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Rime inedite del 500 (V)

Tratte da: Rime inedite del cinquecento (Bologna, Romagnoli - Dall'Acqua, 1918)

V

[1 Di Torquato Tasso]


Di Torquato Tasso

Non per crescer più sempre il mio dolore
E ne l'alma destar nuovi martiri
Potrà spegnere il ciel questi desiri
E veder poscia estinto il giusto ardore.

Di nuove forme Amor m'imprime il core
E più fiero mi stracci e mi raggiri,
Ch'al primo fin convien sol ch'io sospiri
E nel mio incendio viva a l'ultime ore.

Quanto vie più la crudeltà mi preme
Di che s'ingombra il cor, madonna, tanto
Più nel primo voler l'alma si regge.

Vinta l'ira, il desio, l'odio, la speme,
La crudeltà, l'ardor, l'orgoglio, il pianto,
Né mi consigli Amor, né mi dia legge.

[2 Di Torquato Tasso]

Di Torquato Tasso
Amorosa fenice
Nel sol, che solo adoro,
Ardendo vivo e moro,
E morendo rinasco, e volo, e canto,
Fatto cigno canoro,
Il suo bel nome santo,
Amor, s'in altro lume
Arder non so le piume,
Perché della mia donna angel mi fai,
E non m'arridi in quel bel seno mai?

[3 Di Torquato Tasso]

Di Torquato Tasso

Pregato avessi un cor di tigre, o d'orsa
Mentre tra voi mi vissi, Euganei colli,
Prima che 'l cor dolente e gli occhi molli
Portar per lei, che la mia vita inforsa.

Che quest'alma infelice a languir corsa
Come piacque a mia stella, anzi io pur volli,
Dopo vane speranze e pensier folli
D'un sospir sarìa stata almen soccorsa.

Voi dunque, voi d'ogni pietade ignudi
Dove raggio d'amor non scalda, o luce
Fuggo e ricolgo altrove i pensier miei.

Via più d'Acrocerauno infami e rei
Colli, poi che natura in voi produce
Sì fieri mostri in vista umana e crudi.

[4 Di Torquato Tasso]

Battista Guarino

O nel silenzio tuo, lingua bugiarda
Dove or son le promesse e gli ardimenti?
Com'esser può che ne le fiamme ardenti
Onde tutto avvampo io, tu sol non arda?

Allor tu stai più neghittosa e tarda
Che con sguardi amorosi e cari accenti
Par che madonna accenni a' miei tormenti
Quella pietà che poi per te si tarda.

Ma se muta sei tu, sian gli occhi nostri
Loquaci e caldi, e 'n lor le sue profonde
Piaghe e l'interno duol discopra il core.

Non è sì chiuso, o sì secreto ardore
Ch'un ciglio a l'altro non riveli e mostri
Là dove Amor vera eloquenza asconde.

[5 Di Battista Guarini]

Di Battista Guarino. Risposta a Torquato Tasso.
Questi, ch'indarno ad alta meta aspira
Con l'altrui biasmo e con bugiardi accenti
Vedi come 'n sé stesso arrota i denti

Mentre contra ragion meco s'adira.
Già il suo veneno in lui ritorna e gira,
E par che l'arme in sé medesmo avventi,
Già le menzogne sue quasi lucenti

Cristalli sono, ov'ei si specchia e mira.
Di due fiamme si vanta, e stringe e spezza
Più volte un nodo e con quest'arti piega,

Chi il crederebbe? a suo favor gli dei.
Amor non, che per alma a furti avvezza
Sì bella donna egli non scalda e lega
Premio de' casti e fidi affetti miei.

[6 Di Ercole Cavalletto]

Del Cavalletto Humile accademico sopra il poema eroico di Torquato Tasso.

Se gli affetti d'Amor cantando scrivi,
Tasso, se l'onestà di donna bella
In quegli i furti, i fochi e le quadrella
Si veggon, gli atti in questa onesti e schivi.

Se fiume, o selve a noi mostri, o descrivi,
Se di turbato mar dubia procella
S'armati cavallier, pedoni, o in sella
Tutti a gli occhi mertai paiono vivi:

Ma se canti talor (tratto in disparte)
L'arme, e se muovi con la penna altieri,
Quinci Bellona e quindi irato Marte

Hanno tanto del vero i tuoi pensieri,
E pingi in guisa, e dai nome a le carte
Ch'altri non fia che d'agguagliarti speri.

[7 Di Torquato Tasso]

Sonetto sopra le confine poste tra Ferraresi et Bolognesi l'anno 1579.

S'empia cagion de' nostri antichi affanni
Tuo mio fervendo in quest'e in quella parte
Ne i confini accendea, Megera e Marte
Per meta e spazio indegno e dati danni,

Squarciato ne portava il petto e i panni
Il donno e il servo, e con la solit'arte
Il togato vendea menzogne e carte
Indarno consumando i mesi e gli anni.

Alfin giustizia e pace aprendo un giorno
Dopo tenebre tante almo e sereno
A bearne dal ciel duo nominaro,

L'uno d'alta virtude ed ostro adorno,
Di valor l'altro, e i termini fermaro
Al Tebro cari, al Po giocondi, al Reno.

[8 Di Torquato Tasso]

Quando il Po entrò in Ferrara del 1592.

Se quelle genti, o Po, timide rendi
Ch'han de' più forti di per tutto 'l grido
Anzi la lor' città, m'è ferreo nido
Ad ogni moto tuo sì forte offendi.

Chi non vede che 'l titol regio prendi
Tra tutti i fiumi che ben nel tuo lido
Trenta d'essi ti seguon per lor fido
Duce real ch'al mar con lor t'estendi.

Onde si vede ben l'alto valore
Tuo, che supera quel delle salse onde
U' fu l'intrepido Icaro sepolto,

Poiché Fetonte non senza pallore
Fulminato da Giove in le tue sponde
Lì caramente fu da te raccolto.

[9 Di Torquato Tasso]

Di Torquato Tasso

Questa terrena ed infiammata cura,
Padre del ciel, che 'l ver di nebbie adombra
Volgi in foco celeste, e spegni l'ombra
Che 'l tuo lume divin mi vela e fura.

Tu vedi ben di che letale e impura
Fiamma con un sol guardo Amor m'ingombra,
Scaccia dal cor l'empio tiranno e sgombra
Col tuo lume vital quest'empia arsura.

Che se tant'arse l'alma ai raggi suoi
Tra le nubi d'un volto ottuso e spenti
Che fia, se 'l vero sol la scorge e infiamma?

Signor, l'esca mortal de' sensi ardenti
Intepidisci e purga tu, che puoi
Trae d'immonda favilla eterna fiamma.

[10 Di Torquato Tasso]

Alla signora ...

Io son, Tiresia, del piacere altrui
E del vostro piacere giudice esperto,
Ch'ora son uomo, e donna un tempo fui,
E del giudicio ebbi il castigo e 'l merto.
Né cieco son, come rassembro a vui,
Però che ho l'occhio interno al vero aperto.
Questa è, Manso, mia figlia e cara scorta
E Giove è suo e 'l sacro augello il porta.
E conduciamo a le famose rive
Un gentil cavalier fra gli altri erranti,
Donne leggiadre, anzi terrene dive,
Per riprovar gli altrui superbi vanti,
Perché quanto il sol gira oggi non vive
Fede maggior tra valorosi amanti,
E Venere l'affida, e insieme il figlio
Ond'egli spera uscir d'ogni periglio.
Ha gigli e rose, e bei rubini ed oro,
E due stelle serene e mille raggi
Il bel volto purpureo e bianco viso
E la sua primavera è suo tesoro,
E gemme i vaghi fiori e i lieti maggi
Lucide fiamme son di paradiso;
Ma il più bel pregio è la virtù de l'alma
Ch'è di sé stessa a voi corona e palma.
La natura v'armò, bella guerriera,
E i guardi sono strali, e nodi i crini,
E le due chiare luci ambo facelle,
E in vostro campo e ne la prima schiera
L'onor, la gloria, e sono lor vicini
Gli alti costumi e le virtuti anch'elle
Et un diaspro intorno il cor v'ha cinto
E voi sete la duce, Amore il vinto.

[11 Di Torquato Tasso]

All'illustrissimomo cardinale Albano.

Mente canuta assai prima del pelo,
Pieno di maestà, sereno aspetto,
Cui non perturba mai soverchio affetto,
Né ti nasconde il ver sotto alcun velo.

Santo amor de la fede e santo zelo,
Di morte sprezzator; costante petto,
Lingua che ben comparte alto concetto,
ALBAN, son doni a te dati dal cielo.

E s'uom s'avanza per umana cura
Tu gli accresci così, che Roma pote
Solo capirti, o fortunato vecchio,

E Roma in sé t'esalta, e 'n lei più note
Son tue virtuti, a cui far bella e pura
Io quest'alma vorrei, com'a mio specchio.

[12 Di Torquato Tasso]

In morte della signora Ginevra Teodola.

Gentilezza di sangue, animo adorno
D'ogni più grazïoso, alto costume,
Che spargeva per gli occhi un chiaro lume
Di sua bellezza et illustrava intorno.

Fer' dolce invidia un tempo e dolce scorno
A chi l'un pregio e l'altro aver presume
Sin che spiegasti al ciel l'eterne piume
Da la prigione ove facei soggiorno.

Ed or Forlì, che fece a l'alma bella
Il carcer vago, alle tue care membra
Orna piangendo la dolente tomba,

Ginevra, e de' tuoi merti ei si rimembra,
E l'orba madre tua nel pianto appella
Col nome stesso che per te rimbomba.

[13 Di Alessandro Bovio]

Del Bovio Sereno Academico sopra il poema heroico di Torquato Tasso.

Mentre ch'aspira a nove prede Amore
E spiega a l'aria il volo, e intorno gira
Sovra l'altiero Po si ferma, e mira
Quasi presago di novello onore.

Ivi s'asside e sparge arabo odore
A l'onde, ai campi, e 'l bel paese ammira,
E fra sé dice: Apollo ha qui la lira
Riposta e l'alto suo santo furore.

A queste voci mormorando l'acque
Risposer liete: È ben felice il loco
Ove tu sel, poi che di te l'onori.

Ma non felice men poi che 'l tuo foco
Canta il gran Tasso, che d'eterni onori
Cinse Goffredo. Amor sorrise e tacque.
 
Tratte da: Rime inedite del cinquecento (Bologna, Romagnoli - Dall'Acqua, 1918)
 
 
 
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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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