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IL CASO LIVE JAZZ LOUNGE. QUALCHE RIFLESSIONE PERSONALE

Post n°2978 pubblicato il 08 Settembre 2013 da pierrde

Condivido il senso complessivo del primo intervento di Gualberto al quale rimando gli interessati, con particolare evidenza la dove sottolinea la folle politica dei prezzi sostenuta dalle major, un vero caso di suicidio economico perseguito con abnegazione. Condivido anche la considerazione verso Bill Frisell, di cui amo (quasi) tutta la produzione discografica.

Capisco ovviamente anche i motivi per i quali il musicista diffida un blog dal pubblicare suo materiale. Il fatto è però complessivamente irrilevante, una goccia nel mare: per un Live Jazz Lounge che ritira (o mette sotto password, non me ne ero accorto...) i files,  esistono almeno un centinaio di blog ( che io conosco, ma sono sicuramente molti di più) che continuano tranquillamente la loro attività pronti a rinascere con altro nome in caso di stop. E quindi, in mancanza sia di strumenti tecnologici ad hoc che, come nel nostro caso, di una legiferazione intelligente, al musicista non rimane che prendere atto di una realtà scomoda e sbagliata.

Non credo, come scrive Conti, che i troppi concerti scaricati dalla rete abbiano una funzione drenante verso la partecipazione dal vivo. La differenza è troppo netta, un qualsiasi appassionato sa bene quanto sia più stimolante, appassionante e vivida rispetto all'album, o in questo caso, i files, l'esibizione live.

Condivido invece la riflessione sulla bulimia consumistica che, credo, appartenga sia pure in misura certamente diversa, a tutti coloro che in questo spazio scrivono la propria opinione . Penso alla mia condizione di neo sessantenne: se solo volessi riascoltare per una sola volta tutti gli lp o i compact o i nastri che posseggo dovrei campare almeno altri 60 anni.

Spesso mi chiedo se ha senso inseguire questa passione folle o se sia più giusto fermarsi. La considerazione vale anche per il ben noto motivo che gli album veramente significativi che escono in un anno si possono contare sulle dita di una sola mano.

Mi chiedo spesso anche se sia preferibile utilizzare il tempo andando a riascoltare capolavori degli anni passati piuttosto che perdersi con novità di spessore limitato. Fino ad ora ha prevalso la sete della scoperta a tutti i costi. Ma, e lo domando anche a tutti voi, quale è la scelta migliore ?

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Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
riccardo il 09/09/13 alle 08:34 via WEB
Rispondo alla domanda per quel che mi riguarda. Non credo che esista una scelta migliore in assoluto, dipende molto da come si approccia la cosa, nel senso che persone come Gualberto o Conti che si occupano per professione della materia non possono certo trascurare l'attualità discografica e concertistica. Altro discorso è per noi appassionati e anche qui bisognerebbe distinguere tra quelli più recenti rispetto a quelli di vecchia data come molti di noi che commentiamo. In generale osservo che c'è una tendenza "modaiola" e "nuovista" oggi rispetto al Jazz, abbastanza deleteria, nel senso che molti si preoccupano di essere aggiornati sulle cose e i musicisti più recenti rispetto a far prevalere la conoscenza su un passato musicale che secondo me è imprescindibile bagaglio per poter interpretare al meglio il "nuovo". Lo stimolo di tale approccio scorretto, proviene anche da ciò che sta intorno, sul piano economico e professionale, all'ascolto della musica. Intendo cioè che case discografiche e musicisti non campano solo sul passato musicale, ovviamente, e spingono sull'attualità. L'altro elemento riguarda i fruitori che nell'ansia di sentirsi aggiornati o comunque non tagliati fuori ritengono forse più importante seguire la novità rispetto a consolidare e approfondire la conoscenza (e il godimento...) della musica prodotta antecedentemente, ma questo succede per lo stesso motivo "consumistico" che citavo nei precedenti interventi, ossia quando il centro della questione non è tanto la Musica, ma l'immagine, l'apparenza di se stessi verso gli altri. Questa forma, direi, di egocentrismo è nemica in realtà dell'amore verso la Musica che è assolutamente necessario per mettere al centro la sua conoscenza e il suo godimento, rispetto a se stessi e che richiede proprio una forma di annullamento di se stessi, in quanto la ricezione musicale è a mio avviso una forma di meditazione e di crescita interiore, cosa che richiede, di fatto, l'annullamento del proprio ego. Per quel che mi riguarda cerco di fare nel possibile entrambe le cose, ma preferisco risentirmi e approfondire le cose del passato, anche perché non solo riscopro, ma spesso scopro dettagli e artisti che avevo trascurato nel passato e ritengo la cosa comunque indispensabile. Per questo non mi faccio mai prendere dall'ansia del nuovo, anche rischiando, come ho precisato sul post su Reed, di rimanere anche parecchio indietro con le cose più recenti.
 
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
riccardo il 11/09/13 alle 13:05 via WEB
A proposito di riascolto approfondito. Sto riascoltando "Portrait of Vivian" di Randy Weston nella versione su "African Cookbok" (ma c'è anche una versione dal vivo a Monterey 1966) in cui suona un Booker Ervin semplicemente superlativo a livello di feeling e di originalità nel suonare. Il tema è magnifico. Due artisti magnifici di cui si parla da sempre gran poco.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
negrodeath il 09/09/13 alle 09:34 via WEB
Non credo ci sia una risposta, nel senso che dipende esclusivamente dalle scelte inviduali. Personalmente, appunto, ascolto e riascolto il passato e allo stesso tempo amo seguire le uscite recenti, perché se una cosa (come il jazz) mi piace voglio anche capire cosa sta succedendo ora. Questo non significa ovviamente "bersi tutto per ansia di consumo", almeno nel mio caso. Sullo spessore delle novità, escono talmente tante cose che è difficile stabilirlo subito. Ma se a questo punto nemmeno vogliamo dare una chance al presente perché di spessore limitato fin da subito, io sono ancora meno d'accordo.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Elfio Nicolosi il 09/09/13 alle 12:14 via WEB
E' ormai chiaro che continuare a criminalizzare la pirateria non porta da nessuna parte, (tranne che a quegli assurdi spot che si vedono al cinema). Sono d'accordo sulla bulimia collezionista (purtroppo ne sono affetto anche io), mentre non credo che non si vada ai concerti perchè si è ascoltato un bootleg. Riprendo l'esempio di Springsteen perchè credo sia l'artista più "bootleggato" del mondo eppure non mi sembra abbia problemi a riempire gli stadi. Per quanto riguarda Frisell, naturalmente la mia era una battuta. Io ero fino a qualche anno fa un grande fan di Frisell, ma mi sembra che negli ultimi anni non abbia avuto molto di nuovo da dire.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
loopdimare il 09/09/13 alle 18:36 via WEB
secondo me non sa da importanza ad un altro aspetto: il rispetto dell'artista. poichè è piuttosto difficile rubare manoscritti in fase di elaborazione, è difficile trovare in rete bozze o testi da revisionare di scrittori, per cui di loro leggeremo solo quello che vogliono farci leggere, almeno fino alla morte. invece dei musicisti abbiamo ogni loro concerto facilmente in rete, gratuito. il risultato è che il DISCO che uscirà non sarà un'uscita dopo un certo periodo di silenzio, ma un'uscita tra le tante sue. secondo me incide sulle vendite sia degli album che dei biglietti. E poichè tutte le sere non siamo in forma, può succedere che, casualmente, giri molta musica che non esprime il meglio di un artista. in quanto alla smania del nuovo, mi sembra che ci sia sempre stata ed alcuni grandi artisti ne hanno patito anche gravi conseguenze... il mio comportamento? nel pop-rock sono quasi totalmente legato al passato. col jazz cerco di barcamenarmi, anche se scopro sempre più spesso vecchi artisti passati sotto silenzio, di una bravura incredibile. specialmente nel jazz vocale e black music.
 
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