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« Ladri, libri e follieI generali e le battaglie »

A proposito di rom

Post n°824 pubblicato il 09 Aprile 2019 da fedechiara
 

C'è una visione buona e dolce dei rom o 'zingari' che dir si voglia (noi gente 'normale' non distinguiamo tra stanziali e vagantes, non entriamo nel merito delle diversità interne a quel 'popolo' che pur ci sono e sarebbe interessante conoscerle perché conoscere è un primo modo per 'fraternizzare' - nel senso della 'fraternitè' di cui alla rivoluzione francese e ai diritti dell'uomo).
E' la visione romantica dell'uomo bello e dal 'sapor mediorientale' che suona la chitarra in riva al fiume, come si vede nel film 'Chocolat', e non ha i problemi degli stanziali – che hanno casa e pagano le maledette tasse a uno Stato ladrone e famelico e le stra maledette bollette dell'energia fornita e si guadagnano il pane col sudore della fronte o colla rottura di scatole di dover indossare una divisa e/o andare a servire a tavola o sbrigare le noiosissime pratiche in un ufficio o in una banca.
Ma è una visione cinematografica, letteraria, quella del film, che nulla ha a che vedere con la realtà dei 'campi rom' che tutti abbiamo visto sfilando in macchina sotto i cavalcavia o andando a passeggiare col cane nella periferia delle città, là dove le ultime case si sfilacciano in un aborto di campagna incolta e i prati sono calvi dell'erba perfino a primavera a causa dei fumi delle industrie poco lontane.

E la domanda inquietante è (ben più 'inquietante' di quel che dice la Boldrini, la comprensiva e buona mamma di ogni marginale e diverso che entri in questo paese e vi trova il bengodi e ogni assistenza di cui abbisogna senza pagarne gli oneri): 'Ma perché quei tali, zingari o rom, hanno scelto e scelgono quel modo di vita che a noi, gente 'normale', pare pura oscenità di residenza che dovrebbe essere provvisoria ed è invece permanente e dove regna la sporcizia e l'emarginazione?'

E sarà 'razzismo' questo nostro sguardo stupito del modo di vivere di popoli strani che non riusciamo a metabolizzare e includere e non troviamo i termini di paragone colle nostre vite, non meno difficili, di questi tempi - dopo cosi tanti anni di difficilissima convivenza fitta di sgradevoli episodi di furti in casa e borseggi negli autobus e il mendicismo (che smuove la 'pietas') ridotto a professione - colle buffe contorsioni delle signore mendicanti sulle strade e, due ore più tardi, le vedi parlare al cellulare e fumarsi una sigaretta nel sereno transito verso 'casa'?

Le domande che ci poniamo traggono la loro origine nella diversità dei popoli e delle culture e delle letterature – e non diversamente ci interroghiamo sui popoli che andiamo a visitare quando viaggiamo e facciamo del turismo; e non scambieremmo il nostro modo di vivere col loro, ma, a differenza di loro, i rom, gli zingari che quel modo di vivere nomade e 'diverso' rivendicano come fosse una 'identità', non ci sogniamo di piantare le tende o installare le roulottes a ridosso delle civili case di abitazione delle moderne città e dare mostra oscena di un modo di vivere e parassitare che appartiene ai tempi della miseria da cui i nostri genitori e noi abbiamo preso le distanze.

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