JAMBOREE

Sono sparita per un anno


 Sono sparita per un anno perché ho perso delle persone care. Molto care. Come ho vissuto la cosa? Bene! Bene come uno che si schianta contro un platano ogni giorno per un anno, certo. Solo confusa, contusa e barcollante, niente di che. Come mi sono risollevata tra un trauma e l’altro? Facile! Con una nuova mazzata, peggio dell’altra. Come se ti rompessi il femore per non sentire più la colica ai reni, per dire. Così non sai nemmeno più per chi o per cosa stai piangendo. E ti senti anche cretina. E talmente fragile che trovare la gomma della bici a terra ti fa desiderare di non essere mai nata. Ma tranquilli, adesso sto bene: faccio colazione con la camomilla, salto i pranzi, ceno all’aperitivo; di notte stiro/metto ordine, leggo molto; di giorno mi agito e mi esagito, stordendomi di umori, odori e rumori. Mi tengo occupata, come gli alcolisti anonimi, nervosa come una tossica, perché è proprio di una dose che avrei bisogno, ma della voce di chi ho perso. Quel minimo per poter pensare, quel respiro necessario per un momento di lucidità. Ma chi non c’è più non può più farlo e chi ho perso per sua scelta non chiama neanche per dirmi crepa. “Sono solo fasi della vita, domani è un altro giorno”, dicono le Rosselle che incontro. “Ma tu sei forte, ce la fai.”, dice chi non vede l’ora di andar via. “Reagisci. Prova a scrivere, dai un senso a questa cosa.”, ha consigliato invece Gianluca, amico mio carissimo. Ed io l’ho fatto. Ho scritto e riscritto, per buttar fuori la rabbia di un anno, tutto il dolore che mi impedisce di respirare, la sofferenza che non mi permette di vivere. “Sei contenta?”, ha chiesto Gianluca quando il mio scritto è stato pubblicato. Sì, ma è il non poterlo dire a chi non mi è più accanto che mi ammazza. Perché le avversità le puoi affrontare da solo, ma sono le gioie che non puoi fare a meno di condividere. E ti fanno sentire ancora più sola. Una perdita si elabora in 5 fasi, si dice spesso. Ma è una cretinata: una perdita si elabora invece nel momento in cui lo trasferisci dal cuore alla mente, come dice Concita De Gregorio. Perché solo con la mente si dimentica, non dal cuore. Ma spero davvero che non ci voglia una vita.