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La differenza tra realtà e finzione è che la finzione deve essere coerente

Post n°947 pubblicato il 12 Ottobre 2014 da LaDonnaCamel
 

“La differenza tra realtà e finzione è che la finzione deve essere coerente” Detto più banalmente, scrivere finzione è come raccontare bugie: se non hai buona memoria e abbastanza immaginazione per tenerle in vita senza farti beccare, evita di farlo. Questo spunto interessante, attribuito a Truman Capote, è uscito oggi su Minima e moralia e dieci giorni fa sul venerdì. Mi fa ricordare un vecchissimo pezzo mio, un esercizio proprio sul tema delle bugie, scritto in una giornata di ottobre dell'anno 2000.

Natura o cultura?

Io credo che la bugia appartenga alla natura, e pertanto sia un fenomeno al quale non si possa porre rimedio. Ne ho le prove.
Gli animali, per esempio, mentono. E perfino alcune piante. Si potrà obiettare che è iscritto nel rispettivo codice genetico se certi insetti si travestono da foglie o rametti secchi per catturare le loro prede, o certi fiori si truccano da farfalle per attirarne un gran numero e garantirsi una sicura impollinazione (che poi, come ci dicevano da bambini, è sempre questo il motore che fa girare il mondo), e comunque il mimetismo del regno animale non ha niente a che vedere con quello di un signore che cerca di assumere lo stesso colore della tappezzeria vedendo la propria moglie entrare nel locale dove è già in ottima compagnia, sebbene si tratti in entrambi i casi di istinto di sopravvivenza.
Ma che dire del vecchio cane di Konrad Lorenz, che fingeva di abbaiare a un cespuglio, dopo che si era reso conto di non aver riconosciuto il padrone? Questo sembrerebbe un atteggiamento molto umano: a chi non è mai capitato di fingere di riconoscere qualcuno che ci ha salutato con calore, mantenendo il discorso sulle generali in attesa che qualche indizio ci richiami alla memoria la relazione che ci legava a quella persona? Come quel tale che, dopo aver chiesto notizie della moglie di un amico appena incontrato si ricordò improvvisamente che era deceduta molti anni prima, e non trovò di meglio che aggiungere: "Sempre morta, intendevo...?"
Be', ma questo è mentire per convenienza sociale, direte voi. Allora la bugia è culturale? Effettivamente  ci viene insegnato molto presto ad alterare la verità: quanti ceffoni sulla bocca ci siamo presi per aver detto ad alta voce "mamma quel signore puzza"?
Non sarà stata solo mia nonna che volendo nascondere al marito uno svago innocente, mi diceva da bambino: non dire al nonno che siamo andati al cinema. E perché allora se la prendeva tanto se io, non appena il nonno entrava in casa, gli correvo incontro e abbracciandogli le ginocchia gli urlavo: "Nonno, non siamo andati al cinema!"?
Perché non basta mentire, signori miei, bisogna imparare a farlo bene. La nonna mi spiegava paziente che io avrei dovuto dire "No, non siamo andati al cinema" solo se il nonno me l'avesse chiesto.
E così la volta dopo io, tutto eccitato, appena il nonno arrivava non vedevo l'ora di mettere in pratica la lezione e gli dicevo: "Nonno, prova a chiedermi se siamo andati al cinema o no?"
Eppure, ci sono persone adulte che non hanno ancora capito questo principio della ridondanza e inventano per le proprie mogli scuse fantasiose quanto poco plausibili per nascondere le proprie scappatelle, raccontando di rapine a mano armata con relativo sequestro di persona, incendi, inondazioni e altre catastrofi naturali quando magari la moglie manco s'era accorta dell'assenza.
Il mentitore più elegante è quello che riesce a dire la verità facendola passare per una bugia: "Come hai trascorso il pomeriggio, mia cara?" "Con i miei amanti, tesoro!" E lui ride, divertito...
Quindi, per essere creduti bisogna parlare poco, possibilmente tacere, avere una memoria di ferro e poca fantasia. La verità è grigia e noiosa, banale come una minestrina di dado.
A meno di essere uno nato per mentire. Ci sono persone che raccontano balle senza nessun motivo, solo perché ci sono portati per vocazione, gli viene più facile e naturale che dire la verità. Cos'hai mangiato? Pane e prosciutto. E invece era salame. Come ti chiami? Maria. E invece era Filippo. Questi menzogneri innati non battono ciglio nemmeno se messi di fronte all'evidenza, improvvisano scuse e contro-scuse complicate come arabeschi turchi, e si sopportano solo perché sono simpatiche canaglie.
La maggior parte di questi votati alla frottola, se appena ne ha l'occasione, diventerà artista. E non parlo solo degli attori, che sarebbe perfino ovvio, pensiamo per esempio alle arti figurative: un quadro o una scultura non sono forse false realtà, che esistono solo nella mente dell'artista e, quando è bravo, si riproducono ancora più false nella mente di chi le guarda? E lo scrittore? Non è lo scrittore il bugiardo più bugiardo di tutti? Egli ci racconta un sacco di frottole e più è bravo e più gli crediamo, il bello è che gli crediamo anche se sappiamo che sono assolutamente false.
E la letteratura non è senza ombra di dubbio un prodotto culturale?
Quindi possiamo tranquillamente affermare che la bugia appartiene alla cultura.
E alla natura.
Degli uomini, degli animali, delle piante e anche dei minerali che, se ben incastonati, possono fare anche se falsi la loro bella figura.

[edit] avevo scritto "da bambino", al maschile, perché era un gioco in cui non volevo farmi riconoscere, quindi sì, lo ammetto, in un primo tempo avevo detto una bugia. Ma questa bugia era comunque destinata a essere svelata successivamente, alla conclusione del gioco.

 
 
 
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