Creato da LaDonnaCamel il 16/09/2006
Il diario intimo della Donna Camèl con l'accento sulla èl
 

 

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Mia nonna era google

Post n°740 pubblicato il 26 Aprile 2013 da LaDonnaCamel
 
Tag: EDS, gusto, sensi
Foto di LaDonnaCamel

Il signor Gardin aveva la fronte alta ai lati e bassa in mezzo, una attaccatura di capelli che lo faceva assomigliare a Topolino. Di Topolino  aveva anche il modo di stropicciarsi le mani tenendo i gomiti larghi, discosti dal corpo. Forse aveva  i guanti gialli ma non so, nel ricordo tendo a metterci dei particolari in più.

Il signor Gardin parlava sempre a voce molto alta perché apriva bene la bocca, lasciando vedere i denti d'oro. Faceva il venditore in un negozio di stoffe ed è lì che mia nonna l'aveva conosciuto, e di conseguenza io. Mia nonna mi metteva a sedere sul bancone in modo che potessi vedere le stoffe che lui sciorinava, così colorate e scrocchianti che facevano venire un pizzicorino nel naso. Lei tastava e accarezzava, Senta che seta pura, è esclusiva!

Esclusiva, mi giravo dentro la bocca questa parola che mi faceva gonfiare le guance e sporgere la lingua nella elle: esclusiva, esclusiva, chissà cosa voleva dire. A volte chiedeva di andare a vederle di fuori e mi lasciava lì sul banco mentre usciva con lui per accostare i colori alla luce naturale, nel negozio c’era il neon.
La burla giò?
le domandava, preoccupato per me.

Ghe minga pericul, l’è un gatt de marm. Diceva così perché ero una bambina tranquilla e ubbidivo, se mi ordinavano di stare ferma non mi muovevo per nessun motivo al mondo.

Il signor Gardin aveva un metro di legno a sezione quadrata, le tacche così consumate che i centimetri si potevano solo indovinare, ma tanto per le stoffe i centimetri non erano importanti o non si pagavano.

Mia nonna praticava l’arte della moda come dilettante evoluta, si industriava a tagliare e cucire un po' a modo suo e il risultato era spesso imprevisto. Sum minga una sarta mì, si difendeva quando mia mamma si lamentava della pence nel posto sbagliato o della manica che cascava male. Questo mi è stato riferito perché io non mi lamentavo di niente. Mia nonna mi faceva paura.

Il signor Gardin l’aveva sfidata sulla cassoela. Non posso sapere come erano arrivati a tanto ma lo immagino: la nonna pontificava su tutto, sapeva tutto e tutti le chiedevano consiglio. Come si concilia con il sum minga una sarta mì non lo so, c’è spesso incoerenza nelle dittature e in ogni caso nessuno si può lamentare.

Dunque mia nonna si vantava di saper fare la cassoela. Più avanti l’ho fatto anch’io.

Mi sono vantata di saper fare la cassoela, che solo a dire la parola ci vuole una certa dimestichezza. Almeno a voce, per scriverlo ancora non so bene come si scrive, ci sono diverse scuole. Me la sono tirata così tanto che quando Ombra, sarà stato il novantanove o l’anno duemila, ha organizzato la convescion autunnale me l'hanno chiesta. Ma deve cuocere un sacco, e poi ci sono gli ingredienti, e poi a Rocca di Papa non ci sono le pentole adatte e il fornello. Cercavo scuse.

Portala già fatta, la riscaldiamo.

Evabbè. Non avevo scuse. Il periodo era quello: la cassoela si fa al giorno dei morti, ma solo se la verza ha preso una bella gelata. A quell'epoca il buco dell'ozono era piccolo e le mezze stagioni facevano quello che andava fatto, era possibile che ai primi di novembre ci fosse già stata una gelata. La gente aveva perfino i soprabiti, e li metteva! adesso non esistono più, non li trovi nemmeno alla caritas, bisogna spiegare ai giovani cosa sono: il soprabito è come un cappotto, ma leggero, oppure come una giacca, ma lunga e pesante. Una via di mezzo tra l'estate e l'inverno, hai presente quando non fa ancora freddo freddo ma nemmeno si suda, le giornate diventano corte e l'umidità... no eh? Fidati, te lo dico io.

Mia nonna non cercava scuse come me. Si offriva volontaria. E mi offriva volontaria anche a me, mi immolava come commensale di accompagnamento perché il signor Gardin mica lo poteva ricevere da sola.

Perché no?

Eh, non si può.

In certi momenti diventava improvvisamente evasiva e io non capivo,  mi mancava l’extratesto. Stava lì ore e ore a spiegare della verza, che prima bisogna scottarla nell’acqua bollente così diventa più digeribile, a freddo, a caldo, strizzata bene e via così. (Credimi, non è vero, si può mettere direttamente nel battuto di sedano carota cipolla, tanto la mazzata non è mica la verza), e poi se le facevo una domanda precisa, non rispondeva.

Cosa avevano da ridere, per esempio: c’è il maiale, e allora? la cotenna, i verzini, che sono salamini fatti apposta, salsicce mignon più che altro, e le puntine, ovviamente. Fanno ridere ste cose? Gardin sosteneva che ci volevano le costine, la nonna inorridiva: eretico! le puntine! mai le costine! Gridavano e ridevano, litigavano? A me non facevano ridere e nemmeno al nonno quando tornava a casa la sera facevano ridere.

Il salamino fa ridere? dicevo al nonno.
Perché?
faceva lui, e mi guardava da sopra gli occhiali.

No, così.

Ah. Chiudeva il giornale e andava nel cucinino a bisbigliare con la nonna.

Ma appena entravo io, smettevano.

Se avessi dovuto imparare da mia nonna, stavo fresca.

Quella volta che l’ho portata ai castelli romani avevo chiesto al salumiere che c’era qui sotto ma adesso guarderei su google.

Mia nonna non ne aveva bisogno: google era lei e tutti andavano a chiederle le cose, qualsiasi cosa. Sapeva tutto e si ricordava tutto. Io non so un bel niente e però so cercare bene dove stanno scritte le cose, è come se avessi qui mia nonna a portata di mano per chiederle quello che non so, che comunque probabilmente non me lo avrebbe detto.

Io ero piccola e la cassoela non mi piaceva neanche, con tutte quelle verdure. Giusto i salamini. La mangiavo lo stesso, ero stata abituata così, però potendo scegliere avrei fatto a meno. Della cassoela e del signor Gardin, che rideva con la nonna quando da ridere non c’era proprio niente.

Per la convenscion avevo ceduto e l’avevo preparata a modo mio, senza scottare la verza, buttandola direttamente nel soffritto e poi le puntine di maiale (non ho ancora capito la differenza tra puntine e costine, se lo sai tu dimmelo) e la cotenna raspata bene, che non ci siano rimasti i peli, e infine i salamini. Non ci vuole nemmeno troppo tempo, un’oretta o poco d più che se insisti si disfa. L’avevo messa in un contenitore tapperware dentro una valigia e l’avevo portata in aereo come bagaglio a mano. Ti lascio immaginare cosa è successo in quota quando la cabina si è depressurizzata, il contenitore ha fatto pfff e l’odore di cavolo si è diffuso a bordo, non è questo l’eds adatto. Tutti zitti che si guardavano l’un l’altro con sospetto.

Ai romani non era nemmeno piaciuta molto, ne era avanzata una bella scodella. La mattina dopo Charlie se l’era mangiata per colazione, così fredda di frigo col grasso solido e giallo da far venire i brividi come un film dell’orrore e giuro che un finale così non l’avevo previsto.

 

Questo racconto partecipa all'eds Ipogeusia insieme a:

- Dario con Sarde a baccaficu
- Hombre con Caffè alla Norma
- Cielo con Lettera alla donna che ami sulla felicità e il ragù
- Singlemama con La prima volta che ho mangiato i piselli davvero
- Lillina con Lu vinu
- Melusina con risi e bisi
- Dario fa il bis con Bastardi affucati
- Pendolante con Antichi sapori

 
 
 
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