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piccole pieghe e grandi magie....
 
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Paura del buio e incubi notturni....

Post n°517 pubblicato il 12 Settembre 2016 da NoRiKo564

 

 

Aveva vinto la paura del buio, tantissimi anni prima, per una sfida che le avevano gettato i suoi genitori.
Lei a cinque anni, forse la consapevolezza di avere un carattere testardo ancora non ce l’aveva e accettare quella sfida era stato forse più un gioco che una reale prova di coraggio.
Certo che non ci aveva messo molto ad abituarsi a dormire in una stanza da sola al buio, anche per le tante rassicurazioni che le venivano fatte ogni notte dai suoi genitori e per le periodiche  ispezioni serali  sotto il letto, dietro le tende e dentro gli armadi, assicurandosi che non c’era nascosto nessun mostro o fantasma che potesse apparire a turbare i suoi sonni.
Con il tempo le ispezioni si erano rarefatte fino a scomparire del tutto: tanto non ci trovava mai niente!

Con il passare degli anni, il buio non era più stato un  problema per lei, anzi, le piaceva girare per casa a tentoni la notte,  quando si alzava per andare in bagno e non era un problema passeggiare intorno a casa dopo una certa ora e non era nemmeno spaventata di trovarsi in auto in strade solitarie e scure…aveva una convinzione ferrea che niente e nessuno potesse farle del male.
Il suo motto era: Male non fare, paura non avere.
Ecco perché quella notte si svegliò terrorizzata, ansimante con il cuore in tumulto.
Un banale incubo.  Proprio banale no, diciamo che fu il suo primo incubo da che si ricordava.
Questo lo rendeva un fatto assolutamente straordinario.
Nell’incubo si trovava al buio, in una casa che poteva essere la sua o anche no, alla ricerca affannosa del suo cellulare per illuminare l’ambiente e capire cosa fosse successo.
Il cellulare restava assolutamente muto e spento.
Si aggirava per casa con la sensazione forte di una presenza (non tanto umana a dirla tutta).
Dei fantasmi aveva ancora paura e di tutto quanto riguardava l’occulto, ma santoiddio era ben sveglia e consapevole che i fantasmi non esistevano o se esistevano erano  solo al cinema per esigenze di copione.
Con questa certezza granitica e piena di coraggio perché si muoveva in un ambito che non la spaventava, si ritrovava a cercare  a tentoni qualcosa per illuminare la stanza.
All’improvviso si sentiva stringere i polsi da un paio di mani guantate e ossute(non magre ma proprio mani di sole ossa), che la trattenevano con una forza incredibile, il terrore che iniziava a salire e la voce che non voleva proprio uscire. Il suono le moriva in gola, fino a quando un suono irreale che non le apparteneva le usciva dalle labbra, lo udì chiaro riecheggiare nella stanza dove stava dormendo.
Aprì gli occhi, di nuovo quel maledetto buio che l’avvolgeva, cercò il cellulare, la luce del display illuminò la stanza dandole un aspetto spettrale,  cercò l’interruttore della abat-jour e lo accese.
Aveva avuto un incubo, solo un incubo.
Ritrovò il suo ambiente, le cose che le erano familiari, si accarezzò i polsi rabbrividendo, perché ancora percepiva quella stretta mortale.
Si alzo’ per bere un po’ d’acqua, tornò nella stanza e iniziò ad ispezionare sotto il letto, dietro le tende e dentro gli armadi. Era sicuramente sola in quel momento. Ma prima?

 



 

 

 
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