Creato da LIBRERIAVENETA il 14/04/2010
libreria del Polesine e del Veneto : vagando qua' e la alla scoperta delle origini e delle tradizioni e delle storie Polesane

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Testi degli autori della terra Polesana, scritti in lingua Veneta. Il sentire, le parole, gli ambienti di un tempo; le immagini dei luoghi della terra , della città, e dei dintorni , per aumentare la visibilità, farne ammirare la bellezza,far conoscere la storia; i personaggi e personalità del mondo Veneto.

 

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LA TRADIZIONE

 ... che la saggezza degli antichi non sia una via di fuga?

Coro Monte Pasubio canta: "Me compare giacometo"

IL GRUPPO : ANDE CANTI E BALI

http://www.andecantebali.it/


un blog molto interessante 

 

EL MOETA


Su 'a porta de 'a casa
vien uno che dise:
"Co'l me furgonsin,
mi son l'arotin"
Tacà su 'a sintura
ga un masso de forbici,
che 'a par na picàia
de tordi ciapài;
in man i cortei,
na ròncoea, na brìcioea,
pirata el me par,
brigante del mar.

Mi penso al moèta,
che 'a roda el girava
alzando 'a ganbeta;
al vaso co'l fil
de fero tacà,
che assava cascar
sui sighi e lamenti
na gossa, na eàgrema,
precisa e costante
ea pena a lenir.

 

( Attilio Scremin da Dialettando.com)

 

 

CONTE

 
 

canzone dei gobeti

 

 

--------------

La Canzone Popolare

 

I CRONISTI DEL TEMPO

 

marco paolini

 

Rigoni Stern 

 

Marco Paolini legge Rigoni Stern

 

IL RICORDO DELLA CAMPAGNA DI RUSSIA

 

BY CORO MONTE PASUBIO

 

 

A ROVIGO A GH È ON CURATO

 

A Rovigo a gh é on curato
mia bela ti do.
A Rovigo a gh’é on curato
mia bela ti do.
E a Rovigo a gh é on curato
che l é bravo da confesar
mia bela ti do
bela ti do
ti do on bacin d amor.
E a Rovigo a gh é on curato
che l é bravo da confesar
mia bela ti do
bela ti do
ti do on bacin d amor.

Se l é una giovane mandatela avanti
mia bela ti do.
Se l é una giovane mandatela avanti
mia bela ti do.
Se l é una giovane mandatela avanti
che la vòlio confesar
mia bela ti do
bela ti do
ti do on bacin d amor.
Se l é una giovane mandatela avanti
che la vòlio confesar
mia bela ti do
bela ti do
ti do on bacin d amor.

Se l é una vechia mandatela via
mia bela ti do.
Se l é una vechia mandatela via
mia bela ti do.
Se l é una vechia mandatela via
che il demonio la porta via
mia bela ti do
bela ti do
ti do on bacin d amor.
Se l é una vechia mandatela via
che il demonio la porta via
mia bela ti do
bela ti do
ti do on bacin d amor.

E anche il figlio raconta al padre
mia bela ti do.
E anche il figlio raconta al padre
mia bela ti do.
E anche il figlio raconta al padre
che il curato baciò la madre
mia bela ti do
bela ti do
ti do on bacin d amor.
E anche il figlio raconta al padre
che il curato baciò la madre
mia bela ti do
bela ti do
ti do on bacin d amor.

Se l à baciata à fato bene
mia bela ti do.
Se l à baciata à fato bene
mia bela ti do.
Se l à baciata à fato bene
l à solevata da tante pene
mia bela ti do
bela ti do
ti do on bacin d amor.
Se l à baciata à fato bene
l à solevata da tante pene
mia bela ti do
bela ti do
ti do on bacin d amor.

 

 

« FESTA DELLA TREBBIATURA ...Indice »

DI CASA IN CASA I VECCHI MESTIERI AMBULANTI NEL VENETO di Frigotto Pier Paolo

Post n°410 pubblicato il 11 Aprile 2014 da LIBRERIAVENETA
 

Premessa

Per non dimenticare: questo dovrebbe essere il titolo della presente pubblicazione dedicata ai mestieri ambulanti di un tempo, oggi quasi del tutto scomparsi. Un mondo di cose e di uomini, di mani e di gesti. Un mondo difficile da raccontare perché quello delle arti minori, dei contadini, è stato il mondo del silenzio: non ha mai parlato in prima persona, non ha mai sospettato che la sua storia potesse avere una qualsiasi importanza; un mondo che ha costruito oggetti ritenuti di nessun valore. E quei mestieri sono definitivamente passati insieme a coloro che li svolgevano.

Scelto perché congeniale, conquistato attraverso l'intelligente applicazione delle proprie capacità oppure accettato per necessità, ogni lavoro si legava talmente all'individuo che lo praticava da metterne spesso in ombra i caratteri personali, cosicché il nome del mestiere sostituiva addirittura quello proprio. Ciononostante, pur trattandosi di attività considerate misere, ciascuno le viveva con una sua dignità che conservava anche quando era fatto oggetto di disprezzo o di pesante ironia: sebbene venisse considerato un porocàn e pur nelle quotidiane difficoltà, egli si sentiva padrone di sé e libero dentro un suo piccolo-grande mondo.

Coloro che praticavano i mestieri di casa in casa venivano dai paesi vicini o da molto lontano, perfino da fuori regione; si spostavano a piedi, con rudimentali carretti trainati a mano o da un asino, talora servendosi semplicemente della bicicletta. Hanno girato per i nostri paesi e contrade fino a qualche decennio fa, alcuni rientrando a casa propria ogni sera, altri addirittura dopo molti mesi. Si annunciavano per lo più con un caratteristico grido di richiamo e avevano dei giorni o dei periodi dell'anno stabiliti nei quali apparivano, per vendere le loro merci, sovente prodotte da loro stessi, oppure per offrire piccoli ma indispensabili servigi di lavoratori intraprendenti, o anche soltanto per acquistare qualcosa.

Non veniva mai negato loro un piatto di minestra e un pagliericcio per passare la notte al riparo dalle intemperie, anche perché non sempre c'erano i soldi per pagarli. Entravano nelle famiglie altrui per poter lavorare e mantenere la propria.

Oltre alla presenza ricorrente in tutte le comunità di paese del prete, del medico e della comare, molte altre figure erano testimoni fedeli del "nomadismo lavorativo" nelle contrade. Si trattava di attività spesso accompagnate da stenti e povertà, ma senza ansia, fretta e nevrosi, come mostrano le rare, ma per questo ancor più preziose immagini giunte fino a noi: dai volti, dai movimenti della mano esperta, dagli oggetti prodotti si comprende che questi erano realizzati quando il tempo non contava, quando l'uomo aveva ampi spazi a propria disposizione per levigare, scolpire, limare, battere e intrecciare con fatica operosa e tenace. Un lavorare che non era soltanto sforzo o ripetitività meccanica, che non era eseguito con aria rassegnata; ma con la consapevolezza di chi possiede una tecnica per produrre oggetti durevoli e funzionali; un lavorare che conferiva un senso alla vita: era il solo modo per realizzare se stessi.

Scriveva il filosofo francese Alain, uno dei padri del pensiero moderno: «In quanto al bello, so che esso non si è mai inventato fuori del lavoro, e che il mestiere e la materia vi hanno più parte di quello che il laboratorio di psicologia chiama gioco e ispirazione». Queste parole, scritte intorno al 1920, ci ammoniscono e ci rallegrano perché testimoniano il valore del nostro bagaglio antico ma non ancora antiquato, e delle radici da cui siamo nati.

Nessuno vuol, mitizzare il proprio paese, la propria terra, storie dimenticate, oggetti popolari scomparsi. Ha poco senso esaltare il passato per sminuire il presente, celebrare il superstite, rimpiangerlo. Chi vorrebbe tornare al lume a petrolio ed al carretto trainato dall' asino? Dovremmo forse preferire un mondo arretrato, quasi primitivo?

D'altra parte è un dato acquisito da tutti che i concetti di "arretratezza", di "cultura primitiva” sono assai relativi. Storici ed antropologi ci hanno fatto capire che possiedono una cultura anche quelli che un tempo si definivano «volghi dei popoli civilizzati» e che la Storia è storia di tutti gli uomini, non solo ed esclusivamente dei “grandi” .

L’elogio dei vecchi mestieri ambulanti si colloca quindi all'interno di una cornice pudica: non siamo vittime di inutili nostalgie, ma non dobbiamo nemmeno essere dei nuovi barbari, che calpestano un immenso patrimonio di conoscenze e di esperienze.

Tali mestieri sono stati suddivisi, nel presente lavoro, in quattro ambiti: quelli legati alla persona, alla casa, agli animali e ai campi. Per comprenderli e quindi descriverli si è dovuto fare un tuffo nel passato non indifferente, in un mondo chiuso in se stesso, in molti casi estremamente povero, con poche prospettive di lavoro, ma con tante certezze tradizionalmente tramandate all' ombra dei campanili.

La nostra vita, oggi, è più lunga, più sana, più confortevole e più sicura: ne siamo debitori però ai rischi, agli azzardi, alle fatiche, alla creatività di chi, fedele al suo mestiere, costruì il mondo in cui ci muoviamo.

Nessuna bellezza va perduta se la si sa ricordare e conservare. Anche la bellezza che fu dobbiamo saperla ereditare senza vanità, senza lacrime ipocrite, senza arroganza. Per questa ragione, le pagine che seguono vanno anche un po' meditate. Speriamo che, domani e dopodomani, qualcuno possa parlar di noi in identico modo, perché la continuità dell'uomo,  sola, è la garanzia della sua salvezza.

 
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INDICE DEL BLOG

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I MESTIERI (A.SAVARIS)

de sciatori prinzipianti,

ma ogni tanto me vien l'estro

de ingessàrghene raquanti.

*

Son Febraro, gran Stilista

de costumi de ogni pano,

ma da bravo trasformista

a lavoro tuto l'ano.

*

A son Marzo, l'Ombrelaro,

ma 'sta piova inacidà

mena tuti dal stagnaro

e mi son disocupà.

*

Son Aprile e vendo vento,

ma de mi se pòl far senza

da chel dì che el Parlamento

el me fà la concorenza.

 

A son Magio e vendo fiori,

ma da quando sula Tera

a ghe xè l'efeto-sèra,

più che fiori i xè dolori.

*

A son Giugno campagnolo,

miedo al dì co' la falzina,

ma de note, co' son solo,

cargo i campi de atrazina.

*

A son Lujo, el Vagabondo,

scapo via dale cità,

par catare un fià de mondo

che no'l sia anca lu inquinà.

 

*

 

Son Agosto, el gran Bagnin,

ma col mare che ghe xè,

no' ghe meto gnanca un pié

e me tufo in t'un cadin.

*

 

Son Setembre, el Giardiniere

e rinfresco un fià l'està,

ma me basta do'.. ..Marghere

par brusare campi e prà.

*

Son Otobre e pisso vin

in social-cooperativa.

Scarpe grosse e zervèo fin:

metà "uva" e metà Iva....

*

Son Novembre, el Tabacaro

de 'sto Stato, e dago a smaca

nebia, tasse, fumo, snaro....

E ti, popolo, tabaca!

*

Son Dicembre, Spaladore

dela neve su la strada,

ma vorìa. .. .spalarghe al cuore

dele mafie de casada.

 

 

una fonte di approfondimento

 

I MIEI PENSIERI

QUESTO BLOG

L'HO INIZIATO PIANO PIANO,

MI HA PRESO SEMPRE

PIU' LA MANO.

 


 

VORREI NON AVESSE

UN FINALE,

MA UN FINE.

VORREI LASCIARVI

NEI RICORDI,

NON MIEI,

VORREI.

VIVI!!

 


 

UN ESEMPIO

 

 

 

Canzone popolare

La pègra e la mateina la bèla e la sira la bala

La me morosa

 

 

 

 

ACQUA (L'ELEMENTO PRINCIPALE)

a stago inte a bassa

Sa sbato un pié

me s-cianzo el viso.

A stago in te la Bassa.

La tera l'é aqua

l'aqua l'é tera.

Cresse el riso.

La me cà l'é bagnà.

El fango ciapa i muri

la cusina -el vien soto la tola.

Fora gh'é le cane

ca speta na bava de vento

par scrolarse.

(Passé 'nde - giré!

Mi no me movo).

Ei me mondo l'é chi.

A son ligà al Po

come na corda a la canpana.

El Po - grande o picolo -

l'é la me crose, la me tana.

Mi ghe pisso dentro.

Lu me conta tuto.

El vien zo fredo come el giazzo,

sto pajazzo, incoconà

de pàesi, canpagne, zità.

La Bassa la lo ciùcia,

la se lo tira adosso. Che missioto!

Aqua de monte o de colina

de canale o de fosso

prima de finire in mare

la se mùcia a speciare

un cielo grande assé.

A stago in te la Bassa.

L'aqua l'é cielo, el cielo l'é aqua.

 

Carlo Lezziero

 

ANCHE CON LA MUSICA E IL CANTO

 

DISPONIBILI I CD DEL GRUPPO:

http://www.bookshopro.it/documenti/shared/calicanto%2025.htm

BONIFICA EMILIANO VENETA  (BEV)

 

pensieri personali e non solo

MI TE SERÒ AMIGO (Piero Conforto Pavarin) 


Mi te serò amigo

come el vento

su la strada de baro

o la piova sul campo

ai primi de luio.

Come el can

che menando la coa

leca la man al paron

mi te serò amigo

par sempre

pur che te gàbia:

un fià de vento

de piova, o almanco

el sguardo de un can.

 

Le mie Fonti

Cante d'Adese e Po - Gino Piva - 1931

....e invezhe no! - Jani de-la-Ranpa -1984

Almanacco Veneto 1979

Omani, cépe e scupetun - Gianni Sparapan -1992

Veneto Raccont popolari - Giuseppe Consolaro - 1976

Verso l'imbrunire -Ugo Suman - 1990

QUADRETI VILANI - Angelo Savaris -1993

 La Magnifica (Magnemo inversi) - Angelo Savaris -1995

da jeri a ouquò - Gianni Sparapan - 2° ed. -2005

Do schei de morbin - Giuliano Scaranello - 1995

Foje sperse - Leone Fabbris - 1978

abecedario dei vilani - 2001

 

CO’ STA PIOVA E CO’ STO VENTO (TOC-TOC)

«

 chì che bate a sto convénto?»

«L'e 'na pòra veciarèla

che si vuole confessàre»

«Co' sta piova e ce' sto vento

no se confèssa un sacraménto!»

Ciàppeo, lìgheo, méteo in gaèra

ciàppeo, lìgheo, méteo in presòn!

 (TOC-TOC)

« Co' sta piòva e co' sto vento

chi che bate a sto convénto?»

«L'é 'na pòra verginèla

che si vuole confessàre»

«Entra, entra, verginèla

che te meno a la capèla»

Ciàppeo, ligheo, méteo in gaèra

ciàppeo, lìgheo, méteo in presòn!

«E te ài mai tocà la ganba»

«Padre sì, ma no son stranba!»

Ciàppeo, lìgheo, méteo in gaèra

ciàppeo, lìgheo, méteo in presòn!

«E te ài mai tocà le tete»

«Padre si, i me le è anca strete!»

Ciàppeo, lìgheo, méteo in gaèra

ciàppeo, lìgheo, méteo in presòn!

«E te ài mai tocà la pansa»

«Padre si, ma co creànsai»

Ciàppeo, lìgheo, méteo in gaèra

ciàppeo, lìgheo, méteo in presòn!

«E te ài mai tocà la figa»

«Padre si, ma co fadìga!»

Ciàppeo, lìgheo, méteo in gaèra

ciàppeo, lìgheo, méteo in presòn!

«Se tu vuoi l'assolussione

 prendi in mano sto cordone!»

Ciàppeo, lìgheo, méteo in gaèra

ciàppeo, lìgheo, méteo in presòn!

«Caro Padre no son Òrba

questo é un casso e no 'na corda!»

Ciàppeo, ligheo, méÉeo in gaèra

chippeo, ligheo, méteo in presòn!

Co' sta piòva e co' sto vento

chiò restà drento 'l convénto?

L'é restà Padre Formìga

 che ghe piàse tant la figa!

Ciàppeo, flgheo, méteo in gaèra

ciàppeo, lìgheo, méteo in presòn!

 

 

E ME MARI LE BON

E me marì l'è bon

e l'è tre volte bon

e 'l sabo e la doménega

e 'l sabo e la doménega,

e me marì l'é bon

e l'è tre volte bon

e 'l sabo e la doménega

el me òn'se col baston'

E co ste cìcoe

e co ste ciàcoe

e co ste Cìcoe, Cìcoe, ciàcoe,

e co ste cicoe e Cìcoe Ciàcoe

l'é saltà fòra un ciacoeòn!

 

baston nel doppio significato di bastone e membro maschile; òn'ser, ungere;

ciòcoe, chiacchiere; lé saltà fòra, ne è nato; ciacoeòn, chiacchierone.

(spiegazione: la bontà di mio marito - rime ambigue e simpatiche)

 

RUZANTE "IL REDUCE"

arte e commedia nella storia

e con alcuni autori di oggi:

Rino Gobbi

 

 

 

 

 

 

 

9788895352312

Perpetua zovane...Casin in canonica

Commedia brillante in tre atti in lingua veneta popolana 

Dante Callegari

 
 

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