mio diario

Un venerdì qualunque


Era da tanto che non uscivo a cavallo. Troppo tempo.Indio è perfetto per me, capisce dalle briglie lente che non ho voglia di guidarlo, di decidere dove andare e allora sceglie lui. Appena un colpetto sui fianchi e si mette al passo. Senza fretta attraversa il cortile e si dirige verso il bosco.Il primo giorno veramente caldo, il sole mi brucia il viso, non ho pensato ad un cappello.Di tanto in tanto una folata di vento gelido mi ricorda che, a quest'altitudine, la primavera tarda almeno un mese rispetto alla città. Impegnata a mala pena a reggermi in sella, senza un solo pensiero coerente, non mi sono neppure accorta di essere già al limite del bosco, un breve tratto d'erba ancora corta e, all'improvviso, lo scontro col blu. E' un cielo straordinariamente profondo, di un blu intenso, non come d'estate quando la luce del sole lo scolora e lo vela. Questo blu avvolge. Guardo in basso, una famiglia di cinghiali si nasconde tra gli sterpi al lato del rivo che la neve disciolta ha riempito e che leggermente gorgoglia dove le pietre ne impediscono il flusso. Comiciamo a discendere quel versante, un po' di vertigine, ma Indio è sicuro, il suo passo deciso. Volevo uscire per pensare ma la mia mente si rifiuta. Meglio accantonare i pensieri dolorosi, mi ravvivano la rabbia, la sento montare in me, non so gestirla, stavolta è davvero troppo.Abbiamo già superato il piccolo corso d'acqua e i cinghiali nascosti, il cavallo continua a portarmi dove vuole, senza fretta percorre un prato su cui il verde ha appena riguadagnato lo spazio lasciato libero dalle lingue di neve sempre più sottili e fragili. Qua e là mazzetti di fiori blu, gialli, spuntano dal verde.Non so da quanto tempo siamo fuori ma Indio sta tornando indietro, col suo passo lento e misurato ha ripreso la via per la stalla.Sono uscita per pensare, il silenzio della montagna mi aiuterà, mi son detta. La mia mente s'è rifiutata e qualche ora a cavallo è servita solo a riempirmi gli occhi dello spettacolo della natura.