Chiuso per furia

PIETAS


La sofferenza fiacca il corpo e lo spirito. Ovviamente a chi la subisce, ma anche a coloro che la guardano da fuori, sentendosi impotenti in ogni momento di dolore che scandisce il tempo della morte. Toglie la dignità. Ti lascia spoglio e tremante come un animale scampato ad un disastro. Perché tale ti senti: qualcosa di speventoso ti ha colpito da vicino, non così vicino da annientarti, ma abbastanza per lasciarti cicatrici indelebili negli occhi e sul cuore.Vorresti poter essere dio, o qualcosa di molto vicino al concetto di dio. Spegnere quel residuo di vita che non è più vita, in virtù di una pietas umana che dio spesso non conosce. Vorresti poter rispondere alle domande che ti girano nella mente, capire perché siamo destinati al dolore solitario e inutile dell'agonia. E magari con una di quelle risposte sollevare il corpo dolente e macerato dalla malattia con braccia forti e sicure, ed elevarlo al ruolo di anima, di puro spirito.Ecco, così dovrebbe essere il trapasso. Non un contorcersi nel dolore senza senso e senza amore. Non scegliamo davvero quasi nulla in questa vita. Spesso ci limitiamo a percorrere strade che altri hanno solcato per noi, figurarsi poi se possiamo scegliere come morire. Ma dovremmo potere. Dovremmo poter dire che non la vogliamo la sofferenza sterile del dolore senza scampo. Dovremmo poter scegliere la nostra personale forma di pietas umana. Almeno questo anelito di dignità dovremmo poterlo avere.