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Post n°283 pubblicato il 06 Ottobre 2014 da gaza64
Di sofferenza traduci l'esperienza. Sillabandola piano come a scuola, ché a ricordarla tutta bisogna ripeterla spesso e dimenticarla non è mai stato il compito assegnato, nemmeno ora.
La traduci spezzandola in più parti, coniugando gli spazi restati vuoti con i piani, ma è una costruzione che non funziona se non a renderla incomprensibile pur avendola spostata altrove.
Di sofferenza incalza il racconto che non procede secondo gli schemi della narrazione ma del suo opposto. Perché il silenzio dovrebbe essere totale in sua presenza, ma quella presenza, pur tacendola, resta.
La gomma non basta. Strappare il foglio e ricominciare non è concesso. Tracciare righe sopra creerebbe solo confusione tra le parole. Sofferenza insegna bene a ricopiare mille volte. Sempre la stesso concetto. E l'unica consolazione non è sperare che finisca. Ma che non debba mai più ricominciare.
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