FATAMATTA

La fuga(I miei racconti)


Il  ragazzo  in quella specie di tana costituita da lamiere e teli di nailon, costretto nella squallida periferia della città,ogni sera ricorda.Ricorda il villaggio, con le case bianche di calce, le acacie dalle lunghe spine, che regalavano ombra al modesto giardino in cui la madre, cantilenando una nenia, intrecciava le ceste che poi avrebbe venduto al mercato.Rivive le ore scandite dalla luce del sole, trascorse nell'umile scuola ecco la maestra, una giovane suora sempre pronta al sorriso, ecco la chiesa minuscola oasi di pace e frescura.Ma improvvisa un giorno è arrivata la morte!Uomini armati hanno portato il terrore.Urla di bimbi afferrati, dilaniati da bestie più feroci, simili al feroce leone eccitato dal sangue, mentre divora la preda.Le donne avvolte nei veli sgargianti, strappate alle  loro capanne eridotte a inermi farfalle violate.Egli è intento ad accudire le capre, nel mezzo del campo non viene notato, si fa -Niente- tra le zolle di terra.Finiti gli spari comprende che tutto è concluso, che la furia è passata e allora corre.Corre con il cuore che scoppia nel petto, inseguito dall'eco di urla strazianti.Quando scende la notte, è ancora in cammino, solo, con l'orrore nel cuore e sopra la testa un cielo lucente di stelle.Cammina e intorno... il deserto.Per giorni e giorni ha per compagne la sete , la fame, la voglia di accasciarsi sulla sabbia infuocata, nella calura terrificante che gli brucia i polmoni, ad aspettare la morte.Incontra altri fuggiaschi, che lo spingono ad andare avanti, perchè alle spalle non non esiste più nulla, casa o famiglia, ogni certezza è svanita.Cammina con i piedi coperti di piaghe, la bocca riarsa, dimenticando l'orrore vissuto laggiù, solo il dolore del suo povero corpo è presente.Finalmente un giorno la speranza diventa realtà, una grande immensa distesa di acqua si presenta ai suoi occhi stupiti :  il mare.Il mare gli incute spavento, ma non ha scampo deve salire sull'infido gommone.Nel viaggio per alcuni la vita si spegne tra le onde, per altri stremati dalle pene subite il destino è segnato, è  solo questione di ore.Ma lui arriva alla fine del viaggio raggiunge la terra.Il ragazzo corre con stretto nel pugno un foglietto con scritto un nome, un numero, di un parente o un amico, chissà.Infine arriva alla terra promessa: un' immensa distesa di tetti e di torri : la grande città.La città con le strade affollate di gente, simile a un branco di gazzelle impazzite, che corre qua e là fuggendo da un ignoto pericolo.Un mondo che si dilata a perdita d'occhio, riempiendo ogni piccolo spazio con intrecci di luci, immagini, rumori assordanti.Al suo arrivo qualcuno gli ha dato un borsone dicendo:-Va e vendi e avrai da mangiare.-Lui offre la merce ma con poca fortuna.Percepisce il rifiuto, di chi veloce distoglie lo sguardo dalle cianfrusaglie di fasullo folclore, o di chi quasi con vergogna si fruga nella tasca, ma poi ripensandoci prosegue con un gesto di stizza.Poter raccontare il dramma che gli pesa sul cuore, i rimpianti per le cose perdute.Diversi solo la lingua e il colore, non il suo essere umano.Ma non sa come fare, lui è solo un'ombra nera che vaga nell' immenso groviglio di strade.Un labirinto d'asfalto costeggiato da case, da muri anneriti di fumo, dal continuo via vai di gusci metallici, che trasportano un'umanità indaffarata somigliante a formiche, verso altri gusci di cemento e di ferro.La città è un mostro crudele, così lui straniero la vede, un mostro che si placa solo quando arriva la notte e si assopisce, rallenta il suo ritmo convulso, incalzante, si veste di sonnolenta dolcezza.Il ragazzo, ha meno paura,  in quel buioi la città diventa più umana, più amica.Allora sottovoce le racconta del suo bianco villaggio, del sole splendente, e della vita trascorsa laggiù.Dedicato a tutti coloro che hanno perso la vita sperando in un futuro migliore.FataMatta©