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Dialogare con le carmelitane.

Post n°1699 pubblicato il 22 Luglio 2021 da fedechiara
 


Non credo negli esseri umani (e ne ho ben donde). 20 luglio 2016

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Ho rivisto, ieri sera, su Raistoria, un filmetto del 1960: 'I dialoghi delle Carmelitane' con una convincente Alida Valli ed una maiuscola Jeanne Moreau. Storia di obbedienze secolari e fedi vetuste e di martirii e decapitazioni a quintali, entrambi degni di miglior causa.
Avevo 11 anni, la prima volta che lo vidi, ed ero chiuso in collegio da sette, sarà per questo che quel film mi commosse fino alle lacrime e meditai di 'farmi prete'? Passare dalla parte dei carcerieri è pur sempre una soluzione per i carcerati. Chissà che tipo di prete sarei stato.
Di lì a poco, raggiunti i quattordici anni, uscito di prigione e consegnato ai domiciliari di un padre per caso, il prete di religione mi cacciò dalla classe durante la sua ora perché le mie domande sulla congruità di certuni misteri della fede lo mettevano in imbarazzo e disturbavano la sua predicazione apodittica. Tu vedi i casi della vita.
Il film, per tornare a bomba, è narrazione essenziale di una vita claustrale (il Carmelo, parto mistico di una suor Teresa divenuta santissima), ma, in, parallelo, vi scorrono le vicende essenziali di una Rivoluzione (con la maiuscola perché prima della modernità e di forma compiuta) e le mille decapitazioni che la sostenevano.
E, grazie a quel film (e ai libri di storia), sappiamo che ai rivoluzionari e al popolo che li sosteneva erano invisi i preti e le suore e quei tali fanatici che intonavano il mitico : 'Ah ca ira, ca ira, ca ira!' non vedevano l'ora di insorgere e distruggere chiese e monasteri che ospitavano i privilegiati di sempre.
E' pur vero che preti e suore, in gran numero e per forza di tradizionale compromissione con il potere politico, si schierarono con la fazione guelfa degli aristocratici che impugnarono le spade e gli schioppi in Vandea e diedero filo da torcere ai rivoluzionari, ma davvero tutte quelle teste mozzate del film ci commuovono e, col senno di poi, consiglieremmo a Danton, Marat e Robespierre in pubblica Assemblea una opportuna moderazione che ce li renderebbe più umani - e il Mengoni li potrebbe includere negli 'esseri umani' in cui dice di credere a gola spiegata.
E una riflessione a margine sulle vicende tragiche della cruentissima Rivoluzione Francese ci fa osservare, stupiti, come tutto quell'odio sanguinario fosse latente e in ferino agguato nei pensieri nascosti del popolo affamato - pio e obbediente ai padroni aristocratici fino a sei mesi prima del deflagrare degli eventi della Bastiglia e l'assedio con le picche e i forconi alle regge e ai palazzi del potere.
Un popolo che pur frequentava le cattedrali e i templi votivi e onorava i santi e i crocefissi e consegnava gli ex voto e le offerte alla 'sua' Chiesa.
E i crocefissi e le immagini dei santi, nel film, li vediamo abbattuti nella polvere come le statue degli odierni 'black lives matter' e divelte le grate del Carmelo - e ci chiediamo dove stia di casa la coerenza e se quei rivoluzionari assassini e distruttori di sacre immagini e persecutori di preti e suore si siano poi pentiti, in punto di morte, e abbiano fatto ammenda dei loro peccati politici e chiesto l'assoluzione.
Alla luce di tutto ciò esposto e riassunto mi sento di riaffermare che: 'non credo negli esseri umani', bensì in una certa idea di umanità futura che raddrizzerà alla bene-meglio il suo storico 'legno storto'. Chi vivrà vedrà.
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