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Il Dittamondo (3-09)

Post n°931 pubblicato il 28 Dicembre 2014 da valerio.sampieri
 

Il Dittamondo
di Fazio degli Uberti

LIBRO TERZO

CAPITOLO IX

Di lá da l’Ambra, Aurelia ci aspetta: 
Aurelia dico a la cittá d’Arezzo, 
perch’era anticamente cosí detta. 
Ver è che questa mutò nome e vezzo, 
quando la prese Totila, che poi 5 
arar la fece tutta a pezzo a pezzo. 
Le genti, che lá sono, al dí d’ancoi, 
pur ch’abbian di lor vita alcun sostegno, 
non curan di venir dal tu al voi. 
E sí son, per natura, d’uno ingegno 10 
tanto sottil, che in ciò ch’ a far si dánno 
passan de gli altri le piú volte il segno. 
Per biada e per vin buon terreno hanno; 
l’Arno, la Chiassa, le Chiane e ’l Cerfone 
piú presso d’altri fiumi a essa vanno. 15 
Donato dal gran drago è lor campione; 
godon di vagheggiarsi mura e fossi, 
come de la sua coda fa il pavone. 
Solino in prima e io apresso mossi, 
cercando com la gente si governa, 20 
tra quelle strette valli e alti dossi. 
Noi fummo sopra il sasso de la Verna, 
al faggio ove Francesco fu fedito 
dal Serafin, quel dí che piú s’interna. 
Molto è quel monte divoto e romito 25 
ed è sí alto, che ’l piú di Toscana 
mi disegnò un frate col suo dito. 
"Guarda, mi disse, al mare, e vedi piana 
con alti colli la Maremma tutta: 
dilettevole è molto e poco sana. 30 
Lá è Massa, Grosseto e la distrutta 
Civita veglia ed èvi Populonia 
ch’ appena pare, tanto è mal condutta. 
Lá è ancor dove fu Lansedonia; 
lá è la Cava, dove andare a torma 35 
si crede il tristo overo le demonia. 
E questo il manifesta, perché l’orma 
d’ogni animale lá entro si trova 
in su la rena e d’uomini la forma. 
Io dico piú: che qual fa questa prova, 40 
che quelle spenga e pulisca la rena, 
se l’altro dí vi torna, ancor le trova. 
Lo suo signore, nel tempo che Elena 
fu per Paris rubata, si ragiona 
che con i Greci a Troia gente mena. 45 
La è Soana e vedesi Mascona 
ed èvi Castro povero e men dico 
ch’a Bolsena si va da terza a nona. 
Queste cittadi e altre ch’ io non dico 
funno per la Maremma, in verso Roma, 
famose e grandi per lo tempo antico. 
De’ fiumi, che di lá piú vi si noma, 
sono l’Ombrone, la Paglia, la Nera 
e Cecina, che a la marina toma. 
Ma leva gli occhi da questa rivera 55 
e guarda per le ripe d’Apennino, 
se vuoi veder piú la Toscana intera. 
Vedi il Mugello e vedi il Casentino 
a man sinistra, e vedi onde l’Arno esce 
e come va da Arezzo al Fiorentino. 60 
Poi mira in vèr la destra come cresce 
Tever passando da Massa Trabara, 
per l’acque molte che dentro vi mesce. 
E guarda come porta la sua ghiara 
dal Borgo San Sepolcro in vèr Castello, 65 
dove il Pibico entra e la Soara. 
E guarda come è grosso e fatto bello 
presso a Perugia e come a Todi china, 
dove Acqua fredda e il Chiascio va con ello. 
E guarda come per terra Sabina 70 
* poi passa 
per Roma e vanne, a Ostia, a la marina. 
E nota: quanto da levante lassa 
si è fuori di Toscana, onde il Ducato 
in tutto, come vedi, se ne cassa. 75 
Io so bene che quanto t’ho mostrato 
che la vista nol cerne apertamente 
per lo spazio ch’è lungo, dov’io guato. 
Ma quando l’uom, che bene ascolta e sente, 
ode parlar di cosa che non vede, 80 
imagina con gli occhi de la mente". 
E io a lui: "Tanto ben procede 
lo vostro dir, che a me è cosí chiaro 
com’io v’avessi giá su posto il piede. 
Ma ditemi ancora, o frate mio caro, 85 
se di Francesco ci è alcuna cosa 
da notar degna, per questo riparo". 
Menonne allora in una parte ascosa 
del sasso e disse: "Qui orava il Santo 
e vedi l’orme ove i ginocchi posa. 90 
Altro non c’è; ma se brami cotanto 
veder de le sue cose, a Monte Aguto 
vedrai la cappa sua". E tacque a tanto. 
E io: "La cappa e ’l cappuccio ho veduto, 
che spense giá, girandola in sul foco 95 
ch’ardea il castel, senza alcun altro aiuto. 
E vidi lá, che non mi parve gioco, 
di notte accesi infiniti doppieri, 
senza uomo alcun cercar tutto quel loco. 
Questo mise i signori in gran pensieri 100 
di quel castel, ché, per uso, la morte 
sempre un ne vuol, quando appaion que’ ceri". 
E ’l frate a me: "Di cosí grave sorte 
in alcun luogo giá parlare udio; 
ma il creder m’era dubitoso e forte". 105 
Cercato il monte ognor Solino e io 
e veduto la chiesa e gli abituri, 
raccomandammo que’ buon frati a Dio. 
Cosí scendendo que’ valloni oscuri, 
mille anni ci parea d’essere al piano, 110 
sí poco lá ci tenevam sicuri. 
Chiusi, Farneta vidi e Chitignano 
e passammo in piú parti la Rassina, 
un fiumicello assai noioso e strano
e dubitoso a qual suol si trassina. 115
 
 
 
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