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Tatiana e la sinfonia in 't'.

Post n°2495 pubblicato il 19 Marzo 2023 da fedechiara
 

Creativi buontemponi - 19 marzo 2014

Non so chi sia il 'creativo' a cui è stata commissionata la 'pubblicità progresso' che afferma l'importanza di votare alle europee, ma se lo conoscessi gli chiederei perché mai ha scelto il dialetto veneto di quella madre che ricorda al figlio che 'xe importante le elessioni europee, perché ti pol votar 'e petissioni' - e presentare la propria candidatura, ca va sans dire. Come se si trattasse della ricerca di un impiego e di una facile opportunità da cogliere 'in Europa', - la nostra super madre che ci obbliga a 'fare i compiti in casa' ed essere più ordinati nei conti e negli sforamenti deficit/pil e più efficienti nella spending review.
E invece, per candidarti, devi fare la gavetta in un partito indigeno rampante e aggressivo e che abbia una buona possibilità di 'superare il quorum' europeo - e devi competere con giovanotti e signorine aggressivi/e e preparati/e che aspettano da anni il loro turno e il loro momento di gloria, - se ne faccia una ragione quella madre e il suo figlio veneto che la pubblicità progresso presenta come due contadini un filo beoti e finalmente risvegliati da un sonno di secolari sudditanze e sogni malati di secessioni e 'indipendenze' lombardo-venete.
Il dialetto veneto si porta dietro, da sempre, la maledizione delle sue sonorità strascicate e mollicce che ne hanno fatto un logo della bonomia beota del gondoliere che esclama: 'I me gà sugà el canal!' o quell'altro slogan da latte alle ginocchia: 'Mi 'a so veneto e ti?' - che, appena pronunciato da un venetista-indipendentista verace, ti viene la voglia di rinnegare i tuoi natali e le forzate appartenenze storiche tre volte al dì prima che il gallo canti.
Non che il genovese sia meno ridevole e bonariamente beota, per carità, o il torinese, nell'uso che ne fanno i suoi comici, ma vi ravviso echi e rimbalzi di ironia e staffilate satiriche che al veneto mancano - fatti salvi certuni cantautori recenti che hanno firmato canzoni di vigorosa protesta politica e civile, mi dicono e ne prendo atto. Però la predilezione basica del 'Marieta monta in gondoea' è sempre in agguato e torna nel reggae accattivante di quel gruppo che lamenta: '(…) ti ta morti Tatiana, ti ta tatua ea teta.' Una sorta di vigorosa 'sinfonia in 't', avrebbe chiosato il mio professore di esegesi poetica delle medie.
Io, però, appartengo alla scuola e corrente di pensiero di quei valorosi che vollero fosse 'fatta l'Italia' e, una volta fatta, lamentavano che fosse più difficile 'fare gli italiani' dipoi. La maledizione delle piccole patrie e del dialetto che si succhia col latte materno che nessuna proclamazione nazionalistica e nessuna Grande guerra e i confini sulle Alpi strappati agli Imperi riesce ad estirpare, figurarsi le recenti e indigeste superfetazioni europee.
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