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Chiedete ed otterrete


 Una delle domande che si sente spesso tra la gente, e che forse alberga anche nel nostro cuore, è: “Perché mai Dio dovrebbe ascoltare la mia preghiera?”.Oppure, similmente: “Sono un peccatore, come posso rivolgermi a Dio?”. Il Vangelo ci aiuta a comprendere cosa si trova alla radice dell’efficacia della preghiera. Una delle espressioni che appare più frequentemente nel brano evangelico è «nel mio nome». Essa caratterizza la relazione tra i discepoli e il Padre, sia in riferimento alla domanda dei discepoli sia all’esaudimento da parte del Padre. È importante scoprire cosa significa tale espressione. La chiave di lettura si trova nel versetto 27: “il Padre stesso infatti vi ama, perché voi avete amato me e avete creduto che io sono uscito da Dio”. Chiedere “nel nome del Figlio”, dunque, non significa considerarlo un intercessore potente presso il Padre, ma pregare in quanto discepoli di Gesù che lo amano e chiedono che lui è il Figlio di Dio. Questo tipo di preghiera, “nel nome del Figlio”, è ora possibile perché lo Spirito Santo ci guida verso la verità tutta intera. Allo stesso modo il Padre esaudisce le nostre richieste perché apparteniamo a Gesù attraverso la fede e l’amore. Per questo Gesù afferma: «e non vi dico che pregherò il Padre per voi». L’espressione suona piuttosto paradossale, ma rivela che ormai c’è una relazione immediata tra Dio e i credenti, poiché il Padre ama discepoli che vivono la loro quotidianità nell’amore e nella fede in Gesù: siamo figli nel Figlio. L’efficacia della preghiera, dunque, dipende dalla nostra relazione con il Signore, dal nostro “rimanere in lui” attraverso la fede e l’amore, ed è sostenuta dallo Spirito Santo che «attesta che siamo figli di Dio»).