Dalle rive del Gange ai lidi Mauri;
E perché i nuovi gesti, alti e stupendi
Mal si puon celebrar con mortal suono,
Placido nume or tu dal ciel discendi.
Con quella lira e in quel più ardente tuono
Temprate ch'esser vuol quando tu canti
Da Flegia e Giove, e i dei presenti sono.
Simil materia avrai d'altri giganti,
Figli del mar, che d'Adria il nome porta,
Tumidi, al padre eguali et arroganti.
Questi con mente dal diritto estorta
I regni a lor non debiti occupando,
Tolto il voler, non la ragion, per scorta,
Ecco caduti son subito, quando
Quel che il scettro di Giove in terra regge
Pur tratta fuor de la giust'ira il brando,
Con cui l'insania altrui batte e corregge,
Con questo il lor ardir vano ha percosso,
Che al ciel credeano ancor poter dar legge.
E sopra lor tanta ruina ha mosso,
Che non Etna, non Ischia con tal pondo
A Encelado e Tifeo calcàro adosso,
Onde ai futuri secoli nel mondo
S'udiran per miracolo le cose
Magne, che fatte avrà Giulio secondo.
Benché al presente sì meravigliose
Non siano a chi il valor, l'alta prudenza,
E l'altre sue virtudi or' son nascose.
Perché di Dio la somma previdenza
L'ha mandato qua giù, non cagion lieve,
Sel per tornar' la chiesa in riverenza.
Oh! quanto lieto in ciel star' oggi deve
L'almo padre Silvestro, a cui son note
Le vittorie che Giulio oggi riceve;
Ché riguardando dall'eterne rote,
Vede da Giulio esser novellamente
Reintegrato di sua prima dote.
Quanto in quelle città gaudio si sente,
Che d'aspra servitù ridutta in stato
Son d'aurea libertà, stato innocente!
Si dica: o venerabil porporato,
Che Giulio, e Giove, e tu a disposizione
Di lui sei l'emisfero raggirato,
Varie sorti a' mortali il cielo impone,
E ben che il motor primo tutto scorge,
Con le seconde cause opra e dispone.
Tuo gran voler, che a mortal fama sorge,
Così l'eccelse imprese assume, come
Il divo Giulio le disegna e porge;
E perché ben le più pesanti some
Regger sai con prudenza, e 'l tutto adempi,
Tocca in gran parte a te la gloria e 'l nome.
Ma a quai sì degni mai gl'antichi tempi
Posero, come a voi poner' si denno,
Arche, statue, colonne, altari e tempî?
Che si potrà ben dir: questi duoi fenno
Gran cose, e a gloria eterna il ciel gli spinse,
Acquistata con l'opre e con il senno.
Domò i nepoti, e per tiranni estinse
Giulio Ligure invitto e glorïose,
L'altro in Flaminia venne, vide e vinse.
Questo è il savio e magnanimo Alidoso,
Cardinal di Pavia, ch'al pastor santo
Fu sempre d'obbedir pronto e geloso.
Or' a' vostri alti titoli un sol vanto
S'aggiunga, e non già mai fia il più soprano,
Alla chiesa, alla fede, al papal Mauro.
Poiché de' sommi regi è in vostra mano
L'impero, e l'armi, deh! movete i passi
Al nido ove Gesù fu pellicano.
Ma veggio all'alta impresa ordine dassi,
Già del rumor il Maumettano trema,
E par che i lidi già fuggendo lassi.
Del celeste favor punto non scema,
Giulio ecco ha l'ali aperte al santo volo,
E presto a nostra età gloria suprema
Vedrem farsi un ovile e un pastor solo.

Tratte da: Rime inedite del cinquecento (Bologna, Romagnoli - Dall'Acqua, 1918)
 
 
 
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