Creato da LaDonnaCamel il 16/09/2006
Il diario intimo della Donna Camèl con l'accento sulla èl
 

 

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Ah, look at the lonely people 2/2

Post n°886 pubblicato il 14 Marzo 2014 da LaDonnaCamel
 
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Seconda parte. Leggi prima qui per favore.

Le bancarelle sui due lati della via Stresa erano piene di gente, specialmente quelle di frutta e verdura. Dall'altra parte c'erano gli ombrelloni giganti dei venditori di abiti, biancheria, scarpe. Luigina si fermò a guardare le tendine di finto pizzo, prese in mano un cuscino di raso giallo con gli inserti di colore più scuro, tono su tono, valutò se poteva accompagnarsi con le poltrone damascate di sua cugina, lo rimise giù. Poi c'era quello che vendeva le calze, poi una serie di cinesi con maglioncini, tutti uguali, a cinque euro. Il centro della strada era ingombro, il sole aveva stanato le massaie e i pensionati del quartiere. Tutti camminavano piano e si impicciavano a vicenda perché chi voleva andare verso via Melchiorre Gioia si trovava davanti quelli che volevano andare in via Angera e viceversa, quindi si sfioravano, si fermavano o si urtavano, a seconda. Le bancarelle dei fruttivendoli erano ovviamente le più affollate. Ne scelse una con cinque o sei signore in fila, se c'è ressa vuol dire che costa poco o almeno che la roba è buona. Preso il suo posto nel giusto ordine delle cose, riprese a guardarsi intorno e lo vide. Davanti al banco di quello che vendeva borse, sciarpe e cappelli c'era il sacrestano logorroico che si guardava in uno specchio tenuto su dal venditore. Si stava provando un basco nero.
Ah, però. Quindi non lo sapeva, pensò accarezzandosi il mento.

Con tutte quelle verdure, per cena aveva preparato il minestrone, aveva fatto saltare i crostini di pane nel burro, al diavolo il colesterolo, e di secondo uno sformato di carciofi.
“Tu mi vizi. Come farò la settimana prossima senza di te?” bamboleggiò Germana.
“Se vuoi ti dico come farò io: due sofficini nel microonde alle undici di sera, andar bene quattro salti in padella.”
Versò il Dolcetto d'Alba riserva.
“Bevi, bevi che poi dormi bene,” disse, e alzò il bicchiere.
“Mi vuoi far sbronzare. Cosa vuoi sapere ancora.” sorrise la cugina.
“Voglio sapere perché hai detto che non era suicidio. Sul giornale c'è scritto che lo era.”
Germana alzò gli occhi al cielo.
“Ho detto che forse non lo era. Una mia impressione. Mi pareva improbabile che lo fosse.”
“Oppure perché sapevi che c'era qualcuno che aveva i suoi buoni motivi per farlo fuori” disse Luigina scuotendo la testa, con un sorriso così compiaciuto che lasciava intendere molto. Molto di più.
Germana sbuffò. Incrociò le braccia sul petto, alzò il mento.
“Bè, se sai già tutto è inutile parlarne.”
Luigina la guardò con gli occhi sbarrati.
“Cara cugina, io niente so.”
Si tolse il tovagliolo e lo sbattè sul tavolo.
“In questi ultimi dieci? Venti? Anni, abbiamo imparato a vederci ogni tanto, una volta da me a Torino perché ti piace il cinema, una volta da te a Milano perché mi piace il panettone.” Si alzò, prese il piatto di Germana, lo appoggiò sopra il suo e li mise entrambi nel lavandino.
“Non ci siamo mai dette tutto,” continuò dandole le spalle, ”perché il pezzo di vita che condividiamo è quello che è: film, cose buone da mangiare e poco altro, come i nostri padri del resto, che anche se erano fratelli hanno avuto così poca confidenza tra loro quando erano vivi che mi stupisce ci abbiano presentate.”
Si voltò, il sedere appoggiato al lavandino, le mani nelle tasche del grembiule che aveva messo per cucinare.
“Io non ti ho detto niente niente dei miei amici, dei miei amori e lo stesso, immagino, hai fatto tu. Se hai avuto anche una storia con l'ex Padre Mecchi Enzo sono stati affari tuoi e non te ne chiederò certo conto, nemmeno me la prenderò se non me l'avevi confidato." Sporse le labbra, come a fare il broncio.
"Ma adesso è diverso. Se sei a conoscenza di fatti o circostanze che possono, come dire, interferire con il mio lavoro, se sei implicata, se hai delle responsabilità anche tu... bè. Se io non so come stanno le cose, voglio dire, la tua posizione, il tuo ruolo nelle cose, come posso darti una mano?”
Germana emise un gemito, poi un sospiro.
“Ero in contatto con Enzo, lo sono sempre stata. Lui si era allontanato dopo la morte di Eleonora, un po' perché era rimasto scioccato, come tutti noi, e un po' per via di Nino.”
“Nino.”
“Nino. Era convinto che fosse stato Enzo a sedurre Eleonora, lui ne era innamorato, un po' tutti in qualche  modo la volevano, te l'ho detto.”
“Aspetta. Non abbiamo niente da bere in questa casa? Oltre al vino intendo.”
Germana fece segno col mento verso la credenza, Luigina trovò una bottiglia di Gran Marnier chiusa, la aprì con le sue forti mani da poliziotta e ne versò due dosi generose nei bicchieri da cucina.
“Continua,” disse dopo essersi seduta di nuovo al tavolo e averne buttata giù una bella sorsata.
“Enzo si era tolto di mezzo anche perché Nino aveva ragione, era vero che era stato lui a mettere incinta Eleonora, era lui che aveva sbagliato e quindi era giusto che lasciasse il campo. Lei era minorenne, ma non solo. Era anche, come dire...”
“Minus habens.”
“Eh, a voler essere generosi. Ma comunque tutto questo non se l'erano mai detto. Nino non l'aveva seguito, non l'aveva cercato, gli bastava che stesse fuori dal giro, lontano. Nino lo sapeva che Enzo era in contatto con me e con sua mamma. Sapeva anche che qualche volta, molto raramente, era stato a trovarla, di nascosto. Quando era tornato dal Perù, per esempio. Si era creato anche un certo precario equilibrio. Poi la mamma di Enzo cominciò a stare male, non usciva più di casa, aveva bisogno di soldi e assistenza. Enzo le accreditava tutto quello che poteva su un conto cointestato alla cariplo. Ha passato dei momenti veramente difficili. Si rammendava i calzini da solo per risparmiare, lo so perché me l'aveva scritto, le dava tutto quello che aveva. Ha fatto un po' tutti i lavori, insegnava spagnolo nelle scuole private, scaricava le verdure all'ortomercato, di tutto. Aveva dato un bancomat a sua mamma, in modo che potesse prelevare quando la pensione non bastava. Poi lei ha smesso di uscire, ha dovuto appoggiarsi un po' alla carità di chi c'era. Nino, tra gli altri. Non so come mai. Cosa possa essere successo, non ho idea.” Guardò dentro il bicchiere, poi alzò la testa e continuò con voce sommessa: “Negli ultimi tempi Nino si era preso il bancomat e aveva prelevato cifre sempre più importanti, esagerando.”
“E così Enzo, quando non c'era più la mamma di mezzo ha cercato di affrontare Nino ma ha avuto la peggio” concluse Luigina.
“Probabilmente è andata così. Anche se si era accorto degli ammanchi già da tempo, si limitava a rimettere nel conto un po' di soldi, pochi alla volta, in modo da permetterle di campare. Non era un vigliacco, credimi: l'ha fatto per rispetto. Non so se puoi capire.”
“Non lo so se posso capire. C'è un assassino laggiù,” disse indicando la finestra “dall'altra parte della rotonda. Anche un po' ladro, a voler essere pignoli. Che motivo hai di proteggerlo?”
“Eh.” sospirò. Si passò una mano sulla bocca, si strizzò le labbra, come se volesse chiuderle. Scosse la testa, nemmeno lei ci credeva. Forse.
“E' una forma di fedeltà.”
Luigina Pietrobono si coprì la faccia con le mani.

Sabato mattina presto il cielo azzurro preannunciava un'altra giornata di sole. Gli uccellini saltavano da un ramo all'altro delle magnolie nei giardinetti di piazza Farina e cantavano alla primavera incombente, rigogliosa e piena di promesse. Luigina Pietrobono era salita per tempo sul regionale veloce delle otto e diciotto. Alle dieci e dieci era arrivata a Torino Porta Nuova. Non si era fermata in via Schiapparelli dai colleghi. Non aveva raccontato niente del basco, dei sigilli violati e del sopralluogo segreto, vai a sapere cosa era andato a cercare là prima di lei, forse le tracce dei suoi pasticci col bancomat della signora Mecchi? Comunque non c'erano abbastanza prove e se anche ci fossero state le avrebbero trovate i colleghi di Milano, non erano affari suoi, ma soprattutto della cugina Germana che non aveva fatto niente di niente.
Ma poi. Non aveva più importanza: erano tutti soli e nessuno si salvò.


(Volevo fare una fan fiction di A che punto è la notte, dei miei amatissimi Fruttero e Lucentini. Ho preso quindi come protagonista del mio giallo il personaggio di Luigina Pietrobono ma lei mi si è ammutinata e ha rivelato una personalità tutta sua, forse per via degli anni trascorsi da quella volta. Chiedo scusa se di lei è rimasto solo poco più che il nome, la professione e, forse, l'indirizzo di casa. La canzone dei Beatles è questa e se non l'avevi capito mi faccio suora.)


Questa è la seconda e ultima parte del mio racconto per l'eds in giallo. Qui c'è l'inizio.

Gli altri titoli:

Bitols
97
Giallo canarino
Ritratto in giallo, ocra e carboncino uno due e tre
Riciclo
Giallo di provincia
Dolce come la morte uno due tre
Carmelo Sapienza

 
 
 
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