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La Bella Mano (036-040)

Post n°745 pubblicato il 07 Dicembre 2014 da valerio.sampieri
 

La Bella Mano di Giusto de' Conti

XXXVI

Se a pietà mai ti volse altrui martire,
O caro mio tesoro, o sol mio bene,
Per Dio, soccorri tosto alle mie pene
Prima che l'alma triste al fin suo spire.

Perduto ho in tanti guai l'usato ardire
Ma sol per te mia vita si mantene,
In te s'affida la tradita spene,
Onde mi nacque al cor l'alto disire.

Guarda s'io son suggetto a grave stratio,
Che a pena tanto spirto omai m'avanza,
Che basta a dir: soccorri, aita, aita.

Ma se mia fede è vana, et mia speranza.
Or duolti che il tuo orgoglio non sia satio,
Et vedi quanto è misera mia vita.

XXXVII

Occhi sereni, donde il cor m'accende
Amor sì novamente, ch'io nol sento;
O singular, ligiadro portamento,
Che adorna le onorate et bianche bende;

O man leggiadra, onde mi lega et prende
Amore in guisa, ch'io ne son contento;
O angeliche accoglienze, o dolce accento
Di quel parlar, che infino al ciel s'intende,

De i miei lamenti, se la voce udita
Fosse tanto alto, infino al cielo omai
Di vostre lodi n'andaria la fama.

Ma pur col buon voler, fra tanti guai,
Per farti onore quanto può s'aita
La lingua che il bel nome sempre chiama.

XXXVIII

O luci belle, che nel mio dolore
Sete contro al dover sempre sì accorte;
O fronte peregrin, dove ha mia morte
Colla sua man dipinta il mio Signore,

Se l'affannata mente, e il debil core
Non m'ingombrasse altra beltà più forte,
A voi consacraria, mie fide scorte,
Lo ingegno e i miei pensier per farvi onore,

E a voi, labre di rose, onde parole
Sì care sì leggiadre et sì soave
Forma tanto altamente Amor senza arte.

La man, che del mio petto tien la chiave,
Né per suo servo mi ritien, né vuole
Che d'altri io parle et scriva in tante carte.

XXXIX

Un parlar più che umano, un falso riso,
Un peregrin pensero, un dolce sdegno,
Un nuovo portamento onesto et degno,
Mille vaghi fioretti in un bel viso,

Un volger lieto, un mirar crudo et fiso,
Un chiaro impallidir di beltà pregno,
Un singular costume, un sacro ingegno,
Che rimembrar ne fan del paradiso,

Un casto orgoglio, una spietata mente,
Un disiar troppo altamente onore,
Et dispregiar quel ben dove altrui spera,

Son le catene, che per man d'amore
Già m'han sì stretto intorno al cor dolente,
Che a forza converrà che amando pera.

XL

Quanto può il ciel, natura, ingegno, et arte,
Le stelle, gli elementi, uomini et Dei,
Raccolto ha interamente in sé costei;
Per che convien che pianga in mille carte.

Beato chi la vede, et ogni parte
Che tocca i suoi bei piedi, e i pensier miei,
Che d'ogni tempo sol parlan di lei,
Et parleranno in mille rime sparte.

Human pensiero a pien non può ritrarla,
Et meno il parlar nostro ha le parole,
E il basso imaginar non va tanto alto.

Dentro da gli occhi suoi si vede un Sole,
Che fa sparir quest'altro, et quando parla
Poria col dolce suon spezare un smalto.

 
 
 
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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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