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Giustizie improbabili e gente schizzata.

Post n°2297 pubblicato il 02 Novembre 2022 da fedechiara
 

'Ehi, Dixon, sicuro che vuoi uccidere questo tizio?' ' Non proprio. E tu?'. 'Non proprio. Ci rifletteremo durante il viaggio.' - 'Tre manifesti a Ebbing, Missouri.'
Sono sicuro che, se capitassi a Ebbing, Missouri, nel corso di un mio viaggio colà non avrei le stesse impressioni che mi ha suscitato il film di cui vi parlo. D'altronde la Venezia onirica e lunare del film di culto 'Pane e tulipani,' non è la stessa Venezia che frequento e che mi ha dato i natali. Soldini vi ha fatto scomparire i turisti: roba marziana, da Oscar e Nobel per la rinascita delle città future. I migliori registi si prendono parecchie licenze, sapete, quando narrano le loro storie.
E tuttavia una certa idea di città, in qualche modo reale, ci viene dalla descrizione chirurgica che vi si fa mediata dai personaggi del film. C'è una stazione di polizia, un negozio di chincaglieria dove lavora la protagonista e perfino una agenzia che si occupa di affittanze e della cartellonistica pubblicitaria – e il solito bar e un ristorante, naturalmente.
E i personaggi sono gente determinata: dialoghi durissimi, niente 'mezze misure' e falsi rispetti e confronti sempre al calor bianco e quasi tutti 'fuori di testa' - ma quello specialissimo essere 'fuori di testa' che è contenuto nell'assunto basico del film: sollecitare e ottenere giustizia.
Una certa idea di giustizia – non certo quella a cui ci hanno abituato i nostri molli magistrati che la recitano imperturbabili e lunari 'in nome del popolo italiano' - e ci fanno tanto incaxxare per la colossale bugia retorica.
E nel film vi è uno speciale omaggio alla forza dei media e allo stimolo che costituiscono nei confronti dei 'pubblici poteri' – perché solo un servizio giornalistico della televisione locale riesce a dare visibilità polemica ai 'tre manifesti' collocati lungo una strada dove non passa nessuno.
E' una madre afflitta da sensi di colpa quella che quei manifesti ha voluto e pagati a caro prezzo: enormi e rossi come il sangue e il lutto delle parole in nero a caratteri di scatola a stimolare ulteriori indagini, a chiedere conto a quei poliziotti, in primis allo sceriffo Willoughby: 'Stuprata e bruciata. Ancora niente indagini, sceriffo?'.
E la straordinaria durezza dei primi piani della protagonista (Frances McDormand, un meritatissimo oscar alla sua recitazione) ci dicono che non ha elaborato il senso di colpa per aver negato la macchina e lasciato andare a piedi la figlia incontro al suo destino di stupro e orribile morte.
E la figura dello sceriffo Willoughby ci commuove del pari, per il suo destino di morte annunciata e vita sospesa e il suo porvi fine volontaria - e il suo costituirsi post mortem, mediante le sue epistole, a 'coro' maieutico della tragedia che collega i personaggi tra loro e li conduce per mano alla catarsi finale.
E un Oscar per la mirabile recitazione e caratterizzazione del personaggio è andato anche all'attore Sam Rockell che ha interpretato Dixon, il poliziotto schizzato che si ravvede, alfine, e si avvia con la protagonista 'on the road' (un must del cinema americano) a prendersi una giustizia improbabile e traslata su uno stupratore che ha stuprato un'altra vittima altrove, in un 'paese caldo', forse l'Irak della maledetta guerra americana e diventa il capro espiatorio di un maledetto caso irrisolto e che ci lascia l'amaro in bocca.
Uno specchio tragico della realtà americana, una regia straordinaria (Martin Mc Donagh) il premio per la miglior sceneggiatura originale e un profluvio di altri premi.
Da rivedere e rivedere ancora negli annali dei migliori films della nostra vita.

 
 
 
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