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IL JAZZ E LE ELEZIONI AMERICANE

Post n°2393 pubblicato il 18 Settembre 2012 da pierrde

Il 6 di novembre, data delle elezioni presidenziali americane, si avvicina a grandi passi e, come nella precedente tornata elettorale, molti jazzisti americani hanno preso una linea ben definita.

Ancora fa discutere la presa di posizione di Clint Eastwood a favore del candidato repubblicano Mitt Romney, ma praticamente si tratta di una eccezione: la maggioranza dei musicisti è apertamente per Obama.

Ecco il durissimo commento di Ethan Iverson sul suo blog Do The Math:

"I am for Barack Obama. You should be, too, especially if you are reading a jazz blog. If you have ever cared about race relations in America — and, make no mistake, the history of jazz is the history of race relations in America — you’ve simply got to be for the President. He’s hip, intelligent, and points the way to a more lenient and discourse-friendly future. Mitt Romney is not just a cold-blooded Mormon sworn to protect the rich.

He is the most recent product of a long-standing American tradition: powerful whites determined to silence smart black people. I’m convinced that the automaton Romney has a chance in the upcoming election only because upper and middle class whites are scared to take orders from a black man for another four years… I was shocked when Clint Eastwood came out for Mitt Romney. Of course, Clint is protecting his money. But I thought Clint liked jazz! He’s made enough movies with or about the music… In this moment, you can’t like jazz and be for Romney.

Jazz has always taught something profound about the American melting pot. Obama embodies that melting pot, Romney is its antithesis. I’ve really loved some movies that Clint starred in, but now they are instantly downgraded. Maybe Pauline Kael was right, Dirty Harry really was right-wing propaganda. As for his son: Sorry, Kyle. I’ve heard that you are a jazz player, but your dad blew it. I’m never going to check out any Kyle Eastwood music — unless you come out with a strong anti-Romney statement before November.


Un altro pianista, George Colligan, nelle colonne del suo blog Jazztruth non fa mistero delle sue idee e lo fa da un punto di vista non solo sociale ma anche da musicista:

 


Romney wants to cut all federal arts funding in America. Well, he said he would cut PBS, NPR, and the NEA. They would essentially be eliminated. If you are a musician, or anyone who likes art and culture, you should be outraged… I think that Romney, like most conservative politicians, likes to give lip service to things that sound good to their potential voters.

Cutting the arts, while not actually making a dent in the budget, sounds like wasteful spending to red state conservatives, especially the ones who love Taylor Swift and Katy Perry, and can’t possibly understand why their tax dollars should go to some East Coast Liberal choreographer who wants to put on a ballet inspired by the The Bay of Pigs incident… I’ve spent a lot of time over in Denmark. The Danish pay from 40 percent to 70 percent of their income in tax. They don’t mind, at least my Danish friends don’t: medical care is free, all school is free, mothers get 2 YEARS paid maternity leave (fathers I think get a YEAR).

Plus, they seem to be able to get funding for jazz concerts as easily as we buy lattes from Starbucks. Yes, it’s easier for Danish people to put on jazz concerts than it is for Americans to put on concerts here. They get paid for playing jazz, we play for tips. Or we “pay to play.” Conservatives love to call Obama a “socialist”. Well, I’ve been to all the so-called “socialist” countries. Why? Because that’s where the jazz gigs are happening. I’ve barely toured the U.S. in 20 years of being a touring jazz musician. I’ve been everywhere else. Maybe it’s because there is money for culture in all of these “socialist” countries. I think Obama recognizes the importance of music and art and education in our society.

Does Mitt Romney? If there is no profit margin, then I doubt it.


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Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
Elfio Nicolosi il 18/09/12 alle 19:37 via WEB
I spent a lot of time in Italy. Italians pay 70 percent of their income in tax. They mind a lot, because medical care is NOT free, all schools are NOT free, mothers DON'T get 2 YEARS paid maternity leave (fathers do not have a dick!)
 
 
pierrde
pierrde il 18/09/12 alle 20:01 via WEB
mentre leggevo le parole di Colligan pensavo le stesse cose che scrivi tu...
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Gianni M. Gualberto il 18/09/12 alle 22:55 via WEB
Personalmente, detesto la retorica, anche quella americana. E detesto il qualunquismo. Non ho dubbi che Mitt Romney sia ben peggio di Obama, con il suo capitalismo selvaggio (che forse non ha niente a che fare con la teoria vera e propria del capitalismo moderno), diciamo, più semplicemente, che Obama (che ben poco ha a che fare con il melting pot americano, non a caso a scrivere sono dei bianchi che, pur intelligentemente, giocano, soprattutto Iverson, a fare i neri più neri dei neri) è meno peggio, pur essendo figlio tipico di una borghesia da Ivy League (e qualcuno mi dovrebbe spiegare cosa Obama ha fatto per le arti, al di là di una serie di pranzi ufficiali: si fosse sforzato come s'è sforzato per tutelare lo statu quo di Wall Street, sarebbe stato non male...). Iverson, addirittura, fa discendere dalle scelte politiche l'apprezzamento dell'arte altrui fino, e forse oltre, la seconda generazione: neanche il D-o veemente dei Profeti era andato così in là... Folklore. Colligan fa un discorso giusto fino a un certo punto. Certo, è vero, gli europei sono più di "manica larga" nei confronti delle arti, compreso il jazz (ma, ribadisco, se Colligan si fosse preso la briga di leggere gli studi della Petrine Archer Straw, per quanto discutibili, forse qualche dubbio sulla "Negrophilia" degli europei se lo sarebbe fatto venire...), ma dimentica certi contesti: l'America ha circa 500 anni di cultura, e il jazz ha faticato ad affermarsi come "arte colta" (nemo propheta in patria), tenendo conto che le sue origini affondano in un ambito anche di entertainment cui era difficile sfuggire. Dimentica che negli Stati Uniti esso è un linguaggio comunque più diffuso e che viene praticato da un numero tale di musicisti che, per quanto sia di nicchia, produce una concorrenza che, volente o nolente, agisce sul mercato. Dimentica, inoltre, che a forza di pagare cifre esageratamente superiori a quelle del mercato americano, il mercato europeo boccheggia già da tempo. E se è vero che il mercato americano è esageratamente impietoso (lo spirito del Protestantesimo, l'etica del capitalismo, ecc., ecc.), quello europeo è stato spesso "taglieggiato" da alcuni artisti americani e dai loro spocchiosissimi manager, creando comunque una sperequazione: forse Colligan non se n'è accorto, ma anch'egli, come molti altri suoi colleghi, lavora in Europa "for tips", in confronto a certe star dai cachet inverecondamente gonfiati... Per cui, prima di darci pacche sulle spalle e gongolare per quanto siamo "bravi e buoni", dovremmo pensarci su un attimo. Le distorsioni del nostro mercato sono speculari a quelle del mercato americano, e spesso senza adeguate motivazioni storiche o sociali. E il caso dei citati paesi del Nord Europa rimane piuttosto unico. Con la crisi che avanza, temo che Colligan rischia di avere amarissime sorprese nel giro di meno di un paio d'anni... E la sua analisi, purtroppo, conferma, comunque, che con Romney le cose andrebbero sicuramente peggio (un po' come ai tempi di Reagan, quando fu cancellato il National Endowment, una vera follia... Follia che peraltro dalle nostre parti conosciamo assai bene, no? Almeno a esaminare gli atti dei nostri ministri alle Finanze negli ultimi vent'anni, che comunque non hanno mai tralasciato, per lunga pezza, di continuare ad alimentare certi distorti meccanismi della "musica colta", pur fra un taglio e l'altro. Se poi dovessimo esaminare l'atteggiamento verso la Cultura del governo Monti, rischieremmo di augurarci l'arrivo veloce di un Mitt Romney anche da noi: tanto, peggio di così non potrebbe andare), ma che con Obama l'Eden è rimasto assai lontano. Purtroppo, l'abilità della politica non si misura sul colore della pelle, e qualcosa ne sanno gli africano-americani, che sotto Obama non hanno conosciuto particolari miglioramenti anzi, hanno subito l'effetto perversamente controproducente di un presidente di origini africane, che ha indotto molti a pensare che certi problemi fossero automaticamente risolti. Magari...
 
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