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Graziolo Bambaglioli

Post n°932 pubblicato il 28 Dicembre 2014 da valerio.sampieri
 

Graziolo Bambaglioli o Bambagiuoli

Dei nove bolognesi che dettarono versi italiani e prima dell'Alighieri e nel tempo in cui questi sorgeva ad ecclissare i passati ed i presenti poeti, il Bambaglioli fu il più ornato e il meno antico; sicchè l'insigne fiorentino, ove l'avesse conosciuto com'ebbe il Guinicelli, il Gbisilieri, Fabruzzo ed Onesto, avrebbe fatto per avventura le maggiori lodi di lui, anzi le massime: e, se a Guido Guinicelli diede il vanto per aver usato rime d'amor dolci e leggiadre, a Graziolo l'avrebbe consentito per avere scritto di filosofia e di morale in nobili forme e con più nobili concetti.

Questo Bonagrazia o Graziolo di Bambagliolo Bambaglioli, uomo valente nelle cose giudiziarie e ne' poetici numeri, veniva dichiarato notaio dell'anno 1311, ed in sull'entrare del 1324 era del novero degli Anziani in Bologna sua patria; dal che potrebbe inferirsi che avesse già tocchi i quarantanni, se anziani e priori ne' reggimenti a Comune rispondevano ai senatori d'oggidì nei governi costituzionali.

Volgeva l'anno 1325, e il nostro Bambaglioli condusse in moglie Giovanna di Lorenzo Bonacati, che il fece padre di un fdiiciulletto, cui pose nome Giovanni. Dopo questo tempo oltre il titolo di Notaio ebbe pur quello di cancelliere del Comune di Bologna, officio che non assentivasi fuorchè a persone di condizione civile e fornite di buone lettere. E fu per certo esso Graziolo dotto ed erudito nelle lettere latine e volgari, e profondo espositore della morale filosofia, come fanno fede i dettati che d'esso ancora ne rimangono.

Egli fu Guelfo: e siccome la parte sua ebbe la peggio in Bologna nel 1334; così venne sbandito dalla patria con tutti gli altri di sua famiglia dai 10 anni ai 60, e trovasi scritto fra coloro che diedero sigurtà e promessa di starsi a confine. Se morisse in Bologna o fuori, e di qual anno, non è ben noto, sendochè dopo la cacciata dalla patria non si trova più memoria di lui. Da ciò si deduce comunemente ch'egli morisse esule; e siamo certi che del 13'l3 non era più, perchè in questo tempo il figliuol suo dimandava un curatore che lo reggesse.

Scrisse Graziolo un Trattato delle Virtù Morali, diviso in cento Rubriche, il quale contiene sentenze gravi, attinte alle fonti della Filosofia e della Teologia, ed è esposto in istrofe di vario metro: in che venne forse imitato da Francesco Barberilli o da Barberino ne' suoi Documenti d'Amore. Ornò Graziolo il Trattato delle Virtù con acconci Commentari in lingua latina, riboccanti d'erudizione sacra e profana, e lo dedicò a Bertrando del Balzo cognato di Roberto re di Napoli e capitano di guerra dei Fiorentini. Pare che l'opera del Barnbagliuoli, o Bambagiuoli, passasse dalle mani di Bertrando a quelle di Roberto, il quale essendo amatore delle buone lettere, ne fece trar copia, o la trasse egli stesso dall'originale: onde poi l'abbaglio di Federico Ubaldini, che pubblicava quel Trattato come scrittura di re Roberto. Ma il Crescimbeni rivendicò l'onore di quel dettato a Graziolo da Bologna, mettendo innanzi irrefragabili prove, onde risulta che il Bambagliuoli è il vero autore di quello scritto, e che re Roberto amò le lettere e i letterati ma non ebbe fregio di poetica facoltà. I Commentari latini del Cancelliere Graziolo furono tradotti in volgare favella, probabilmente da un toscano, e trovansi e leggonsi a Firenze nella Riccardiana. In un manuscrilto della Barberina di Roma è fatto cenno d'un Codice del Barnbagtioli, ch'esser doveva in Bologna nella Libreria degli Agostiniani di s. Giacomo; il quale però non vi si trova. Bensì nella Laurenziana di Firenze leggonsi manuscritti i metri italiani dell'erudito bolognese, cioè il Trattato delle Virtù Morali; che incomincia con questo verso:

Amor che movi il del con tua virtute,

e finisce con questi altri:

Opra novella, poich'hai dimostrato
I vizi e le virtù d'umana vita,
Consiglia che ciascun anzi l'uscita
Prodeggia bene a suo eterno stato:
Poi venga lode, grazia e riverenza
All'infinita- e superna eccellenza,
La quale in sua pietade
Ti ha spirato per la veritade.

La miglior edizione del Trattato Morale del Bambaglioli, è la moderna pubblicata in Modena nel 1821 con somma accuratezza dal benemerito e laborioso monsignor Celestino Cavedoni, fdologo di multiforme erudizione, archeologo di profondissima dottrina. Da tale edizione pertanto copieremo qui alcune Rubriche, le quali varranno a render prova del maschio e sobrio poetar di Graziolo, e del suo modo sentenzioso.


DELLA MODERNA VILTÀ DEL MONDO.

O Cato, o Scipione, o buon Traiano,
O gran Giustiniano,
Or si conosce il vostro alto valore
Ch'è vostro eterno onore;
Ma i miseri mortai del cieco mondo
Non veggono che al fondo:
Leggier diletto e vii voglia li mena,
Di che conviene usar gravosa pena.

DELLA NOBILTÀ.

Non dà ricchezza antica nobiltade
Né sangue; ma virtù fa Tuoni gentile,
E trae di loco vile
L'uomo, ch'alto si fa per sua bontade.

DELLA CARITÀ DELLA PATRIA.

Le cose basse e di poca potenza
Amor le fa possenti, Amor le esalta.
Quanto il barone ha dignità più alta,
Senza verace amor più basso scende,
Perchè senza unità
Regno diviso mai non si difende:
O nobil Carità,
Sol di ragione amica,
Virtute ed onestà sol ti nutrica.

DELLE PARTI DE' GHIBELLINI E DE' GUELFI

Non s'attien fede nè a Comun nè a Parte,
Chè Guelfo e Ghibellino
Veggio andar pellegrino . .'
E dal Principe suo esser diserto.
Misera Italia! tu l'hai bene esperto;
Chè in te non è latino
Che non strugga il vicino,
Quando per forza e quando per mal'arte.

OPERAZIONI DELLA VERA AMISTÀ

Uomini singolar, città, comuni
E principi e baroni
Amor al ben comun dispone e liga;
Onde cessa la briga
E stanno aperti i cammini e le strade.
Per te, buona Araistade,
Il mondo ha pace e 'l ciel ha venustate.

REGGIMENTO VIRTUOSO DELLA FAMIGLIA.

Tenga il signor famiglia di bontade.
Accorta d'onestade,
E sia ciascuno al suo fine ordinato.
E s'alcun fosse folle o vero ingrato
Nol tardi far lontano,
Perchè ne guasta mille un non ben sano.

EFFETTI DELL'ELOQUENZA.

Del bel parlar s'acquista eccelso onore.
Ed alto frutto nasce
Che con diletto l'uom consola e pasce;
E tant'è dilettoso il suo valere,
Che ciascun tragge al suo dolce piacere.

LA VANITÀ NON ADORNA L'UOMO.

In vanità non è gentil valore,
Nè adorna sella fa caval migliore,
Né fren dorato toglie il suo difetto:
Così non fa valer pomposo aspetto
Uomo che si diletta in forma bella,
Però che ciò che luce non è stella;
E sotto fregi in vestimento vano
Giace il cuor vago da virtù lontano.

VUOLSI ESSERE TEMPERATO.
Non si convien furore
Nè a pover nè a signore.
Lo saggio marinar ad un sol segno
Sa governar suo legno
In tempo oscuro ed in serena luce,
Perchè virtù e ordine il conduce.

TEMPERANZA.

O temperanza, donna dell'onore!
Tu reggi sempre di ragione il freno,
Tu tieni il mezzo ch'è tra 'I più e 'l meno,
Però si trova l'uom con più valore,
Il qual più t'ama; e chi segue il furore
E a disordinato esser s'accosta,
O quanto caro costa!
Ch'ogni nemico di cotal virtude
Con doglia e con sospir sua vita chiude.

SUPERBIA.

O mente folle del superbo altero Ch'al cielo ed alla terra è odioso!
Ciascun superbo si tien valoroso,
Tanto soperchio ama la sua essenza,
Che tien ferma credenza
Di mettersi sicuro ad ogni impresa;
Ond'egli ha spesso morte e grave offesa.

INVIDIA.

O falsa Invidia, inimica di pace,
Trista del ben altrui, che non ti nuoce!
Tu porti dentro quell'ardente face
Clie t'arde il petto, ed altrui metti in croce.

AVARIZIA.

O Avarizia, inimica di Dio,
Tu hai sì strutto il mondo e fatto rio,
Ch'a mal tórre e tener sol hai rispetto.
Ciò mostra 'l tuo effetto;
Chè per cupidità d'esser signore
O d'acquistare onore
Città, castello o terra,
L'un strugge l'altro, d'onde nasce guerra,
La qual danna e diserta ogni valore.

Di simile tempra è l'intero libro del Bambaglioli, il quale seppe giungere con rara abilità l'ornamento del metro alla virtù della filosofia, e render comuni assai precetti, che tornano utili all'umana dignità ed alla vita civile. La lingua di lui è ancor più nobile ed aulica (come la disse l'Alighieri) di quella che venne usata dallo stesso Guinicelli; e ciò ne mostra il gran progresso che fece in Bologna l'italico idioma nel volgere di sessantanni, quanti appunto ne passarono dalla cacciata di Guido a quella di Graziolo, dalle male vicende dei Ghibellini a quelle dei Guelfi. E Guelfo abbiadi detto essere stato il Bambaglioli; anzi soggiungiamo come fra'Guelfi andasse egli segnalato, perocchè sappiamo che i principali della sua Parte con lui conferivano e a lui dedicavano i loro scritti politici. Infatti nell'insigne Libreria Ravignana di Glasse, tra i Testi a penna havvi un Trattato scritto in pergamena da Frate Guido Vernano da Rimini dell'Ordine de' Predicatori, con tra il Libro de Monarchia composto già dall'Alighieri: e un tal Trattato è diretto dall'autore claustrale all'illustre Graziolo da Rologna. Di quest'egregio fece parola ultimamente l'esimio professore Giosuè Carducci, pubblicando nell'edizione diamante del Rarbèra le Rime di Cino da Pistoia e d'altri contemporanei, fra le quali alcune sentenze del Bambagiuoli, mettendolo in bella compagnia con Giotto, Benuccio Salimbeni, Bindo Ronichi e Domenico Cavalca, appartenenti pel carattere e la forma dei loro versi agli gnomici, che sono i poeti del secondo periodo d'una civiltà, e che proseguirono le tradizioni e lo stile di quella poesia, che precedè la scuola toscana del 1282, cioè la classica, la stupenda dell'Alighieri.

E tanto basti dei primi bolognesi che scrissero versi italiani.

"I primi bolognesi che scrissero versi italiani: memorie storico-letterarie e saggi poetici", Salvatore Muzzi, Speirani, 1863 - 51 pagine.

 
 
 
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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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