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Il Dittamondo (3-11)

Post n°940 pubblicato il 01 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
 

Il Dittamondo
di Fazio degli Uberti

LIBRO TERZO

CAPITOLO XI

"Italia è tratta in forma d’una fronda 
di quercia, lunga e stretta, e da tre parte 
la chiude il mare e percuote con l’onda. 
La sua lunghezza è, quando l’uom si parte 
da Pretoria Augusta in fine a Reggio, 5 
che in venti e mille miglia si comparte. 
E se ’l mezzo del tutto trovar deggio, 
propio ne’ campi di Rieti si prende: 
cosí si scrive e io da me lo veggio. 
Monte Apennino per mezzo la fende; 10 
piú fiumi e piú real da lui si spanda 
da quella parte che Toscana pende. 
Poi, come ’l poggio tien da l’altra banda, 
per le sue ripe molti ne disegna, 
che nel mare Adrian diritto manda. 15 
Maraviglia non par, se giá fu degna 
tanto, che ’l mondo governava tutto: 
sí ben par ch’abbia ciò che si convegna. 
Qui son le fonti chiare per condutto; 
qui son gran laghi e ricchi fiumi assai, 20 
che rendono in piú parti molto frutto. 
Datteri, cedri, aranci dentro v’hai 
e campi tanto buoni e sí fruttevoli, 
quant’ io trovassi in altra parte mai. 
Qui sono i collicei dolci e piacevoli, 25 
aombrati e coperti di bei fiori 
e d’erbe sane a tutti i membri fievoli; 
qui gigli e rose con soavi odori, 
boschetti d’arcipresso e d’alti pini, 
con violette ognor di piú colori. 30 
Qui sono i bagni sani e tanto fini 
a tutte infermitá che tu li vuoli, 
che spesso passan l’altre medicini. 
Qui selve e boschi son, che paion bruoli, 
se vuoi cacciare, ove natura tragge 35 
cervi, orsi, porci, daini e cavriuoli. 
Qui son sicuri porti e belle piagge; 
qui son le belle lande e gran pianure 
piene d’augelli e di bestie selvagge; 
qui vigne, ulivi e larghe pasture; 40 
qui nobili cittadi e bei castelli 
adorni di palagi e d’alte mure; 
volti di donne dilicati e belli, 
uomini accorti e tratti a gentilezza, 
maestri in arme, in cacce e in uccelli. 45 
L’aere temperata e con chiarezza 
soavi e dolci venti vi disserra; 
piena d’amor, d’onore e di ricchezza. 
Lo maggior serpe ch’abbia questa terra 
Eridano è, che nasce su in Veloso, 50 
che con trenta figliuoi nel mar s’inserra. 
Entra come coniglio e va nascoso 
nel suo cammino, e, quando fuor riesce, 
torbido corre in fine al suo riposo. 
Nel Gemini e nel Cancro sempre cresce; 55 
adorna il suo bel letto alquanto d’oro, 
benché ad averne spesso a l’uomo incresce. 
Lupi ci sono ancora e fan dimoro, 
che, per natura, coprono col piede 
la pietra nata de l’orina loro, 60 
e altri che, se alcun uomo li vede, 
subitamente la voce gli annoda, 
sí che di fuor, benché voglia, non riede. 
Italia tien forcelluta la coda: 
l’una parte riguarda i Ciciliani 65 
l’altra dirizza a Durazzo la proda. 
Abitata fu prima da villani; 
lo nome suo da Italus prese, 
che di qua venne co’ Siracusani. 
Saturno fu da cui il popolo apprese 70 
a vivere come uomo e da Latino 
la lingua, poi, latina si discese. 
Piace ad alcun che a quel tempo vicino 
lettera in prima ci desse Carmente, 
penso spirata dal voler divino. 75 
Confina con Provenza nel ponente, 
con Francia, con la Magna e ’l mar Leone; 
dal mezzodí, con l’Africa, pon mente; 
da l’altra parte, in vèr settentrione, 
lungo il mare Adrian, lo Schiavo vede, 80 
dove Durazzo e Dalmezzo si pone. 
Dodici e cinque province si crede 
tutta partita, e certo non fallo, 
con l’isole che ’l mar bagna da piede. 
Lo mar liguro ingenera corallo 85 
nel fondo suo, a modo d’albuscello, 
pallido, di color tra chiaro e giallo. 
Spezzasi come vetro il ramicello 
quando si pesca, e come piú è grosso 
e con piú rami, tanto par piú bello. 90 
Sí come il ciel lo vede, divien rosso; 
e non pur si trasforma di colore, 
ma fassi forte e duro, che pare osso. 
Conforta, a riguardar, la vista e ’l core 
averne seco quando folgor cade; 95 
pietra non so piú util né migliore. 
In Terra di lavoro son contrade, 
dove la pietra sirtite si trova 
di color giallo; ma molto son rade. 
La pietra veientana non è nova 100 
a’ Veientan, la quale in parte è bruna 
con bianche verghe e questa par che piova. 
Similemente ci si truova alcuna 
la qual linguria nomo, ch’a le reni, 
qual v’ha dolor, miglior non so niuna. 105 
Italia truova, a chi gira i suoi seni, 
venti volte quaranta nove miglia: 
e qui fo punto a tutti i suoi terreni,
ché buon sará, s’altro cammin si piglia".
 
 
 
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