Creato da giovanedestra_lecco il 06/10/2007

PENSIERO NAZIONALE

IDENTITA', DIFFERENZA, DISTINZIONE

 

 

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Post n°417 pubblicato il 01 Dicembre 2013 da giovanedestra_lecco

                GAS NOSTRUM

    PIANI DI GRANDEZZA ITALIANA NEL MEDITERRANEO

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Quando nell'ottobre 2012 ai tecnici del ministero dello sviluppo economico giunse l'ordine di redigere un piano energetico nazionale (PEN), gli obiettivi che il governo si attendeva erano molto modesti: posto che realizzare l'indipendenza energetica per un paese come il nostro, trasformatore e privo di grandissimi giacimenti, fosse un miraggio irraggiungibile, le aspettative si limitavano a diminuire la dipendenza dall'estero aumentando l'estrazione di idrocarburi dal sottosuolo, passando dal 10 ad almeno al 20% del fabbisogno nazionale annuo; in secondo luogo l'obiettivo era quello di diverisificare le fonti di approvvigionamento; il terzo quello di migliorare l'integrazione del mercato italiano del gas con quello europeo.

Lo scenario geopolitico e geostrategico in cui collocare il piano (P.E.N) era quello di un mondo caratterizzato da una domanda europea di energia e gas crescente, con una produzione interna invece in declino e quindi dove tutti i paesi dell'unione nel giro di pochi anni sarebbero dipesi da fornitori esterni. Uno scenairo della geoenergia dove la Cina sarebbe diventata entro il 2030 il maggior consumatore di petrolio, mentre gli Usa avrebbero realizzato l'autarchia energetica entro il 2015, e la Russia sarebbe diventata il maggior esportatore di petrolio e gas al mondo. Uno scenario, dove a partire dal 2020 sarebbero arrivati sul mercato europeo anche le grandi quantità di shale gas estratto coi nuovi metodi di fracking dai paesi del golfo e dagli Stati Uniti d'America.

Tuttavia, quando i tecnici del ministero dello Sviluppo Economico presentarono al governo il P.E.N , quest'ultimo si accorse che i risultati travalicavano ogni aspettativa. Innanzitutto, l'Italia era già notevolmente diversificata in termini di fonti di approvigionamento: a sud i gasdotti Transmed  dalla Tunisia (di proprietà ENI operativo dal 1981 con 33,5  mld di metri cubi di capacità) e Green Stream dalla Libia (di proprietà ENI, operativo dal 2004 con 10 mld di metri cubi di capacità), e infine GALSI ( in costruzione dalla Tunisia verso la Sardegna, di proprietà Enel ed Hera con 8 mld di metri cubi) garantivano ampiamente le forniture dal Nord Africa. I tre grandi rigassidicatori collocati rispettivamente nei porti di Livorno, La Spezia (Snam), Rovigo (Edison) garantivano a loro volta la fornitura e la trasformazione del Gas Liquido proveniente dal medioriente,  in particolare dal Qatar. A Tarvisio l'allacciamento con il gasdotto austriaco TAG (di proprietà Cassa Depositi e Prestiti, con 36 mld metri cubi di portata) presidiava la fornitura del Gas proveniente dalla Russia attraverso le condutture Ucraine (Naftogas). Infine l'allacciamento di passo Gries permetteva l'importarzione del gas dai mari del Nord attraverso TRANSITGAS (20 mld metri cubi  di capacità, un tempo di proprietà ENI, poi ceduta alla belga Fluxis)

Posta quindi questa particolarissima concomitanza di cause favorevoli, ossia una posizione geografica unica in prossimità delle fonti di approvvigionamento, ma allo stesso tempo ancorata al centro dell'Europa; così come la presenza di SNAM, ovvero un operatore integrato in tutte le attività regolate (trasporto, rigassificazione, stoccaggio, distribuzione), secondo le indicazioni del PEN sarebbe bastato un semplice ampliamento di portata del gasdotto SNAM sulla dorsale adriatica, così come una modifica dei punti d'entrata presso Tarvisio e passo Gries (rendendo reversibile il passaggio del gas non solo in entrata , ma anche in uscita) per fare dell'Italia non più un mero importatore di gas, bensì una prima grandezza nello scenario internazionale dell'energia, affidandole una dimensione di hub centrale e strategico del commercio di gas nel Mediterraneo, e un ruolo nodale nel sistema energetico euroasiatico.

In particolare, nel piano del ministero dello sviluppo economico la rete nazionale SNAM si sarebbbe trasformata da semplice mezzo di dispacciamento interno del gas importato dall'estero, a vero e proprio mezzo bidirezionale di interscambio tra varie forniture di gas dall'Africa e dall'Asia verso altri paesi europei. L'Italia si sarebbe così caratterizzata come Hub inteso nel senso più completo del termine, quindi non solo come luogo di transito del gas verso il centro e il nord europa, ma anche come luogo di stoccaggio, e infine come sede stabile di impianti di rigassificazione per trasformare quello liquefatto portato via mare.  Un Hub mediterraneo che avrebbe indebolito e soppiantato per importanza quello austriaco di Baumgarten, divenendo il contraltare SUD del grande hub europeo del nord: quello di Zeebrugge di proprieà della belga Fluxis.

Tuttavia, per rendere totalmente realizzabili le ambizioni italiane mancava ancora un tassello indipendente dalla volontà del nostro paese e dalla sua classe dirigente. Era necessario infatti che la rete italiana venisse scelta anche come punto di arrivo dei due nuovi gasdotti in costruzione provenienti dall'Asia Caucasica, in particolare dalla regione del Mar Caspio. 

Che i piani del PEN non fossero voli pindarici, o futuristiche  e irrealizzabili dissertazioni lo si vide pochi mesi dopo: nel novembre del 2012 l'accordo tra i membri del consorzio South-Stream (Gazprom  + ENI e altrì) scelse l'Italia e in particolare Tarvisio come punto di arrivo del gas russo proveniente dal Caspio. Non solo, pochi mesi più tardi a Baku nel giugno del 2013 inaspettatamente il consorzio di sviluppo del mega giacimento di Shah Deniz (anch'esso posto sulle sponde del Mar Caspio) optò per la TAP (trans adratic Pipeline) e quindi scegliendo la rete italiana come punto di approdo finale). Il tutto rigettando il progetto alternativo "Nabucco West", sponsorizzato dai vertici dell'unione Europea e dagli Stati Uniti d'America al fine di far transitare il gas azero attraverso i paesi balcanici amici degli USA. 

A far propendere per queste due scelte strategiche utili ai piani di grandezza mediterranea dell'Italia oltre a ragioni di costo (per il TAP 500 km in meno di tubi per un risparmio totale di 5 miliardi di dollari; per South Stream circa 70 km in meno di condutture) vi furono complesse ragioni geopolitiche favorevoli al nostro paese. 

Gli Stati Uniti nel loro “Piano Strategico  "2007-2012" per la prima volta dopo la fine della guerra fredda avevano definito come propria priorita’ strategica il contrasto della crescente influenza della Russia nel mercato globale dell’energia e di volere per questo “impedire l’unione energetica di Russia ed Europa”. A tal fine si sottolineava la necessita’ di costruire gasdotti dalle regioni non russe del Mar Caspio e dalle repubbliche caucasiche verso l’Europa occidentale, aggirando in tal modo la Russia. In particolare, a livello strategico la regione del Caspio e del Caucaso erano tornate in auge ai primi del 2000 dopo aver perso d’importanza per via dell’esaurimento dei giacimenti di Baku durante la seconda guerra mondiale. Guarda caso era stata la compagnia British Petroleum (metà capitale usa e metà inglese) a riportare per prima la scoperta di nuovi depositi al largo della costa, tanto da affermare che il Caspio contenesse almeno 48 miliardi di barili di greggio (ovvero una quantità di gas maggiore del Nordamerica e del Sudamerica e più petrolio dell’Asia).

Di contro la Russia aveva assoluto interesse a monpolizzare  le forniture di gas verso Europa e Cina prima del 2020, ovvero prima che i grandi giacimenti del Caucaso iniziassero a pompare gas in tutte le direzioni e prima che i vertici dell'Unione Europea di concerto con gli USA potessero implementare una strategia opposta di ridemsionamento dell'influenza Russa: non solo quindi costruendo gasdotti dal Caspio anti-russo verso l'Europa, ma anche costruendo un corridoio nord sud di gasdotti per irradiare in tutta Europa il gas liquefatto importato da Qatar, Norvegia e Stati Uniti D'America,  giunto via mare ai rigassificatori di Swinoujscie in Polonia e a quello dell'isola croata di Krk.  

La controffensiva russa in campo geonergetico si dispiegò tramite la costruizione di due nuovi moderni gasdotti che avrebbero collegato direttamente Russia ed Europa, anticipando quelli di matrice americana, e al contempo depotenziando il vecchio Naftogas ucraino non più controllabile da Mosca, in quanto di proprietà della instabile e infedele Ucraina. Tali gasdotti sarebbero stati: il Nord Stream per arrivare direttamente in Germania dai mari del Nord aggirando Polonia e paesi baltici invisi al Cremlino; secondariamente il South Stream che avrebbe collegato il Caspio Russo all'Europa Balcanica amica della Russia (Bulgaria, Serbia in particolare) giungendo fino all'hub strategico di Baumgarten in Austria. Infine, proprio l'acquisizine della proprietà dell'hub di Baumgarten attraverso la corazzata Gazprom avrebbe chiuso il cerchio dei piani geoenergetici del Cremlino. Infatti, tramite il controllo di questo centro nevralgico di smistamento posto al centro Europa, Gazprom avrebbe impedito che l'Ucraina potesse pomparvi attraverso le vecchie condutture il gas proveniente dal Caucaso non russo. E' bene ricordare che prorpio in quel periodo, nel 2008, quando Gazprom conquistava la maggiornza di Baumgarten contemporaneamnte Mosca scatenava la guerra contro la Georgia, rea attraverso la costruzione del oleodotto BTC Baku-Tbilisi- Ceyan di voler giocare in proprio una sua partita geoenergetica.

Ecco allora spiegato il perchè della favorevole congiuntura geopolitica che portò negli anni l'Italia a divenire la meta finale prediletta dei gasdotti provenienti dall'Asia Caucasica. Fatto salvo che gli americani con la costruzione di una conduttura Baku-Europa controllata da British Petroleum avevano comunque raggiunto l'obiettivo minimo di indebolire il monopolio russo, per Mosca si trattava di far vincere all'interno del consorzio di costruttori l'alternativa tra TAP e Nabucco che danneggiasse meno i suoi interessi. In tal senso Il TAP con una portata di soli 10 mld di metri cubi avrebbe convogliato in Europa appena il gas di Shaz Deniz, mentre il Nabucco con una portata tripla avrebbe potuto convogliare verso l'Europa anche il gas di altri giacimenti del caucaso e del medioriente, difatto rendendo l'Europa meno dipendente dal Cremlino.  Facile quindi che in seno ai soci di Sha Deniz le pressioni russe spostarono la decisione verso il TAP  (Bp al 28% e la turca Tpao al 7% espressione degli interessi americani, mentre Lukoil al 10% e la norvegese statoil 10%  del Cremlino).

Per quanto riguarda la scelta dei Russi di far arrivare in Italia il gas del South-Stream, essa dipese dalle contromosse dell'Unione Europea in seguito alla conquista  russa dell'Hub di Baumgarten e al dispiegarsi della sua offensiva. L'ordine impartito dalla commissione europea a Gazprom di cedere il controllo dell'Hub di Baumgarten per ragioni di concorrenza spinse Mosca ad aggirare quell' hub divenuto ostile ai propri disegni egemonici favorendo la nascita di un hub più a Sud che vedesse un punto d'appoggio nella fedele alleata ENI. Non solo, ma sfruttando la rete italiana di SNAM e quella della sulla alleata belga Fluxis, il Cremilino avrebbe potuto portare direttamente nel cuore dell'Europa il suo gas, anticipando e battendo sul tempo il progetto euro-americano di costruzione di un corridoio nord-sud intraeuropeo.

In conclusione quindi, va detto che solo la fortunosa concomitanza di queste ragioni geopolitiche hanno permesso all'Italia di recuperare una centralità geostratetica da sempre ambita nel Mediterraneo. Il tutto è avvenuto senza nessun ruolo attivo da parte del governo di Roma che anzi si è limitato quasi sempre ad assistere alla contesa tra stati e operatori privati, pur di non ostacolare gli interessi dei ropri referenti atlantici.

Eppure, nonostante questa inerzia, si può affermare che il risultato finale è senza dubbio contrario agli interessi geopolitici americani, da sempre coincidenti con quelli delle elites burocratiche di Bruxelles. Il tentativo dell'unione Europea e USA di contrastare i piani strategici russi, prima con il divieto a Gazprom di controllare Baumgarten, poi con il progetto alternativo di Nabucco west,  poi con il corridoio nord sud hanno solo minimamente limitato l'offensiva Russa, di contro favorendo il rafforzarsi della posizione dell'Italia, e del suo ruolo di nuovo hub del mediterraneo. Non era un caso che i servizi segreti americani, come riportato dalle rivelazioni di Wikileaks di Julian Assange avessero individuato proprio nelle ambizioni delle compagnie private italiane e in particolare nell'asse ENI-Gazprom, l'anello debole di tutto il piano di difesa geonergetica euroatlantica.

Così come non è un caso che negli anni tra il 2008 e il 2013 ENI sia stata oggeto di numerosi attacchi finalizzati a indebolire quello che si sarebbe rivelato uno dei tasselli nevralgici dei piani russi in Europa. I più attenti ricorderanno gli attacchi portati dal fondo americano Kinght Winke tra il 2010 e 2011 contro i vertici di ENI, affinchè il governo italiano, primo azionista, scorporasse SNAM e quindi tutta la rete di sipacciamento del GAS dal resto di ENI. Le motivazioni ufficiali erano quelle di creare più valori per gli azionisti, ma in realtà Washington con la creazione di una nuova società fuori dall'orbita ENI sperava di interrompere i disegni di ramificazione geoenergetica del duo ENI-GAZPROM (Guarda caso la scissione ENI-SNAM avvenne pochi mesi più tardi proprio durante il mandato ultratlantico del Governo Monti) . Contemporanemante l'Unione Europea con la scusa della concorrenza e del libero mercato, obbligava ENI a vendere le sue partecipazioni nei due gasdotti strategici mitteleuropei Transitgas e TAG , proprio in quanto potenziali pericolosissime estensioni di South-Stream nel cuore dell'Europa centro-meridionale.

Tuttavia, come già anticipato, quest' ultimi colpi inferti dagli interessi geopolitici atlantici non hanno impedito ai piani russi e al sogno italiano di hub del mediterraneo di realizzarsi. Snam rete Gas, pur divenuta player autonoma e indipendente dalla casa madre possiede comunque della disponbilità di cassa necessaria (6 miliardi di euro) per implementare il progetto di trasformazione del suo sistema di dispacciamanto in Hub europeo. ENI, dal canto suo, pur obbligata a cedere il controllo dei due gasdotti centroeuropei, lo ha fatto a favore ora di Cassa Depositi e prestiti per quanto riguarda il Tag, ora a favore della fedele alleata belga Fluxis, detentrice del hub di Zeerbrugge. Non solo, SNAM con la recente acquisizone della società francese tenp transitgas, e con la prossima riacquisizione da parte di CDP del gasdotto austriaco TAG, nonchè sfruttando l'asse NORD SUD con l'alleata belga Fluxis è ormai pronta a realizzare nei fatti i piani di grandezza energetica italiana, facendo transitare attrraverso i due sbocchi di uscita di Tarvisio e passo Gries il gas azero, lo shale gas dei paesi arabi, il gas del nordafrica e il gas russo verso i mercati del centro europa e dell'area balcanica. I primi clienti hanno già firmato contratti di fornitura:  la svizzera Axpo, la, la tedesca E.on, la francese GDF suez, e l'inglese Shell.

 
 
 
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