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Rime inedite del 500 (XIV-2)

Post n°846 pubblicato il 18 Dicembre 2014 da valerio.sampieri
 

Rime inedite del cinquecento (Bologna, Romagnoli - Dall'Acqua, 1918)

XIV

[14 Di Diomede Borghesi]

Di Diomede Borghese per la signora Contessa di Scandiano.

D'alta bellezza, o mostro inclito e raro,

In cui celesti grazie infonde e piove
Cinzia, Venere, Amor, Pallade e Giove
Per far beato il Po, superbo il Taro.

Senza ch'io vada in Babilonia al Faro,
In Rhodo, e 'n Caria, o pur vagando altrove
Veggio le meraviglie antiche e nuove
Nel sol degli occhi vostri ardente e chiaro.

Io scerno al folgorar de' lumi onesti
La vista ricovrar gli uomini orbati,
Ridere il pianto e rallegrarsi il duolo,

E scorgo in qual maniera il fermo polo
Ratto si muova ed in qual guisa arresti
Repente Apollo i suoi destrieri alati.

[15 Di Diomede Borghesi]

Di Diomede Borghese per l'istessa signora Contessa.

 

Mentre nocchier più fortunato e degno
Di quel che forte amò l'invitto Enea
Solcando un picciol mar, donna scorgea
C'ha sovrana beltà, sovrano ingegno,
Vaghe ninfe stimar che 'l picciol legno
Onde l'acqua e la terra e 'l mare ardea
Ivi portasse l'onorata dea
Che su del terzo ciel possiede il regno.
Però sparser di fiori un nembo a prova
E quinci e quindi a la barchetta ov'era
Chi col guardo divin l'odio innamora.
Hor'a cui non parea Venere nuova
Quella dolce d'amor aspra guerriera
Le cui serene luci il sol onora?

[16 Di Diomede Borghesi]

Di Diomede Borghese Svegliato Intronato al signor Guido Coccopane fattore et castellano del serenissimo signor Duca di Ferrara.

Mentre la gloria tua spiegando l'ale
D'eterna fama si consacra al tempio,
O di raro valor perfetto esempio
Che non teme d'invidia orrido strale.

Da te, ch'hai reso a' fiumi alteri uguale
L'umil Secchia, d'onor prendono esempio
Quei che sgombrando il vano affetto ed empio
Cercan chiaro acquistar grido immortale.
 
Tu, che prudente mostri animo egregio
Debito premio a le virtù dispense,
Ch'è lor da volgar turba oggi conteso.
 
A ragion dunque il saggio, invitto Estense,
De la superba Italia unico fregio,
Di gravi cure a te commette il peso.

[17 Di Diomede Borghesi]

Di Diomede Borghese Svegliato Intronato al medesimo signore Coccopane.

Lasso, fin da primi anni ed alsi ed arsi
Per coglier frutto in Helicona eterno;
Ma che val ciò, se tanti han Febo a scherno,
Spirti crudeli a meraviglia scarsi?

Lo mio giorno seren torbido farsi
Già vidi, e 'l vago Aprile orrido verno,
Hor d'infiniti strali egro discerno
Per piagar lo mio cor fortuna farsi.

Guido, che guidi fortunata gente
Lungi da turba niquitosa e 'ngrata
Per le vestigie tue d'onore al tempio,

Ah! non ti duol che sì gravoso scempio
Sostenga indegnamente alma ben nata,
Ch'ammira il tuo valor chiaro eccellente?

[18 Di Diomede Borghesi]

Di Diomede Borghese al medesimo signor Coccapane.

Chi può, Guido, a ragion, quant'io, dolersi
Di crudel sorte? A gravi, orridi mali
Soggiace il capo, e 'l cor segno a gli strali
Di pianeti e di cieli invidi, avversi.

Io, se ben giovinetto, a Febo offersi
L'ingegno, a cui spiegato ho in guisa l'ali
Che donne e cavalier forse immortali
Lode n'avranno, e pregi alti e diversi.
 
Un raggio di virtù splender non veggio,
Che tranquillando il mio pensier turbato
L'atre mie notti dolorose aggiorni.
 
A te soccorso in tanti affanni or chieggio,
Che domita l'invidia, e vinto il fato,
Meni, carco d'onor, placidi i giorni.

[19 Di Diomede Borghesi]

Di Diomede Borghese Svegliato Intronato per lo serenissimo signor don Alfonso II duca di Ferrara.

Qui le ricchezze sue Flora e Pomona
Dispensa e corron qui nettare i fiumi,
La gloria qui tra regi, alti costumi
Mill'alme a fatti eccelsi invoglia e sprona.

Qui tien lo scettro Astrea, qui d'Elicona
Ben s'hanno in pregio e 'n reverenza i numi,
Qui splendon di prudenza eterni lumi
Sovrano han seggio qui Marte e Bellona.
 
Qui son le penne a celebrare intente,
Non già chi d'or; ma chi d'onor abbonda,
E 'l vizio è qui della virtù mancipio.
 
Mercè del chiaro e fortunato Estense;
Che l'alma del valor fregia e circonda,
Onde s'ammira ancor Cesare e Scipio.

[20 Di Diomede Borghesi]

Di Diomede Borghese Svegliato Intronato per l'eccellentissima signora donna Lucrezia duchessa di Milano.

Donna regal, che 'l cor purghi e disarmi,
D'ogni basso, tereno, impuro affetto,
E 'l generoso tuo candido petto
D'infinito valor circondi ed armi.

S'ergan fini metalli e toschi marmi
A te d'amor divino illustre obbietto,
E qual più veggia il sol chiaro intelletto
Ti sacri eccelsi ed onorati marmi.

Per te ch'acquisti le ricchezze eterne
Dando a l'alma virtù conforto e speme
Cui premea grave duol, aspra temenza,
 
Ferrara, Italia, Europa, e 'l mondo scerne
A suprema beltà congiunta insieme
Castità singular, somma prudenza.

[21 Di Diomede Borghesi]

Di Diomede Borghese Svegliato Intronato per la signora Giulia.

Come ghirlanda e fregio alta corona
Ti fanno al cor virtù candide e belle
Ond'ha beate Amor pure facelle,
Amor, ch'a seguir te m'infiamma e sprona.

Tal di leggiadra e d'immortal corona
T'ornerà Giove di lucenti stelle
La vaga fronte e 'l crin degno d'Apelle,
Per cui la terra e 'l mar GIULIA risuona.

Quando primier la tua bellezza vera
Che nel sonno maggior gli occhi m'aperse
Sembrar mi fece al sol falda di gielo,

L'errante voglia mie d'amaro asperse
Fermarsi e s'addolcir, levossi al cielo
Sopra i vanni d'onor l'anima altera.

[22 Di Diomede Borghesi]

Di Diomede Borghese Svegliato Intronato per la signora Costanza Isolana.

Luci, le cui bellezze altere e sole
Spiran COSTANTE amor, pudico e santo,
Lumi de la natura eterno vanto,
Ond'è ch'al ciel talor altri se n' vole.

Raggi, per cui tra il gielo apron vïola,
E si rallegra e ride il duolo e 'l pianto;
Stelle, dal cui splendor s'alluma il manto
De l'atra notte e s'abbarbaglia il sole.
 
Lampi, che Giove ognor guarda benigno;
Occhi, che fate d'oro il secol nostro;
Faci, l'alte cui fiamme il cor m'hanno arso.
 
Ben di lode mi sembra esservi scarso
Col dir ch'il dolce sguardo unico vostro
Fa di palustre augel candido cigno.

[23 Di Diomede Borghesi]

Di Diomede Borghese Svegliato Intronato

Luci, le cui bellezze altere e sole
Spiran leggiadro amor, pudico e santo
Lume chiaro d'Etruria, onore e vanto
Ond'è ch'uom ratto al ciel s'inalza e vola.

Raggi, per cui tra il gielo apron vïole
E si rallegra il duol, e ride il pianto:
Stelle, dal cui splendor s'alluma il manto
De l'atra notte e s'abbarbaglia il sole.
 
Lampi, dond'escon sempre aurati dardi;
Occhi, le cui facelle il cor n'han arso
Tal che tutto di fuori ancho sfavillo.
 
Ben mi sembra di loda esservi scarso
Nel dir che i dolci vostri unichi sguardi
Puon far di tempestoso il mar tranquillo.

[24 Di Diomede Borghesi]

Di Diomede Borghese Svegliato Intronato

Già segnava Ciprigna il novo albore,
E l'atra notte ripiegava il manto
Quando bramoso d'involarmi al pianto
Ragionò meco in tal maniera il core:

Deh! spegni, forsennato, il fiero ardore
E non dar loda in Elicona, o vanto
A dolci note, a sguardo altero e santo
Di chi l'orgoglio e 'l fasto appella onore.
 
Ratto squarciando un tenebroso velo
Pon freno a quei gravosi, aspri lamenti,
Che talor di pietà fermano i fiumi.
 
Ch'altri soavi e dilettosi accenti,
Altri vaghi, sereni, ardenti lumi
Daranti l'ale da volar al cielo.

[25 Di Diomede Borghesi]

Di Diomede Borghese Svegliato Intronato

Seme, del caro primo alto diletto
Ch'entro i begli orti suoi raccoglie Amore,
Odorato, immortal, purpureo fiore
Ch'ogni grave addolcisci amaro affetto.

Fiammeggiante rubin, corallo eletto,
De la terra e del mar pompa e splendore,
Bocca leggiadra, in cui per farsi onore
Pose natura un ben saldo e perfetto.
 
Se mai degnato a sì soavi baci
Io potessi gustar del puro alquanto
Nettar, che 'l cielo in te distilla e piove,
 
Vedrei l'aspre mie guerre in dolci paci
Cangiarsi, e 'n riso il miserabil pianto
Talché n'avrebbe invidia Apollo e Giove.

[26 Di Diomede Borghesi]

Di Diomede Borghese Svegliato Intronato

O per cui le vïole il pregio han tolto
Al bianco giglio, a la purpurea rosa,
E per cui la virtù lieta e pomposa
Ad onorar te stessa il mondo ha volto.

Nel tuo vago, seren, candido volto,
Ove Amor trionfante alberga e posa
Risplende un sol, cui vagheggiar non osa
Chi tra foschi pensier vive sepolto.
 
Se giamai dunque il ciel tanto m'arride
Che la mia Musa elegga incolta e tetra
A cantar tue bellezze, illustri e nuove,
 
Ben farà questa rozza, incolta cetra
Sonar le glorie tue da Battro a dove
La meta pose a' naviganti Alcide.
 
 
 
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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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