Creato da LaDonnaCamel il 16/09/2006
Il diario intimo della Donna Camèl con l'accento sulla èl
 

 

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Condomini

Post n°826 pubblicato il 03 Novembre 2013 da LaDonnaCamel
 

Dedicato a Dario

- Hai piantato i pomodori?

Mia sorella mi tiene monitorato il terrazzo anche meglio di me. Ogni volta che passa a trovarmi, se non piove esce a dare un'occhiata distratta, ma vede tutto, si ricorda di tutto.

- Non li ho mica piantati io, pensa che son venuti su da soli.

- Ah, ma davvero. Tu sei l'unica a Milano che invece delle erbacce le crescono i pomodori.

Eh. Puoi anche non crederci ma è così.

Tutto è cominciato la settimana scorsa. Appena entrata nel portone, la signora Bianchi mi si è parata davanti, mi ha presa per un braccio e mi ha spinta verso le caselle della posta.

- Quale sceglie?, mi fa.

Io stavo per dirle che è vent'anni che abito qui e che la mia casella è sempre stata la numero 25, l'ultima in basso a destra, non vedo il motivo per rivoluzionare un'abitudine radicata, anche perché ho perso la chiave da subito e la casella è sempre aperta, sa, i miei figli così possono... seguendo il suo sguardo mi rendo conto che non sta fissando le caselle ma tre larghe strisce di vernice sulla parete a fianco.

- Arancione?, faccio io, toccandomi il naso. Dobbiamo far ritinteggiare l'androne, i pianerottoli e le scale. È stato deliberato nell'ultima assemblea, approvato il capitolo di spesa malgrado il mio voto contrario. S'era detto un colore chiaro, neutro. La nostra è una via angusta, entra poca luce, il portone è stretto e l'androne grigio, lasciamo acceso il neon anche di giorno.

- Ma no. Non vede? È salmone.

Mah. Sarà. A me sembra arancione. Provo a immaginarmi di entrare nel portone con le pareti così scure. Mi sale l'ansia, sembra una balera degli anni sessanta, coi separè di velluto a coste e la moquette psichedelica sui muri. Cioè, come mi immagino che fosse, io negli anni sessanta andavo alle elementari, non nelle balere. Ma tanto, per quel che conto io.

- Non si può fare lo stesso colore di adesso? Insisto. Già che devo pagare una cosa che non mi serve, che almeno non mi disturbi troppo. Che non turbi la sicurezza delle mie consuetudini. Vorrei che tutto restasse più o meno uguale, abito in questa casa da vent'anni, in questo quartiere da quaranta, i cambiamenti irritano la mia tranquillità. Per favore.

- Ne deve scegliere uno di questi tre, che sono stati proposti dai consiglieri. Io preferisco il primo, salmone con riflessi rosa pesca. Giannini del terzo piano ha detto che è troppo scuro e vuole il secondo, albicocca dorata, Rossi non è ancora tornato. Quello sotto, carota cruda, non l'ha ancora scelto nessuno, Marelli invece...

- Io sul salmone ci preferisco la mayonese, dico voltandomi verso l'ascensore. Facciano come credano. Tanto.

- Allora cosa scrivo?

- Scriva quello che le pare signora. Ma il pesce non mi piace, mi dico tra i denti.

- Ah. Posso dire che ha scelto il salmone con riflessi pesca? E si ricordi di pulire la gronda. Aggiunge quando ho già chiuso la porta dell'ascensore. Cheppalle, la gronda. Sbatto gli sportelli interni con intenzione, per fare rumore. Ho la scusa che chiudono male. Avrà capito che ho sentito?

Poi non sono capace. Anche se faccio finta di non sentire, il senso del dovere lampeggia come un neon, come l'insegna della salumeria che è diventata un kebab. Lo so da me che devo pulire la gronda. È piena di foglie, se viene a piovere un po' forte straripa, se straripa si macchia il soffitto del negozio del barbiere qui sotto e poi me lo fanno pagare. L'assicurazione l'ho dovuta disdire. Insomma. Che palle la gronda.

Domenica mattina mi sveglio piena di buoni propositi. C'è il sole. Oggi pulisco la gronda, è deciso. Ma prima mi faccio una sontuosa colazione, yogurt magro alla pesca con i bei pezzettoni dentro che sembran veri, caffè nero e una fetta di pane integrale tostato appena appena. 210 calorie in tutto. Poi non è vero che il pesce non mi piace. Non mi piace se mi voglion far fare quello che non voglio fare. Pulire la gronda per esempio. È un mestiere fastidioso. Però lo faccio. Ma prima... No, niente. Lo faccio. Subito.

Sono appena le otto, si sentono gli uccellini cinguettare ma non si vedono, stanno infrattati sulla grande magnolia del giardino di fronte. Qui da me, con tutte le mie belle piante, non si posano più, quelli che l'han fatto son finiti in bocca a Strillo. Nemmeno i piccioni vengon più e non mi dispiace affatto. Metto in tasca un sacchetto della spazzatura e il player Mp3, appoggio la scopa e la paletta alla ringhiera e avvicino una sedia per poter scavalcare. Che lavoro noioso. Metto su le cuffiette e mi accorgo che la pila è scarica. Alzo gli occhi al cielo per protestare col dio dei giardinieri e noto che tutte le finestre sono chiuse. Le tapparelle abbassate. Dormono tutti al calduccio. Bravi. Io invece a metter le mani nella palta della grondaia.

La vita è ingiusta, penso. Che mi si faccia compagnia almeno.

Nel ripostiglio del terrazzo c'è lo stereo portatile. Lo attacco alla prolunga, le pile non le ha nemmeno più, chi lo sa quando l'abbiamo usato l'ultima volta. C'è un CD nel lettore, non guardo cos'è perché io adoro le sorprese. Spingo il cursore del volume al massimo e play. Salgo in piedi sulla sedia e parte Bob, no woman no cry esorta. Ci hai ragione, penso scavalcando la ringhiera. Striscio sul cornicione piegata come una mondina, affondo una mano nelle foglie umide e riempio il sacco nero che tengo tra le ginocchia, con l'altra resto agguantata alle sbarre. Una mano per te e una per la barca, penso. Non guardo giù, anche se è solo un piano mi sento un po' esposta, e poi non c'è l'acqua, sotto, ma l'asfalto e le macchine parcheggiate. Strappo erbacce a ritmo, raccolgo gusci disabitati di lumache, la canzone ricomincia e sento sbattere qualche finestra, lassù. Mi viene in mente una cosa. Ecco perché l'avevo messo nella roba da buttare, questo apparecchio sa suonare solo una canzone.

Intanto mi pungo con un'ortica, no woman no cry mi ripete Bob. Ma no, dai, per così poco, lo rassicuro. Vicino alla griglia dello scarico le piante sono alte mezzo metro, c'è un cespuglio di miseria, c'è un soffione, c'è perfino un arbusto con dei fiorellini gialli. Ha dei frutti attaccati, o bacche, o pomodori. Pomodori? Pomodori. Lo metto da parte con le radici e tutto, lo pianterò in un vaso.

Sento suonare il campanello della porta ma non aprirò. Non sono in casa, tecnicamente non sono nemmeno sul balcone, sono fuori dalla mia proprietà, no woman no cry.

Poi non sono così stronza e alla fine ho spento, saranno state le nove, nove e mezza. Le dieci al massimo. Ho fatto su due sacchi pieni di erbacce e foglie morte, è un lavoro lungo.

Lunedì ho anche telefonato all'amministratore. Gli ho detto che se arancione deve essere, non siamo timidi, osiamo. Voto carota cruda. Ha detto che mette una buona parola con la Bianchi.

 

pomodori

Questo racconto partecipa all'Eds arancione del grande cocomero in buona compagnia di

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Calikanto

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