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« Isabella AndreiniA chi tocca 'n se 'ngrugna »

Il Dittamondo (1-02)

Post n°656 pubblicato il 21 Novembre 2014 da valerio.sampieri
 

Il Dittamondo

di Fazio degli Uberti

LIBRO PRIMO
CAPITOLO II

Dal sonno sciolto e sviluppato m’era, 
quand’io udii sonar tra’ verdi rami 
la dolce melodia di primavera. 
Al vago canto subito volta’mi, 
rimembrando il piacere e ’l gran valore, 5 
per lo qual giá soffersi seti e fami. 
Qui provai io il ver: che, poi ch’amore 
s’è barbato nel cor, a che fatica 
si può schiantar, che non germogli il fiore.
Ma pur non punse sí la dolce ortica, 10 
ch’io non tornassi a quel disio proposto, 
del quale in me giá granava la spica. 
E come meco fui, altresí tosto 
tolsi l’udir da quel soave canto, 
tolsi l’imaginar, ch’io v’avea posto, 15 
e levai gli occhi e vidi che giá tanto 
era alto il sol, che sopra l’orizzonte 
parea salito il Toro tutto quanto. 
Poi ritornai vèr la terra la fronte, 
per rimembrare il sogno e le parole 20 
di questa donna, sí come l’ho conte. 
E qual se ciò mi piacque intender vole, 
pensi quanto fu lieto allor Ioseppo 
che ’l sogno fe’ de la luna e del sole. 
Io mi levai diritto sopra un ceppo, 25 
per divisar qual fosse il mio cammino: 
e d’ogni parte m’era il bosco e ’l greppo. 
E come avièn talora al pellegrino, 
che ha perduta la strada e che non vede 
cui dimandare, né per sé è indivino, 30 
che ricorre a quel Ben, ch’egli ama e crede, 
e, con pura e devota intenzione, 
e consiglio e soccorso li richiede, 
cosí mi puosi allora in ginocchione, 
le mani aggiunte, e, con fermo disio, 35 
incominciai cotale orazione: 
"O somma, o prima luce, o vero Dio, 
che ’n Ararat salvasti e conducesti 
l’arca e Noè, quando ogni altro perio, 
e ’l popol tuo del mare a pie’ traesti 40 
nutricandol di manna, in fin ch’apresso 
ne la terra promessa il conducesti, 
e che a Tobia Rafael per messo 
e per guida mandasti, onde pervenne 
a piú che ’l padre non li avea commesso, 45
e che Abraam salvasti, quando tenne, 
per campar Loto, dietro da gli Assiri 
con la gran fede e con le poche penne, 
fa’ che per grazia tanta luce spiri 
da gli occhi tuoi ne’ miei, che senza velo 50 
del mondo scorga tutti quanti i giri. 
Te, padre, invoco, Te, fattor del cielo, 
come solean gli antichi a simil peso 
chiamar Appollo, Iuppiter e Belo". 
E com’io stava al prego sí sospeso, 55 
a gli occhi un lume subito m’apparve 
qual par balen, che vien per l’aire acceso. 
E giunto, altresí tosto via disparve: 
vero è che, esso apparendo in mia presenza, 
una boce che disse udir mi parve: 60 
"Paura, vanitá e negligenza 
fa che tu sdegni e in cui preghi spera, 
se vuoi di quel che brami esperienza". 
Cosí la grazia de la somma spera 
m’aperse lo ’ntelletto oscuro e bruno, 65 
confortando la donna, che quivi era. 
E dove pria parea pur bosco e pruno, 
vidi sí sciolta e aperta la strada, 
ch’io rendeo grazia a Quel ch’è tre e uno. 
O vivo amore, come cieco bada 70 
qual fugge Te e pon la sua speranza 
nei ben mondan, che son men che rugiada! 
Lettor, pensa per te quanta baldanza 
a seguir la mia impresa presi allora, 
ch’io non tel saprei dir per somiglianza. 75 
Su mi levai, che piú non fei dimora, 
e trovai me a seguitar la voglia 
tanto legger, che me ne segno ancora. 
Né spino a’ piedi, né a gli occhi foglia 
mi facean noia, ond’io seguiva il passo 80 
senza fatica alcuna e senza doglia. 
Dinanzi a una croce, a’ piè d’un sasso, 
un romito trovai, che ne l’aspetto 
per lunga etá era pallido e lasso. 
La bianca barba gli listava il petto 
e i cigli tanto li cadeano in gioso, 
che gli erano a la vista un gran difetto. 
"O padre, che vi state sí nascoso 
in questo bosco, in tanta penitenza, 
solo per acquistar l’alto riposo, 90 
da poi che Dio ne la vostra presenza 
condotto m’ha di loco assai lontano, 
piacciavi darmi di voi conoscenza". 
Cosí ’l pregai; ond’ello con la mano 
lo palpir prese e la vista scoperse; 95 
poi mi guardò con volto onesto e piano. 
Apresso disse: "Di parti diverse 
son qui venuto, com piace a Colui 
che per noi morte a la croce sofferse. 
Polo è ’l mio nome e onde e chi giá fui 100 
qui piú non dico. Ma tu come vai 
sí sol per questi boschi oscuri e bui?" 
La vita e la mia mossa li narrai 
a parte a parte; ond’ello a me ne venne 
e, con dolci parole e care assai, 105 
la notte seco ad albergar mi tenne.

 
 
 
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