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Onesto degli Onesti

Post n°914 pubblicato il 26 Dicembre 2014 da valerio.sampieri
 

Onesto degli Onesti

"Ed ecco il quarto di cotanto senno."

Il rimatore Onesto bolognese fu tenuto comunemente dottor di leggi o di medicina, e della famiglia degli Odofredi. Altri il vollero fratello del celebre Odofredo giurisperito, altri nipote, cioè nato da Alberto figliuolo di lui: delle quali due opinioni nè l'una ne l'altra può sussistere. Egli è vero che Odofredo Denari, autore degli amplissimi Commenti a tutti i libri del Gius civile, (i cui discendenti si chiamarono poscia degli Odofredi) ebbe un fratello nomato Onesto; ma questi non fu dottore per verun modo, e morì assai vecchio in sul 1280, laonde non potè avere corrispondenza di rime con Cino da Pistoia, che a quel tempo doveva essere ancora fanciullo, come pur sappiamo il poeta Onesto averla avuta. Alberto poi di Odofredo, dottor di leggi pur esso e famoso quanto il padre, non ebbe figliuoli di nome Onesto, ma Francesco, Niccolò e Benedetto, i due primi legittimi il terzo naturale, come da innumerevoli memorie e dal suo testamento si raccoglie. Nè scorrendo l'intera genealogia di quel casato, altro Onesto si ritrova tranne solamente il detto fratello del celeberrimo Odofredo; talchè in tuti'altra famiglia il poeta Onesto convien cercare.

Ella è cosa assai più agevole lo stabilire pertanto chi egli non fosse, che il trovare chi veramente fosse. Contuttociò, poichè gli antichi rimatori bolognesi si veggono tutti usciti di riguardevoli parentadi; parrebbe che il nostro poeta fosse Onesto di Bonacossa di Pietro degli Onesti, che appunto era in fiore verso lo scorcio del secolo XIII. e ch'era congiunto di affinità colla nobilissima famiglia de'Tebaldi. Infatti nelle copiose memorie di que' tempi, che si conservano negli Archivi di Bologna, niun altro Onesto si trova scritto salvo il fratello d'Odofredo ed il figliuolo di Bonacossa: e perciò (escluso il primo per le ragioni più sopra esposte) stimiamo di poter dire che l'amico di Gino da Pistoia, il poeta ricordato con onoranza dall'Alighieri e dal Petrarca, fosse Onesto degli Onesti e non Onesto degli Odofredi.

Bonacossa di Pietro di madonna Onesta, è ricordato co' suoi fratelli Pellegrino e Guglielmo, nelle antiche pergamene di quell'archivio che fu già in sant'Agnese, dalle quali si raccoglie che dell'anno 1254 esso Bonacossa era morto, avendo lasciato due figliuoli pupilli, Pietro ed Onesto, sotto la tutela e direzione di Pellegrino, loro zio paterno. Adunque Onesto sarà nato poco prima della metà di quel secolo: il che risponde a pennello a quanto significava il Nannucci nel suo Manuale della letteratura del primo secolo della Lingua italiana, che cioè il bolognese Onesto fosse coetaneo ed amico di Fra Guittone aretino, e di tutti gli altri ch'ebbero grido tra gli anni 1250 e 1300.

Oltre a un testamento ch'egli fece in età giovanile, essendo infermo l'anno 1270, si ha dagli archivi di Bologna ch'egli stipulò parecchi contratti in diversi tempi, l'ultimo de' quali del 24 settembre 1301: nè più oltre si trova memorato in verun luogo. -- L'averne Dante parlato nel volgare Eloquio congiuntamente col Guinicelli, col Ghisilieri e con Fabruzzo, chiamandoli dottori illustri e di piena intelligenza nelle cose volgari, mostrerebbe in questa loro comunanza di pregi e di patria, quella ancora di età. E il Petrarca nel Trionfo d'Amore al Capitolo IV. li unisce pure di nome e di merito là dove dice:

Ecco i duo Guidi, che già furo in prezzo,
Onesto bolognese, e i Siciliani
Che fur già primi, e quivi eran da sezzo.

D'Onesto bolognese parlarono pure con lode il Salvini, il Bembo, il Trissino ed il Gravina, i quali lo annoverarono tra' veri maestri, onde prese suo seggio e stato la nostra lingua. E Benvenuto da Imola afferma ch'egli fu un personaggio ragguardevole ed altrettanto facondo oratore nel nativo linguaggio, quanto facile ed amoroso poeta. Lorenzo de' Medici però dice che le rime di Onesto hanno mestiere della lima. « Il bolognese Onesto e li Siciliani, come primi furono di Dante e di Petrarca, così della loro lima più avrebbono mestiere: avvegnaché né ingegnane volontà ad alcuno di loro si vede esser mancata». E dicendo l'autorevole De' Medici che anche l'Onesti fu primo di Dante e di Petrarca, non di valore ma di tempo, conferma anch'esso l'età precisa in cui fiorì questo poeta; il quale, se fosse stato più antico di quello che fu, non si avrebbero sonetti di lui a Gino e di Cino a lui, e se fosse stato più moderno, giusta l'opinione del Quadri che il pose nel 1330, Dante, che mancò nove anni prima, cioè del 1321, nonne avrebbe fatta ricordanza come d'uomo già trapassato mentr'egli scriveva.

Ma tempo è di troncare la Iroppo lunga digressione, recando piuttosto una Ballata d'Onesto bolognese, primo tentativo di versi italiani decasillabi, ridotti già a buona lezione dall'illustre filologo e letterato conte Giulio Perticari.

La partenza che fo dolorosa
E gravosa - da voi, Bel Diporto (1)
Per mia fide - più d'altra m'ancide.

Sì m'ancide il partir doloroso
Ch'io non oso - son pur a pensare
Al dolor, che convienila portare
Nel mio cuore di vita pauroso;
Per lo stato gravoso - e dolente
Lo qual sente. - Com' dunque faraggio?....
M'ancidraggio - per men disconforto.

S'io mi dico di dar morte fera
Strana gioia non paiavi udire;
Ahi null'uomo ode il mio languire,
La mia pena dogliosa e crudera,
Che dispera - lo core nell'alma!
Tauta salma (2) - ha di pena e abbondanza,
Poi (3) pietanza - a mercè fece torto.

Torto fece, e fallì ver me lasso,
Ch'io trapasso - ogni amante e leale.
Ciascun giorno più cresce, più sale
L'amor fino ch'io porto nel casso,
E non lasso - per nulla increscenza;
Chè 'n soffrenza - conviene che sia
Chi disìa - l'amoroso conforto.

Poi pietanza in altrui si disciovra,
E s'adovra - in altrui fuor che in meve. -
Pianto mio vanne a quella che deve
Rimembrarsi di mia vita povra;
Di' che scovra - ver me suo volere. -
Se piacere - ha ch'io senta la morte,
A me forte - gradisce esser morto.

Note:
(1) Modo provenzale onde il poeta appella la sua donna, e che gli arcadi poi trasformarono in beli' iiol mio.
(2) Gravezza.
(3) Poi che.

L'Alighieri nel Volgare Eloquio, cita una canzone d'Onesto che più non abbiamo, e che incominciava:

Più non attendo il tuo soccorso, Amore;

ed il Trissino nella Poetica ne cita un'altra, che ancor essa è perduta, e della quale reca i versi seguenti:

Amor m'incende d'amoroso foco
Per voi, donna gentile,
Onde lo cor si strugge a poco a poco,
E da me fugge e'n voi cerca aver loco.

Se queste Canzoni del bolognese rimatore sono perite, nol sono altre due che trovansi alle stampe, con undici sonetti, quantunque in ogni parte scorrettissimi: e perciò noi ci staremo contenti a quella Ballata di buona lezione che abbiamo già riportata.

"I primi bolognesi che scrissero versi italiani: memorie storico-letterarie e saggi poetici", Salvatore Muzzi, Speirani, 1863 - 51 pagine.

 
 
 
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