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Post n°868 pubblicato il 31 Marzo 2008 da kudablog
 

Nella pietà che non cede al rancore, | madre, ho imparato l'amore. (Fabrizio De Andrè)

Nelle pagine della Piazzetta vedo alcune accuse rivolto al mondo dei “pacifisti”. Scrive l'ex sindaco Paolo Frigerio: “mi domandavo dove fossero le bandiere arcobaleno, le ondate pacifiste, le masse “indignate”, le mozioni consiliari….”, scrive il neo segretario della Lega Nord di Cernusco, Domenico Galluzzo: “Mi sono chiesto anch’io dove fossero finite le bandiere arcobaleno: forse che soldati italiani non sono più in Afghanistan?”.

Se avessero ragione, se la richiesta della pace come diritto di tutti gli uomini fosse solo uno strumento politico per attaccare la politica militare di alcuni stati e non di altri, sarebbe terribile. Ma non è così, per fortuna e per volontà nostra.

Nel 2003, prima della triste decisione nordamericana e inglese di invadere l'Iraq la campagna di mobilitazione a Cernusco era arrivata a contare più di 3000 bandiere esposte in segno di rifiuto della violenza (la guerra) come mezzo di risoluzione di una violenza esistente (il regime di Saddam). Si voleva manifestare la nostra idea che non con le armi avremmo alleviato le sofferenze del popoli iracheno. Purtroppo la guerra c'è stata e secondo l'Opinion Research Survey si devono contare 1.221.000 morti tra i civili iracheni in meno di 5 anni.

Oggi ci troviamo di fronte a vari scenari di guerra nel mondo, almeno una cinquantina. Spesso molte di queste non raggiungono gli onori della cronaca se non in piccoli trafiletti, così non sappiamo nulla o poco più della Repubblica Centrafricana, del Congo, dello Sri Lanka, dello Zimbabwe, della Cecenia, delle Comore o del Sudan.

Nei mesi scorsi forti proteste di piazza hanno riacceso i riflettori sulla dimenticata Birmania, e in molti abbiamo scoperto solo allora che adesso si chiama Myanmar. Al governo siedono dei militari che in nome del comunismo hanno ridotto alla fame il popolo e lo tengono in uno stato di schiavitù vigilata. L'attuale Giunta non ha atteso un sollecito da parte del Consiglio Comunale e ha espresso subito il proprio piccolo (per quel che conta) sostegno alla lotta per la democrazia. Poi l'affanno iniziale si è spento e il silenzio è tornato su questa terra che in pochi sapremmo collocare sulla mappa.

Il 10 marzo un centinaio di attivisti tibetani in esilio hanno cominciato a marciare dall'India fino al Tibet in segno di protesta contro il dominio cinese nella regione nel silenzio dei media nazionale. Solo pochi mesi prima il Dalai Lama era stato in visita in Italia accuratamente evitato da politici nazionali di sinistra e destra, neanche il Santo Padre lo incontrò per non rovinare il processo di contrattazione in atto con la Cina sulle modalità di designazione dei vescovi. Gli unici politici di livello nazionale che hanno voluto incontrarlo, non curante delle richieste cinesi, furono Bertinotti, Formigoni e Moratti. Il Comune di Cologno gli ha assegnato la cittadinanza onoraria.

Il 14 marzo i monaci tibetani conquistano le prime pagine: le strade della capitale del Tibet sono state teatro di violenti scontri tra centinaia manifestanti e polizia militare cinese. Purtroppo ci sono i morti, probabilmente un centinaio, forse di più. E qui arrivano le critiche di Frigerio e Galluzzo contro i pacifisti cernuschesi che non vogliono proferir parola quando i diritti umani sono violati da regimi comunisti.

Ho aspettato qualche giorno per vedere se si accorgevano da soli d'aver preso un granchio (non voglio pensare che stiano strumentalizzando la sofferenza di un popolo oppresso) ma purtroppo vedo che han bisogno di essere guidati. Ecco alcuni spunti.

Il 20 marzo (un giorno prima della lettera di Paolo Frigerio) un rappresentate del Comune di Cernusco ha partecipato a Milano a una manifestazione in solidarietà con il popolo tibetano e per protestare contro la repressione cinese delle manifestazioni indipendentiste che si tengono in questi giorni in Tibet. La notizia è facilmente reperibile in internet, per esempio su Alice.Il 15 marzo (sei giorni prima della lettera di Paolo Frigerio) sul mio blog scrivevo: “Dalla lista USA degli stati canaglia sparisce la Cina, che ringrazia reprimendo nel sangue le manifestazioni dei monaci tibetani. Quel che è certo, è che la strategia di Pechino nell'affrontare le rivolte popolari è cambiata. Nello Xingjiang, la regione ai confini con l'Afghanistan dove a ribellarsi è la popolazione musulmana, si utilizzano gli idranti per sedare le proteste. In una zona dove la temperatura può arrivare a 12-15 gradi sotto lo zero la folla vinene circondata, inzuppata e lasciata congelare in strada in modo da attribuire i decessi alle rigide temperature, in Tibet si spara ad alzo zero per le strade.” Il 17 marzo Ermanno Zacchetti si chiedeva nel suo blog se solo adesso sorgono le domande rispetto a un possibile boicottaggio dei Giochi Olimpici cinesi e rimandava a un post di novembre in cui scriveva: “Personalmente condivido la proposta di non boicottare i Giochi Olimpici (su questa posizione sono nientemeno che in compagnia del Dalai Lama) ma far sì che questa straordinaria apertura al Mondo della Cina possa permettere circolazione di idee, contaminazione, curiosità identitaria reciproca.”

Un cernuschese che spesso interviene su queste pagine ha scritto (in una dei siti di notizie più visitati): “Anche in occidente, l’atteggiamento verso il Tibet è spesso cambiato a secondo le convenienze. Cosí la CIA aiutó il Dalai Lama a lasciare Lhasa nel 1959 e continuó a addestrare guerriglieri tibetani fino agli inizi degli anni settanta, quando Nixon decise una politica di riavvicinamento alla Cina. Secondo il New York Times del 2 ottobre 1998, il governo tibetano in esilio ammise di aver ricevuto dalla CIA 1,7 milioni di dollari l’anno per tutti gli anni sessanta, soldi spesi per l’addestramento di truppe di guerriglieri da impiegare in operazioni anti-cinesi. Ora che gli Stati Uniti hanno tolto la Cina dalla loro lista dei paesi canaglia grazie alle abbondanti iniezioni di capitali cinesi nelle piú grosse banche americane allo sbando dopo la crisi dei crediti sub-prime, la situazione in Tibet si fa piú confusa.”.

Sul sito di Rifondazione di Cernusco si legge “esprime solidarietà al popolo Tibetano e al loro leader religioso Dalai Lama, vittime e della repressione militare e della negazione delle libertà civili sino a costringere all’esilio.”

Come vedete la reazione c'è stata e tutte sono alla portata di chi vuole vederle. Perché non c'è stata una nuova campagna con le bandiere della pace ai balconi? Ma perché ogni strumento deve essere finalizzato allo scopo. Nel 2003 si manifestava contro una democrazia che è fondata sul consenso popolare, far vedere ai governanti che una nazione era contro un'invasione aveva un senso, se sperava di far cambiare loro idea. Pechino non sarebbe minimamente scalfito da 3000 bandiere a Cernusco. Bisogna agire in altro modo. A livello simbolico (Olimpiadi?) ed economico. E non scordiamoci che se il Partito Comunista filtra le informazioni in Cina nulla può contro i cinesi all'estero. Gli emigrati possono diventare il mezzo per far sapere ai cinesi in patria quello che il loro governo gli nasconde.

Scusate la lunghezza, ma visto il tema non volevo ridurlo a poche battute.

Roberto Codazzi

nb: dal mio balcone la bandiera non è mai stata tolta

 
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