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Giovambatista Ricchieri (29-32)

Post n°720 pubblicato il 02 Dicembre 2014 da valerio.sampieri
 

Giovambatista Ricchieri (29-32)

Nello stesso soggetto.
(La vanità della Filosofia.)

XXIX.

La superbia dell'Uom vana si crede,
Che quanto mai dalla gran mano uscìo
Del Divin Fabbro, e che nel Ciel si vede,
Abbia tutto per lui creato Iddio.

E così vaneggiando ei non s'avvede,
Che siegue un cieco e lusinghier desìo;
Mentre neppur qui, dov'ei ferma il piede,
Di lui può dirsi questo suol natìo.

Saran dunque per noi gli Astri del Polo,
E il vasto Ciel, se a quelle vie serene
Giunge de' nostri guardi appena il volo?

Ma siam, qual'era un Uom noto in Atene,
Che, stolto, si credea giunta a lui solo,
Se mai Nave approdava a quelle arene.



L'Anima.

XXX.

Dell'Alma, o Cinzia, luminosa e bella,
Che vive in te di mille pregi adorna,
Chi ne ha viva l'idea? chi sa, com'ella
Al fral s'unisce, e come in te soggiorna?

Altri già la credea raggio di stella,
Che dal mortal disciolta al Ciel ritorna:
Altri dicea, che lo splendor di quella
Avviva gli occhi, e un vago viso adorna.

Ma più che i Saggi van di lei dicendo,
Per darne chiara al mio pensier l'idea,
Più mi confondo, e meno ognor ne intendo.

So ben ch'ella è immortal: che Iddio la crea
Per principio di vita; e a scherno prendo
Le fole tutte della Scuola Achea.



Esistenza di DIO.

XXXI.

S'ergo mai gli occhi al Cielo, io veggo il Sole,
Sorgente eterna d'inesausta luce;
E s'a'miei sguardi avvien ch'egli s'invole,
Folta schiera di stelle alto riluce.

Errano gli Astri per le vaste e sole
Vie, ma ignota è la man, che li conduce:
S'aggira intorno ognor quest'ampia mole,
E il suo moto la notte e il giorno adduce.

Veggo infinito Popolo vivente,
Monti, che in sen chiudono gemme ed oro,
E i muti abitator dell'onda algente.

Il Fabbro non vegg'io del gran lavoro:
Ma conosce, e non può negar la mente
Una prima Cagion, che sola adoro.



DIO UNO.

XXXII.

È solo un Dio, che animator possente
Con la luce avvivò la massa impura
Del Mondo informe, il Sol cinse d'ardente
Fiamma a sgombrar l'orrida notte oscura.

Da lui solo ebbe spirto ogni vivente,
E dal suo fiato Creator la pura
Alma s'accese in noi. Pur cieca gente
V'è, ch'altri Numi al suo pensier figura.

Né san questi veder tra i folgoranti
Lumi del Cielo, e in mille opre leggiadre
Impressi del Divin Fabbro i sembianti;

Ma son qual figlio d'impudica madre,
Che idolatra di lei tutti gli amanti,
Perché tra lor crede si trovi il padre.

Giovambattista o Giovambatista Ricchieri
Tratto da: Rime filosofiche e sacre del Signor Giovambatista Ricchieri Patrizio Genovese, fra gli Arcadi Eubeno Buprastio (Genova, Bernardo Tarigo, 1753)

 
 
 
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