Kremuzio

50 anni dopo il primo allunaggio, che brutta fine abbiamo fatto!


 A 50 anni dall’epica impresa dell’Apollo 11 mi sento un po’ come il tenente Drogo del ‘Deserto dei Tartari’. Aspetto che i miei sogni di bambino, ma anche quelli di tutta una vita, si realizzino.Erano cominciati bene quegli anni 60, quando ricordo il salone di casa, sdraiato sul divano buono, guardavo incuriosito la televisione di legno che rimandava immagini sfocate di razzi che partivano con eroici astronauti. Solo quelli americani, neanche ti accorgevi dei sovietici che celavano il razzo dietro cortine di fumo e segreto militare per non farti vedere come fossero fatti. Ed allora imparavo a memoria i nomi dei vettori con i loro equipaggi, i progetti Mercury, Gemini fino all’Apollo che a meno di 10 anni dopo l’annuncio di un John Kennedy incazzato fece terminare la corsa alla Luna.Che più di una corsa alla conoscenza, alla scoperta, sembrava una propaganda elettorale. Dai baci in bocca di Kruscev ai cosmonauti di turno, tutti con il casco e la scritta CCCP da Gagarin in poi, ai cortei con nuvole di coriandoli con astronauti che sembravano bravi ragazzoni dai capelli a spazzola e mogli cotonate, sulle limousine per le broadways.Ed arriviamo ai primi morti, a Komarov nella Sojuz 1, a Grissom White e Chaffee nell’Apollo 1, a Dobrovolski Patsayev e Volkov nella Sojuz 11. Ma si doveva andare avanti. Sia il sovietico Korolev che il tedesco von Braun dovevano portare avanti il progetto lunare, con fondi pressoché infiniti e centinaia di migliaia dei migliori tecnici al mondo impegnati in un’unica meta, portare l’uomo sulla Luna.E poi su Marte dopo altri 10 anni.Quel Natale del 68, Borman Lovell ed Anders sull’Apollo 8 per la prima volta arrivarono a volarci intorno. Lo straordinario vettore Saturno 5 li aveva portati per la prima volta nello spazio aperto, satelliti del nostro satellite, a fotografare la Terra da lontano sorgere oltre il bianco e morto orizzonte lunare.Ed ancora il 9, il 10 a fare test con il Lem, modulo di allunaggio, ed infine l’11 con Armstrong, Aldrin e Collins. Eagle has landed.20 luglio 1969, stavo in vacanza al mare, nella casa sulla spiaggia col televisore bianco e nero ed un’antenna di fortuna sperando non andasse via la corrente. Avevo quasi 12 anni e mettevo da parte i giornali che comprava mio nonno che parlavano dello spazio giorno per giorno. Tra 50 anni li rileggerò, dicevo. Chissà dove cacchio li ho messi, penso oggi.Non è che si vedesse bene, solo le parole di Tito Stagno, Ruggero Orlando ed una pletora di scienziati, mica come oggi dove a parlare ci sono tronisti, partecipanti a reality ed influencers idioti e ignoranti. Ma le parole erano inutili, quasi. Si vedevano ombre e fantasmi muoversi da 300mila km di distanza, voci americane e bip dopo ogni frase. Non capivo una mazza di quel che dicevano, e ancor meno di quel che vedevo sul vecchio tv. Ma sapevo che erano lassù, e tanto mi bastava. Volevo fare l’astronauta, o al limite costruire e lanciare razzi. La seconda cosa la faccio ancora, la prima no, ma non si può avere tutto dalla vita, specie se si è nati troppo presto. Ma non mi sono perso niente della corsa alla Luna, l’ho vissuta coscientemente e di questo mi rallegro.Poi la storia si sa come è andata. Qualcuno si ricorda dell’Apollo 12, 14, 15, 16 e 17? Dell’Apollo 13 sì, ci scommetto. Peccato che i sovietici non ci siano arrivati. Fantastici nella costruzione di vettori medio-grandi (le Sojuz volano ancora oggi) ma nulli per quelli enormi. Dopo la morte di Korolev quattro esemplari del vettore lunare N1 esplosero dopo il lancio. Un conto era avere 5 motori enormi come quelli sviluppati dalla Nasa, un altro conto usarne 30 più piccoli, seppure affidabili, contemporaneamente. Fine del progetto russo e fine della corsa allo spazio. Fine dei soldi e dei sogni. Si ricominciava con piccoli passi. Soldi indirizzati verso gli armamenti e non più verso la ricerca spaziale. Piccoli razzi per andare solo in orbita, altri un po’ più potenti per lanciare sonde e robots in giro per il sistema solare. Ma l’uomo non è più andato oltre l’orbita terrestre. Fatti tanti progressi (e vorrei vedere) in 50 anni, ma senza il fuoco sacro dell’esplorazione umana. Morte un sacco di persone in quei pullman spaziali da gite fuoriporta che furono gli Space Shuttle, che portavano pezzo dopo pezzo le stanze per la stazione spaziale ISS.Marte ancora niente. Solo robottini.Alla faccia dei film di fantascienza che pensavano a basi lunari entro il 2000, a Marte, Giove ed oltre l’infinito, alla prima stella a destra. Stiamo qui, non c’erano soldi o spinte politiche. Ormai sono diventato vecchio e non credo che potrò vedere l’uomo su Marte. Posso solo aspettare nel breve termine che cinesi o indiani o qualche privato faccia un weekend sul nostro satellite. Magra consolazione. Chissà.Per ora constato solo una grande ignoranza alle manifestazioni, conferenze dibattiti ai quali partecipo, dove i giovani mi chiedono se è vero che non siamo mai stati sulla Luna. L’unica cosa che importa loro è il complottismo, sfiduciati nel presente fatto di chiacchiere e social non arrivano a comprendere che il genere umano, quando vuole, a prescindere dalle motivazioni, riesce a fare qualsiasi cosa, o almeno una volta era così.Ora mi sembrano tutti coglioni, e forse lo sono davvero, quasi come quelli che credono alla terra piatta ed alle scie chimiche.Ed i Tartari non arrivano…