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Giovanna Bianchetti

Post n°922 pubblicato il 28 Dicembre 2014 da valerio.sampieri
 

Giovanna Bianchetti

Antica e nobilissima è la famiglia de' Bianchetti in Bologna, la quale in ogni secolo ha dato alla religione, al governo, alla milizia, alle più elette dottrine ragguardevoli uomini, ed ultimamente quell'onorando conte Cesare, che fu Presidente dell'Accademia di Belle Arti, che dovette esular dalla patria nei mal riusciti rivolgimenti del 1831, che poi vi fece ritorno io migliori tempi, e che teneva le redini del reggimento pubblico quando Welden e i suoi armati tentavano un colpo di mano sopra Bologna, e quando questa con eroico sforzo li ributtò dalle alture della Montagnola e da tutte le porte che avevano occupato, cacciando lungi quella masnada teutonica l'otto d'agosto del 1848.

Di tale stirpe ragguardevole fu pur Giovanna, illustre donna, chiamata dal Fontana nella Biblioteca Legale, celeberrima in utroque jure canonico et civili: asserzione ch'egli trasse dal Dolfi, autore della cronologia delle famiglie nobili bolognesi. E il Dolfi ed il Fontana aggiungono che Giovanna Bianchetti seppe inoltre alcune lingue antiche e moderne; senza dire dell'italiana, nella quale scrisse non poche rime, che trovatisi pubblicate nel Rosario delle stampe di tutti i poeti, e nella Raccolta dei Componimenti poetici delle più illustri Rimatrici, fatta nel secolo scorso da quell'esimia letterata che fu la Contessa Luisa Bergalli, prima moglie di Gaspare Gozzi, fiore d'ingegno e scrittore venusto di versi e di prose in italiana favella.

Di questa Giovanna fece le lodi Leandro Alberti nella sua Descrizione d'Italia; di lei parlò con encomio Marcello Alberti nell'Istoria delle donne scienziate, ove, con errore manifesto, la chiama Giovanna Biuketi; senza dire del Bumaldi nella Biblioteca, del Marini, dell' Orlandi, del Quadrio e del Mazzucchelli.

Or ecco un saggio del poetare di quest'esimia bolognese.

Creder si dee che a chi maggior dolore
Diede il Signor quando partì di vita,
A colei, ritornando, desse aita
Prima che ad altri col suo vivo ardore.

Sicchè stando Maria con umil core
Del supremo suo Sol la nova uscita
Attendendo, sentissi la sbandita
Lena tornare, e scorse almo splendore;

Chè ratto e lieto il Messaggier del giglio
Le sopravvenne, a dir col volto chino:
Rallegrati, del ciel degna Regina;

Rallegrati, perchè l'alto e divino
Tuo figliuol, già varcato ogni periglio.
Col corpo unita ha l'alma pellegrina.

Questo sonetto, più spigliato di quelli di Fabruzzo e di Ser Bernardo, e scritto in frasi che han gittata la scoria dell'antica scabrosità, moverà sospetto negli esperti di filologia che la felsinea poetessa fosse meno antica di Ciullo d'Alcamo e di Pier dalle Vigne. E infatti leggiamo nella Cronaca bolognese di Bartolommeo della Pugliola, contemporaneo della Bianchetti, sotto l'anno 1334 questa notizia:

«All'entrata del mese di Novembre messer Carlo figliuolo della Maestà del Re Giovanni di Boemia, eletto imperadore venne a Padova. Di lì si partì, e venne a Mantova, che si teneva per que' da Gonzaga, e con poca gente. Quei che vennero furono quasi tutti Baroni di sue contrade. Con lui era la Reina sua donna, e figliuola della Maestà del Re di Polonia. Con lei era in compagnia una venerabile Donna bolognese, che sapeva ben parlare per lettere, e sapeva bene il Tedesco, il Boemo e l'Italiano. Aveva nome Madonna Giovanna, figliuola che fu di Matteo dei Bianchetti di strada s. Donato, ed era vedova, e fu moglie di Messer Buonsignore de' Buonsignori da Bologna Dottore di Legge.»

Tale notizia d'uno scrittore diligente ed erudito, ci fa aperto che Giovanna Bianchetti viveva ancora nel 1334, e ch'era venerabile, cioè di grave età; il perchè, mentr'essa può aver posto fra i rimatori del secolo decimoterzo, ci appare manifesto com'ella dovesse fiorire nella seconda metà, anzi nell'estremo del medesimo: e di qui la ragione di quei pregi di poesia che sono proprii del beato trecento, e i quali mancano per debolezza puerile, al secolo antecedente, e sovrabbondano talora, per soverchio d'arte e di rigoglio, ne' secoli di poi.

"I primi bolognesi che scrissero versi italiani: memorie storico-letterarie e saggi poetici", Salvatore Muzzi, Speirani, 1863 - 51 pagine.

 
 
 
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