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Picchiabbò 001

Post n°433 pubblicato il 29 Agosto 2014 da valerio.sampieri
 

1 - Dove chi legge vede in che maniera le pirolette fanno fa' cariera.

C'era una vorta un Re che se faceva chiamà Pipino decimosesto perché c'ereno stati una quindicina de Pipini prima de lui. Come omo era piuttosto bruttarello perché ciaveva un pappafico rosso fatto a tirabucione che faceva ride puro a vedello aritrattato su le carte da mille. Però era così bono che se poteva beve in un bicchier d'acqua. Solamente quanno je parlaveno de pijà moje, je zompaveno certe fotte da tajalle cor cortello.

Nessuno se spiegava er perché de st'impuntatura. Er governo ce s'era impensierito e la masticava male e, più de tutti, chi faceva foco dall'occhi era er Ministro de le Finanze ch'aveva pijato un mezz'impegno co' la principessa Mariantonia, ossia co' la fija der Re Teopompo. Teopompo ciaveva er regno accanto a quello de Pipino, ma co' tutto che fussero alleati nun c'era mai stato da di' gnente fra de loro. Re Pipino, che era un sovrano pacifico, per esse più tranquillo, aveva abbolito la dipromazzia. Re Teopompo, invece, nun pensava che a fà la guerra e voleva che li sudditi annassero tutti vestiti da guerrieri coll'abbito de ferro battuto; così, in quer paese, li sartori veri erano li fabbri-ferari e li stagnari.

La principessa Mariantonia era tanto bella che quanno rideva j'usciveno li razzi de sole da la bocca e abbisognava guardalla co' l'occhiali affumicati. Ciaveva un nasino profilato che pareva fatto solamente pe' sentì l'odori boni e certi occhioni turchini che ce potevi fa' li bagni de mare. Ma ortre d'esse bella, portava un buggerìo de mijoni de dote e, pe' l'appunto, er Ministro de le Finanze de Re Pipino voleva combinà 'sto pangrattato reggio pe' riarzà le sorti der Paese e pe' pijasse, come usava allora, la percentuale su l'affare. Pipino, però, arimaneva duro e quanno lo toccaveno su quer tasto cambiava discorso, je pijaveno le paturgne reali e, co' la scusa che ciaveva li dolori de panza, se n'annava a letto difilato. Oppuro diceva ar Ciambellano:

- Chiamateme er nano Picchiabbò.

Trilussa
da "Picchiabbò", Edizione d'arte Fauno, Roma, 1927, pagg. 8-10.

Note.

Il linguaggio usato da Trilussa è molto simile all'italiano e differisce di parecchio da quello dei suoi predecessori (Belli, Zanazzo, Pascarella). Al tempo di Trilussa non era ancora invalso l'uso di non raddoppiare la lettera erre e difficilmente si trovano termini di ardua comprensione. Nel testo ho contrassegnato in neretto le parti che ritengo più divertenti.

Piccolo glossario:
a vedello aritrattato = a vederlo ritratto
j'usciveno li razzi de sole = le uscivano i raggi di sole
portava un buggerìo de mijoni de dote = portava in dote parecchi milioni

 
 
 
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