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CRIS

Il mio incontro con l'arte.

 

EMERGENZA CULTURA

Post n°527 pubblicato il 06 Maggio 2016 da Alcestidgl2
 
Tag: cultura

 

 

Il prossimo 7 maggio il popolo dell’articolo 9 scenderà in piazza, a Roma: perché è

emergenza per la cultura.

 Per dire sì al progetto di una Repubblica che «promuove la cultura»: e cioè che investa in

cultura almeno il doppio di quello che sta facendo ora. Per dire sì a una Repubblica che

promuova «la ricerca scientifica e tecnica»: e cioè che assuma giovani ricercatori. E che

finanzi la ricerca: quella pubblica! Per dire sì a una Repubblica che «tutela il paesaggio»: e

cioè che la smetta con le Grandi Opere e investa nella messa in sicurezza di un territorio

allo stremo. Per dire sì a una Repubblica che «tutela il patrimonio storico e artistico della

Nazione»: e cioè che lo mantenga, lo restauri, lo renda accessibile a tutti, non lo mercifichi.

E dunque per dire no alle scelte di Matteo Renzi e Dario Franceschini. Per dire di no allo

Sblocca Italia che ha regalato il territorio della Repubblica alle trivelle e al cemento. Per dire

di no alla distruzione sistematica della tutela attraverso il silenzio assenso delle

soprintendenze e attraverso la contrazione e la confluenza di queste ultime in uffici diretti

dalle prefetture, e cioè dal governo stesso. Per dire di no alle una tantum delle assunzioni,

provvedimenti propagandistici che impediscono ai nostri giovani di immaginare una vita di

lavoro in Italia. Per dire di no alla rimozione della storia dell’arte dalle scuole.

 

 
 
 

Un venerabile montaggio

Post n°526 pubblicato il 02 Maggio 2016 da Alcestidgl2
 

La Vergine con il bambino nella versione finale di Rubens

 

L'antica icona della Vergine con il Bambino

 

 

         SISTEMAZIONE DELL’ALTARE DI S. MARIA IN VALLICELLA

 

Nella chiesa in S. Maria in Vallicella e, precisamente nell’altar maggiore, avviene il primo tentativo di riattualizzazione dell’icona che avviene in ambienti ecclesiastici con un sistema d’incassature per esporre icone di genere particolare, icone miracolose.

L”incastratura” è un fenomeno estremo del culto delle immagini. Fonti del XV secolo attestano che era frequente che pale d’altare ospitassero icone di un certo prestigio, cioè all’interno di un dipinto con funzione pubblica e ufficiale da collocarsi sull’altare. Il quadro cornice era concepito in funzione del’immagine incastrata, presentandosi come un quadro celebrativo.

L’immagine incastrante funge da intermediario tra il nucleo e i fedeli costituendo un raccordo.

L’altar maggiore era dedicato originariamente alla Vergine e il cardinal Angelo Cesi, uno dei finanziatori della sistemazione della chiesa dal 1587, aveva deciso di provvedere alla sua decorazione.

Verso il 1605, gli Oratoriani decisero a maggioranza, di collocare sull’altare maggiore una Madonna con il Bambino, miracolosa e già venerata nella vecchia chiesa risalente al 1575 e assegnata agli Oratoriani dal papa Gregorio XIII.

Nello stesso anno, la congregazione si accorse di non avere denaro per la decorazione dell’altare, assorbito da spese impreviste per la facciata della chiesa. Il cardinal Angelo Cesi morì nel 1606 e gli Oratoriani si videro porgere una mano dal Monsignor Giacomo Serra, un influente membro del clero.

Egli impose per la sistemazione dell’altar maggiore  un nuovo artista, Pieter Paul Rubens e, se gli Oratoriani avessero accettato, Serra avrebbe partecipato alle spese con una somma di trecento scudi ; in caso contrario il suo denaro sarebbe finito altrove.

Gli Oratoriani accettarono imponendo pesanti condizioni icnografiche e, dal punto di vista dell’esecuzione della pala, esigerono che Rubens presentasse campioni del suo lavoro ed anticipasse di tasca sua parte delle spese per l’opera.

Il cardinal oratoriano Giuseppe Baronio aveva chiesto che vi fossero rappresentati nella pala alcuni dei Santi di cui la Chiesa possedeva le reliquie, Nereo, Achilleo, Domitilla, Mauro, Papiano e Gregorio Magno; al centro la venerata immagine della Madonna della Vallicella con il Bambino che preesisteva alla chiesa edificata dal Neri, posta tra le nuvole.

RUBENS, QUINDI, NEL 1606 OTTIENE L’INCARICO DI DIPINGERE LA PALA DELL’ALTAR MAGGIORE DELLA CHIESA NUOVA, uno dei luoghi più sacri della Roma postridentina.

Nella prima versione del 1607,olio su tela, la Vergine con il Bambino, non è rappresentata tra le nuvole né c’è la trasposizione dell’antico affresco sul quadro ma è all’interno di una cornice in pietra dipinta,  una pseudo incastratura, ambigua, dato che i putti che la circondano tentano di abbracciarla, come se in realtà non inquadrasse nulla.

Questa versione sarà rifiutata dagli Oratoriani anche perché oltre alle disattese indicazioni, risultava illeggibile a causa del riflesso della luce absidale della chiesa.

Nel 1607, muore il cardinal Baronio e con lui le rigidità iconologiche e teologiche che impedivano agli Oratoriani variazioni artistiche.

Nel 1608, Rubens fa la seconda versione, direi rivoluzionaria che ancor oggi vediamo.Non c’è più una pala d’altare ma tre pannelli distinti.

Nel pannello centrale è raffigurata la Vergine mentre nei pannelli laterali, rispettivamente a gruppi ditre: Gregorio, Mauro e Papiniano ; Domitilla fra Nereo e Achilleo.

I dipinti sono eseguiti ad olio su ardesia per contrastare i nefasti effetti della luce absidale.

Nel quadro centrale, la Vergine è posta dentro una cornice ovale, vera, disegnata da Rubens su uno sportello di rame al di sotto del quale si trova l’antica icona della Vallicella. La lastra di rame riproduce e protegge l’icona sottostante ma è sollevabile per mezzo di un meccanismo di pulegge e corde.

Assistiamo quindi al raddoppiamento dell’immagine su affresco e sullo sportello.

Un montaggio fortemente spettacolare che rafforza dottrinalmente l’immagine centrale e, assieme all’altare si pone al centro dell’attenzione.

Rubens, lavorando per gli Oratoriani, si confrontò con il problema dell’antico e del nuovo ma anche con l’immagine in quanto oggetto di venerazione e del quadro come mezzo di presentazione.  Il rapporto tra immagine e quadro è un’”intertestualità sintagmatica”.

 

Cristina Di Bartolomeo

 

 

 
 
 

BENTORNATO BARBABLU'!

Post n°524 pubblicato il 28 Gennaio 2016 da Alcestidgl2
 

 

 

-       La Testa di Ade, detta anche Barbablù, torna in Italia. Il John Paul Getty Museum di

Malibu ha restituito l’opera dallo straordinario valore artistico alla presenza del Console

Generale d’Italia a Los Angeles, Antonio Verde, e delle Autorità giudiziarie e di polizia

italiane. Barbablù farà rientro in Italia il 29 gennaio, per poi essere restituito alla sua terra

di origine, la Sicilia. Sarà ospitata nel museo ennese di Aidone, che già accoglie la Venere di

Morgantina pure restituita dal Getty Museum. Rubato negli anni ’70,Trafugato attorno al

Santuario extraurbano di San Francesco Bisconti a Morgantina (Enna) alla fine degli anni

Settanta, il reperto venne esportato illecitamente e venduto al Getty Museum nel 1985 dal

collezionista di New York Maurice Tempelsman per la cifra di 500 mila dollari. «Dobbiamo

soprattutto all’impegno e alla competenza degli archeologi italiani - ha precisato il Console

Generale Antonio Verde - se da un ricciolo di ceramica blu ritrovato tra i resti degli scavi di

frodo a San Francesco Bisconti si è potuta accertare la provenienza della testa dello stesso

caratteristico colore custodita al Getty». Trafugato attorno al Santuario extraurbano di San

Francesco Bisconti a Morgantina (Enna) alla fine degli anni Settanta, il reperto venne

esportato illecitamente e venduto al Getty Museum nel 1985 dal collezionista di New York

Maurice Tempelsman per la cifra di 500 mila dollari. «Dobbiamo soprattutto all’impegno e

alla competenza degli archeologi italiani - ha precisato il Console Generale Antonio Verde -

se da un ricciolo di ceramica blu ritrovato tra i resti degli scavi di frodo a San Francesco

Bisconti si è potuta accertare la provenienza della testa dello stesso caratteristico colore

custodita al Getty».

-        

Dalla redazione online del Corriere della Sera

 

 
 
 

DIALOGO DI PITTURA DI PAOLO PINO

Post n°523 pubblicato il 16 Novembre 2015 da Alcestidgl2
 

PAOLO PINO

 

 

DIALOGO DI PITTURA DI PAOLO PINO

Tra i primi saggi di critica d'arte veneta, il Dialogo del P. rivela soprattutto l'esigenza di difendere il gusto veneto rispetto a quello toscano, affermando la necessità di superare le proporzioni classiche nel movimento, la diligenza nell'immediatezza; lo stesso pretesto del Dialogo, la bellezza delle donne, implica un accento sensualistico tipicamente veneto. Il Dialogo contiene notizie di artisti e di opere d'arte del tempo.

Nel secondo Cinquecento, il ragionare d’arte nel dialogo, equivale a esplicitare scelte,  strategie narrative a sviscerare convinzioni e quindi a rendere noti i complessi legami tra parola, scrittura e immagine.

 

 

 

Nella sua opera Pino ricorda Plinio, l’Alberti, il Gaurico nella plastica. PROFONDA INFLUENZA DELL’UMANISTA Alberti.

 

Paolo Pino, visto che la visione non distingue perfettamente la realtà, ci sono delle opacità, lo scopo dell’arte è il mostrare il più possibile della realtà all’occhi umano. Per l’Alberti invece si partiva da un’idea della visione geometrica che non comprende ciò che l’occhio vede sfocatamente.

LA PITTURA SI DIVIDE IN 3 PARTI:

DISEGNO, INVENZIONE, COLORIRE.

Il disegno si suddivide in:

GIUDIZIO, CIRCOSCRIZIONE, termine albertiano, PRATICA, RETTA COMPOSIZIONE.

Il Giudizio, contrapposto all’imprescindibile studio vasariano; il giudizio è frutto di una disposizione naturale che si può migliorare con l’esercitazione. Il fatto stesso di possedere una disposizione naturale alla pittura, conduce alla Circoscrizione che è una semplice abbozzo, una preparazione. La pratica è avere esperienza, è l’accordo della luce sul vivo e nella conoscenza del bello, per molte cose “bello in sé” retta composizione ripresa albertiana come composizione ordinata della superficie.

Pino non indica le parti della pittura nell’opera finita ma la storia di una pittura a cominciare dallo schizzo.

L’inventio ci dice che l’artista è autore del soggetto; egli trova poesie e historiae da solo (Bellini lo conferma a Isabella d’Este negandosi al suo volere iconografico).

Apprezza molto il Bronzino naturalista e parla dei paesaggi dell’arte tedesca, duri e rupestri contrapposti a quelli italiani molto più dolci.

Il COLORE, consiste in tre parti:

discernere la proprietà dei colori, accompagnare  la diversità in un tutto in modo che appaia vivo, fuggire il contorno.

La pittura deve imitare la materia, dare la sensazione di cos’è oro o lino, e aggiunge che  la diversità delle tinte deve essere armonica senza contorni e divisione nette.Non parla di identità tra imitazione della natura e accordo tra luce ed ombra del colore e quindi non costruisce una vera teoria del tono.  Non si accorge che la luce è in fusione con la composizione dei colori perché produce l’illusione della materia.

PER I FIORENTINI IL COLORIRE ERA: per l’Alberti “eccezion di lumi” , cioè puro  chiaroscuro, per Leonardo sfumato, cioè suggerimento del colore per mezzo del chiaroscuro senza attuazione vera del colore. Michelangelo liquida il colore come ROBA DA FIAMMINGHI.

 Pino non ama il velo albertiano e artifici in tal senso; prende di mira Bellini che indugia nei dettagli della pittura; questa tipologia non è assimilabile alla poesia non è istantanea e breve in modo da far “capire il mondo”. E’ una pittura adatta ad una prosa didascalica. Per Pino la ricercatezza di dettagli è DEBOLEZZA. L’artista nei suoi quadri non deve mettere “un mondo” ma pochi elementi, non essere troppo diligente perché offuscherebbe l’impressione spontanea vivida. La “BREVITAS” che certo non significa negligenza.

Il motivo del dialogo di Pino esclude tutte le ragioni di carattere scientifico, tipicamente fiorentine, per approdare al punto di vista veneziano che si basa molto sulla sensazione, su un sentire emotivo che a volte mal sopporta regole disciplinanti il disegno, come la prospettiva e le proporzioni. Infatti egli sente che la proporzione, pur ammettendone la bellezza, è inutile visto il movimento del corpo e la sua conseguente modifica nello spazio; anche la luce è in movimento continuo e la misura la distruggerebbe.

Condivide con Leonardo la pittura come ARTE LIBERALE, e il lume alto per dare rilievo .

                           Cristina Di Bartolomeo

 

 

 

 

 

 
 
 

TRADIZIONI LETTERARIE

Post n°522 pubblicato il 03 Novembre 2015 da Alcestidgl2
 

 

 

 

TRADIZIONI SCRITTORIE DELLA LETTERATURA ARTISTICA

 

L’ARTE FIGURATIVA HA LE SUE RADICI SU SUOLO ELLENICO. Questa letteratura è fiorita negli ambienti artistici considera le cose da un punto di vista esteriore.

LETTERATURA PRODOTTA DA ARTISTI:

GLI SCRITTI DI APELLE E EUFRANORE con elementi falsi e leggendari

SCRITTI DI SENOCRATE E PASITELE con argomenti tecnici e qualche accenno a considerazioni storico - estetiche.

DEL RESTO QUESTO GENERE DI LETTERATURA CI FA PENSARE A GHIBERTI E A VASARI, le cui opere nascono in ambienti artistici dove regnava un’assidua pratica dell’arte.

ENCICLOPEDIA DI PLINIO

DIECI LIBRI DEL DE ARCHITECTURA DI VITRUVIO. Quest’opera tramanda al Medioevo i fondamenti estetico tecnici dell’Antichità. I teorici del ‘500 lo assunsero come una vera e propria Bibbia.

Tendenza dei Greci: letteratura che mostra fini tecnici ed estetici sotto l’influsso storico innato nei Greci.

LETTERATURA PROFANA

VI SONO NUMEROSI SCRITTI CHE CONSIDERANO L’ARGOMENTO ARTISTICO DAL PUNTO DI VISTA DELL’IMPRESSIONE E DERIVANO DAL GRUPPO DEL PUBBLICO DI AMATORI E OSSERVATORI.

Da qui si sviluppa un interesse particolare per la storia degli artisti che sfocerà più tardi negli aneddoti biografici.

LA NOVELLA, NELLA LETTERATURA TRECENTESCA, SI CONIUGHERA’ ALL’ANEDDOTO. Ad esempio IN FIRENZE, DOVE SI SVILUPPERA’ UNA VITA ARTISTICA RICCA, CI SARA’ UN’AMPIA PRODUZIONE DI BIOGRAFIE D’ARTISTA, NEL ‘400.  Verrà superata la dimensione cultuale della biografia d’artista medievale.

 Questa liason tra la novella e l’aneddoto letterari, servirà, nel ‘400 a pubblicizzare le opere d’arte e a sviluppare una sicura opinione artistica.

Un frutto di questa opinione artistica in fieri o già sviluppata è nell’opera del Villani dove  parla di un autoritratto di Giotto.

 Ritornando alla letteratura profana, nell’”historia altera” definita da Burckardt , per coniugare la vita dell’artista alla sua produzione, molto spesso discordanti, si fa uso  di storielle prese a prestito dalla favolistica greca oppure di bon mots adattati all’occasione.

Perciò certi aneddoti spesso erano ripercussioni epigrammatiche.

LA NATURALIS HISTORIA DI PLINIO è un trattato naturalistico in forma enciclopedica dove  si considera la natura in rapporto alla cultura umana e l’arte appare come illustrazione del naturale per mezzo dell’artificiale

Gli si deve il merito di averci tramandato un quadro dello sviluppo dell’arte antica.

Il Landino traduce Plinio in italiano con l’edizione del 1476.

LETTERATURA TOPOGRAFICA

 Si annuncia fin dall’età ellenistica.

I precursori Pasitele e Muciano, si conoscono attraverso Plinio.

LA GUIDA DI PAUSANIA DELLA GRECIA . In essa vi sono molte conoscenze ammassate, un forte interesse storico antiquario dei viaggiatori di età adrianea e una profonda radice nazionale nei luoghi sacri della Grecia come più tardi, nel Medioevo, saranno le chiese e i conventi.

La letteratura delle guide di Roma procede dai Mirabilia risalenti all’età imperiale, perpetuatisi nel IX secolo. Stampati nel XV secolo da tipografi tedeschi a Roma e continuati fino alla fine del ‘600.

Mirabilia (in italiano: "meraviglie", dal latino mirabilis, "meraviglia") è un genere della letteratura latina medievale facenti parte della letteratura periegetica e di viaggio. Erano l’equivalente delle moderne guide di viaggio, a beneficio di pellegrini e viaggiatori nel loro percorso.

Il termine compare nel titolo delle opere, accompagnato dal genitivo della città a cui si riferiscono.

I Mirabilia nonostante fossero guide per i cittadini, indicavano anche opere pagane, belle interessanti che attiravano molto di più il fruitore. Raccontavano storie fiabesche, leggendarie ricavate dalle opere reali: ad esempio la statua di Marc’Aurelio scambiato per Costantino e le statue dei Dioscuri di Montecavallo le cui firme vennero interpretati con i nomi dei personaggi ritratti.  (Mirabilia urbis Romae)

Possiamo trarre da questo genere letterario una grande somma di cognizioni storiche generali.  Della letteratura PERIEGETICA questo è un aspetto ma vi sono anche guide per i pellegrinaggi in luoghi di massima venerazione religiosa. Nella relazione del pellegrinaggio di SANT’ARCULFO dell’abate Adamnano (VIII), conosciamo lo stato degli edifici dopo il trionfo dell’Islam e piante schematiche. Primo tentativo d‘illustrazione archeologica. Con il libretto Opusculum de MIRABILIUS NOVAE ET VETERIS URBIS ROMAE del 1510  si porrà l’attenzione sui monumenti; Albertini farà una mappa dell’antica Roma con la tecnica a rilievo. Alla PERIEGETICA regolata dall’elemento favolistico, è legata la descrizione dei palazzi immaginari. L’idea di memoria è connessa con un’idea morale.

Anche il clero viene incontro all’interesse popolare con due scritti dei secoli XI e XII che riguardano la basilica vaticana e lateranense di Giovanni Diacono e Pietro Malleo.

ACCANTO AGLI ASPETTI TECNICO, STORICO E TOPOGRAFICO C’E LA LETTERATURA CHE APPARTIENE AI GIORNALISTI, POETI, RETORI CHE SI SERVE DELL’OPERA D’ARTE COME STIMOLO E PRETESTO A FAR MOSTRA DI BRIO, UMORISMO.

Vi sono le descrizioni di quadri e di statue di  Callistrato e Filostrato che sono in parentela con le scuole retoriche , fecondissimi vivai dell’estetica antica e presupposto per il tardo romanzo classico.  

TRATTATISTICA MEDIEVALE: GENERE LETTERARIO CHE CONSISTE NELLA TRASMISSIONE DI UN SAPERE FATTO DI REGOLE che vengono trasmesse di generazione in generazione, immutabili.  C’è un’idea corale di proporre una dimensione etica del fare. Il Medioevo non conosce il concetto d’arte, l’essenza interiore dell’arte. Essa rimane subordinata al concetto di texne proposto dall’antichità per ragioni sociali, esteriori e non interiori.

La TRATTATISTICA TECNICA è scritta da artefici. L’idea di artigianato la pervade. MANCA UNA TEORIA DELL’IMMAGINE E L’ARTISTA VIENE GIUDICATO IN BASE AL SUO LAVORO. (Schedula de coloribus di Eraclio , opere di Teofilo, Libri dei pittori del monte Athos, libro d’arte di Cennino Cennini)

TITULA : nel Medioevo parole ed immagini sono strettamente congiunti con una preponderanza delle seconde sulle prime. Il titulus, sottoscrizione versificata dell’immagine cui si riferisce, nel Trecento italiano, avrà un grande sviluppo. Sarà una figura letteraria a sé stante nella forma del sonetto e della canzone rimanendo legato sempre all’opera d’arte. La più celebre canzone è il trionfo della morte nel Camposanto di Pisa. Il titulus narrativo è in prosa e si distende sopra e accanto all’immagine (iscrizioni nel ciclo pittorico della sala del Consiglio a Venezia affreschi del Guariento a Padova) L’uso del titulus non è limitato solo all’Italia (racconti del tappeto borgognone di Carlo l’ardito o i dicts morlaux drammatizzati di Henry de Baude.)

Nel ‘400 il titulus è usato ancora ( biografia del pontefice nella libreria di Siena di Pio II)

I sonetti figurativi, sono legati all’epigramma artistico antico e pur connessi con l’opera d’arte, hanno un carattere indipendente e nel XV secolo venivano commissionati dalle comunità ai loro poeti ufficiali.   Vi sono sonetti in situ, come quello legato all’opera d’arte che rappresenta Dio padre con la mapppa mundi nel Camposanto di Pisa oppure sonetti che si riferiscono a ritratti come quello del Pucci in riferimento al ritratto di Dante nel Bargello. Il titulus cesserà nel XVI secolo quando le tre unità del classicismo vengono applicate compiutamente nell’arte figurativa ed immagine e scritto prenderanno vie distinte. Sorgerà così una vera e propria letteratura artistica cartacea.

 

                                       Cristina Di Bartolomeo

 

 

 

 

 

 

 
 
 

ALIMENTA L'ARTE

Post n°521 pubblicato il 08 Settembre 2015 da Alcestidgl2
 

 
 
 

SENZA PAROLE

Post n°520 pubblicato il 19 Febbraio 2015 da Alcestidgl2
 

La Barcaccia del Bernini danneggiata dai tifosi del Feyenoord

 
 
 

PER NON DIMENTICARE

Post n°519 pubblicato il 27 Gennaio 2015 da Alcestidgl2
 

"Tutti coloro che dimenticano il proprio passato sono costretti a riviverlo"

Primo Levi

 
 
 

ILLUSTRE RIMA

Post n°516 pubblicato il 14 Marzo 2014 da Alcestidgl2
 

Elenco rimato di grandi maestri della pittura del XV secolo, composto da Giovanni Santi

 

 

Nela cui arte splendida e gentile/nel secol nostro tanti chiar son stati,/che ciescuno altro far

paren pon vile.

A Brugia fu fra gli altri più lodato/il gran Joannes: el discepul Ruggero/con tanti d’alto merto

dotati,

Della cui arte et alto magistero/di colorire furno si excellenti/che han superato spesse volte

el vero.

Ma nell’Italia in questa età presente/vi fu el degno Gentil da Fabriano,/Giovan da Fiesol frate

al ben ardente,

E in medaglie ed in pictura el Pisano,/frate Filippo et Francesco Pesselli,/Domenico chiamato

il Veneziano,

Massaccio e l’Andrian, Paolo Ocelli,/ Antonio e Pier sì gran disegnatori,/Pier del Borgo antico

più di quelli.

Due giovin par d’etati e par d’amori,/Leonardo da Vinci, e ’l Perusino,/Pier della Pieve, che

son divin pictore.

E ’I Ghirlandaja e ’l giovin Filippino,/Sandro da Botticello; e ’l Cortonese/Luca d’ingegno e

spirto pellegrino.

Or lasciando d’Etruria il bel paese/Antonel da Sicilia uom così chiaro,/Giovan Bellin che sue

lodi distese,

Gentil suo fratre e Cosmo gli sta al paro./Ercule ancora e molti ch’io trapasso,Non lasciando

Melozzo a me sì caro che in prospettiva ha steso tanto el passo.

 

 
 
 

PRESENTAZIONE GESU' AL TEMPIO DI GIOVANNI BELLINI

Post n°515 pubblicato il 02 Febbraio 2014 da Alcestidgl2
 

Giovanni Bellini  (1433 - 1516)

Presentazione Gesù al Tempio 1469 ca.

tempera su tavola

80 x 105 cm.

Venezia,  Museo della Fondazione Querini Stampalia

 

Rielaborazione personale di Bellini dall'opera del cognato Mantegna , del 1455, 

conservata alla Gemaldegalerie di Berlino. Giuseppe, in secondo piano, assiste al passaggio

di Gesù dalle mani della Vergine a quelle di Simeone. Il Bimbo poggia i piedini su un cuscino

posto a sua volta su uno spesso parapetto che separa lo spazio reale da quello dipinto.

Elemento, il parapetto,  di natura fiammminga molto caro all'artista, riproposto ad

esempio, anche nella Pietà di Brera.


 
 
 

NAVE DI SCHIAVI

Post n°514 pubblicato il 29 Gennaio 2014 da Alcestidgl2
 

 

J. M.William Turner (Londra 1775 - Chelsea 1851)

Nave di schiavi  (1840)

(Mercanti di schiavi che gettano in mare i morti e i moribondi -Tifone in arrivo)

olio su tela

91 x 138 cm

Boston, Museum of Fine Arts

Turner denuncia il cosiddetto "commercio in legno d'ebano" , eufemismo per evitare di

parlare di commercio di schiavi neri. Secondo un opuscolo del 1740 , la schiavitù era un

vantaggio per gli schiavi stessi  perchè sotto la dolce influenza della legge e del Vangelo, essi

avanzavano di molti gradi nella felicità, anche se non in un'assoluta libertà. L' artista,

attento alle problematiche sociali, sullo sfondo di un un cielo di molteplici bagliori, raffigura

un vascello che lascia dietro di sè una scia di corpi umani in balia di una triste sorte. Se,

durante  l'attraversamento dell'oceano il viaggio si prolungava più del previsto e

scarseggiava l'acqua potabile da distribuire agli schiavi, quest'ultimi venivano gettati in

mare, poichè gli schiavi neri non erano riconosciuti come esseri umani. In un caso come

questo, fu intentato un processo per il danno economico creatosi e  non certo per l'omicidio

collettivo.

 
 
 

GLUCKEL HAMELN

Post n°513 pubblicato il 27 Gennaio 2014 da Alcestidgl2
 
Tag: '600, ebrei

Gluckel Hameln donna ebrea, nata nell'anno 1646 dalla nascita di Cristo, per lei e il suo

popolo l'anno 5407 dala creazione del mondo. Viveva ad Amburgo e si spostava tra Altona e

la Danimarca fuggendo davanti alle minacce delle incursioni svedesi, facendo i conti con

l'ostilità che la popolazione nutriva contro gl ebrei. Ne 1687 un ebreo, appena uscito dalla

borsa di Amburgo, fu attirato in un tranello, rapinato ed ucciso. Gli ebrei trovarono i

colpevoli e li accusarono in giudizio ma corsero rischi gravissimi perchè una folla

innumerevole li radunò per farli a pezzi. Gluckel, che ci ha lasciato molte tesimonianze

dell'epoca nei suoi diari, dice a proposito:"Questa gente è cattiva e ci fa soffrire".

 
 
 

BANCHETTO NUZIALE

Post n°512 pubblicato il 14 Gennaio 2014 da Alcestidgl2
 

Banchetto nuziale 1568

Pieter Brueghel il Vecchio (Breda 1525/1530 ca. - Bruxelles 1569)

olio su tavola

114 x 163 cm

Vienna, Kunsthistorisces Museum

Un conveniente banchetto offerto da padre della sposa nel giorno della solennizzazione degli

sponsali: carne, bevande per alleati, amici e parenti dello sposo e di suo padre. Nel

Medioevo, gli sponsali erano un contratto giuridico tra i futuri padri degli sposi. Come

afferma lo storico Bossi, il matrimonio medievale era una "commistione di sacro e di

profano"che poteva avere luogo senza la presenza del prete che comparira' più avanti nel

tempo e non per motivi religiosi.

Nel dipinto, gli invitati banchettano festosamente; la sposa siede dinnanzi al drappo verde,

steso sulla parete, accanto ai genitori. Lo sposo, poichè era tradizione che servisse ai tavoli, 

 è da identificarsi con il giovane, sulla sinistra, che versa il vino nelle brocche oppure con 

colui che prende un piatto dagli inservienti. Scena di genere, dettagliatamente curata nei

particolari dall'artista.

 
 
 

ADORAZIONE DEI MAGI

Post n°511 pubblicato il 05 Gennaio 2014 da Alcestidgl2
 

Sandro Botticelli

(Firenze 1445 - Firenze 1510)

Adorazione dei magi

1475 ca.

70x130 cm

Firenze, Galleria degli Uffizi

Il dipinto di Botticelli, costituisce un precedente per "l'Adorazione dei Magi" di Leonardo

del 1481 ca. Il corteo degli adoranti di Gesù Bambino, prevede , tra gli altri, eminenti

rappresentanti della famiglia Medici: Cosimo il vecchio, i suoi figli Piero e Giovanni, Lorenzo il

Magnifico e Giuliano. Durante il XV secolo, il tema dell'Adorazione dei Magi era

rappresentato  frequentemente per la simbolica identificazione de Medici con i tre saggi

guidati dalla stella alla capanna della natività di Gesù. La Sacra Famiglia è rappresentata in

un edificio diroccato al centro del dipinto e non di lato come accadeva prima al fine di dar

risalto alla descrizione del corteo; basti pensare alla tavola dipinta da Gentile da Fabriano per

la cappella Strozzi in S. Trinita  oppure a quella dipinta da Benozzo Gozzoli per la cappella di

Palazzo Medici Riccardi.    

 

 
 
 

L'ARENA DI VERONA COMPIE CENTO ANNI

Post n°508 pubblicato il 24 Giugno 2013 da Alcestidgl2
 

 

 

L’Arena di Verona compie quest’anno CENT’ANNI.


L’Arena fu utilizzata, al pari del Colosseo, per offrire ai cittadini veronesi svariate tipologie di

ludi e di spettacoli, tra i quali anche lo scontro tra gladiatori.

Restaurata da Teodorico, re dei Goti, la sua cavea fu adoperata come cava di pietre di

marmo per la costruzione di edifici e case attigue, tutt’ora visibili.

Dal 1600 sede di giostre e spettacoli come la caccia dei tori, l’Arena di Verona dal 1800

ospitò una serie di opere liriche, prima fra tutte La Santa Alleanza, con le musiche di

Gioacchino Rossini. Pur tuttavia la prima stagione lirica fu nel 1913. Da quell’anno,

anfiteatro veronese  divenne il più grande teatro lirico all’aperto al mondo.

 

 

                       

Marco Marcola

Verona, 1740 - 1793  

Commedia dell’Arte in Arena

1772

olio su tela, 115 x 84,2 cm

Chicago, The Art Institute of Chicago

Gift of Emily Crane Chadbourne

Iscrizioni: siglato “M M”

e datato al centro a destra 1772

Questo dipinto, concepito en pendant con “Spettacoli di Strada”, conservato oggi alla

galleria Previtali di Bergamo, faceva parte, nell’Ottocento, della collezione veronese del

conte Enrico Murari Bra. Ora esso si trova a Chicago ed è stato donato nel 1922 all’Art

Institute of Chicago da Mrs Emily Crane Chadbourne che lo aveva presumibilmente

ereditato dal padre Richard T. Crane, industriale americano e avido collezionista d’arte. La

Mostra “Il Settecento a Verona, Tiepolo, Cignaroli, Rotari, la nobiltà della pittura” che ha

avuto luogo al Palazzo della Gran Guardia a Verona  dal 26 novembre 2011 al 9 aprile

2012, ha offerto per la prima volta la possibilità di vedere questo dipinto  in coppia a

Spettacoli di Strada”.


Marco Marcola, famoso per le sue tele con pitture di genere e artista di una  vasta

produzione diffusa principalmente in area veneto – lombarda, raffigura una

rappresentazione teatrale eseguita all’interno dell’Arena di Verona in un teatrino effimero.

Ai piedi del palcoscenico c’è una folla pittoresca e varia dove si mescolano aristocratici,

teatranti, contadini ognuno definito nella sua personalità.

 

Un piccolo omaggio all’Arena di Verona, dalla quale ho udito spesse volte arie e romanze

meravigliose.

 

 

 

 
 
 

IL COLORE BIANCO NELL'ESTETICA SETTECENTESCA (ALCUNE IPOTESI)

Post n°507 pubblicato il 11 Giugno 2013 da Alcestidgl2
 

 

J. D. Ingres il sogno di Ossian 1813

 

Winckelmann sostiene che il colore mette a repentaglio l’ideale della statua bianca.Il

colore può elevare la bellezza e le sue forme ma non costituisce la bellezza in sé. La

sua visione estetica si rifà all’ argomentazione ottico fisica di Newton; la luce del sole

appare bianca pur contenendo in sé tutti i colori; quindi il  colore bianco e di

conseguenza il marmo bianco è quello che rimanda più raggi di luce ed un corpo quindi

sarà più bello nella misura in cui sarà più bianco. PRIMA TESI: si collega al movimento

partorito dall’indagine di Newton sulla luce solare come tributo all’ideale classicista del

nitore delle immagini.  SECONDA TESI: il sogno estetico presente nella’iconografia di

fine ‘700 inizio ‘800, pone sogni e visioni in bianco (sogno di Ossian di Ingres). Un

sogno estetico è quello che fa Winckelmann  dell’antica Grecia, di colore bianco, nella

dimensione irreale e sollevata dal quotidiano. TERZA TESI: nel rococò il biancore

delle immagini prelude alla distinzione della forma e colore. Schiller vede nel disegno uno

strumento razionale della progettazione mentale il  “disegno virile” di gran lunga

superiore al colore “femminile aggiunta”. Il disegno è superiore e portatore di verità. Il

messaggio di Schiller si incastra perfettamente nell’ideale estetica di Hegel  che

definisce il marmo bianco “strumento di perfezione artistica” che non ha bisogno di

aggiunte;” forma pura” come dice Goethe. Quindi il colore bianco è:

Forma pura

Virile razionalità

Astratto

Senza policromie

Qualità gradite ai classicisti alle quali si opposero i Romantici cercando una nuova unità

delle arti , incluso il colore.

 

 

 

 

 

 
 
 

MIRACOLI DELLA CAMPAGNA ELETTORALE

Post n°505 pubblicato il 28 Gennaio 2013 da Alcestidgl2
 

 

 

 

 

Il 25 gennaio 2013, il senatore Mario Monti ha inviato un tweet nel quale esalta a granvoce

la valorizzazione del patrimonio culturale italiano; peccato lo faccia solo in campagna

elettorale!!!!!!!!

 

Mario Monti @SenatoreMonti

"Il patrimonio culturale italiano è ineguagliabile, sarà fondamentale valorizzare le sue eccellenze 2ST #AgendaTweet

 

 

 
 
 

LE DIMISSIONI DI SALVATORE SETTIS DAL CDA

Post n°504 pubblicato il 16 Gennaio 2013 da Alcestidgl2
 

Ilaria Borletti Buitoni

 

Milano. All’entusiasmo del lancio delle Primarie della Cultura, che nei primi due giorni hanno registrato ben 20mila voti, con oltre 46mila visite al sito dedicato, è seguita l’autosospensione della presidentessa Ilaria Borletti Buitoni dalle attività operative e ufficiali della Fondazione, a seguito alla comunicazione della sua candidatura nella lista civica del Presidente Monti. E a stretto giro di posta sono arrivate ledimissioni, immediate e irrevocabili, di Salvatore Settis dal Consiglio di amministrazione del Fondo Ambiente Italiano. «Non posso né comprendere né condividere, spiega Settis nella sua lettera di dimissioni, il fatto che la Presidente in carica del Fai appoggi in modo tanto esplicito un Presidente del Consiglio che in oltre un anno di governo non ha mostrato la minima sensibilità per i problemi dell’ambiente, dei beni culturali, della scuola, dell’università, della ricerca, della cultura. Inoltre, cosa forse perfino più grave, il Presidente Monti non ha mostrato alcuna attenzione a questi problemi nemmeno nella sua Agenda, con ciò confermando che, qualora tornasse alla guida del governo, proseguirebbe l’opera di sistematico smantellamento delle strutture statali della tutela e di privatizzazione del patrimonio pubblico».
Nella lettera di autosospensione del 9 gennaio la Borletti Buitoni esprime la propria visione in merito alle prossime elezioni quale «occasione storica per portare in Parlamento persone capaci di promuovere una fase costituente di riforme strutturali di cui il Paese ha bisogno. Cultura, paesaggio, beni culturali sono ambiti trascurati e maltrattati dall'azione di tutti i precedenti Governi, questo incluso, rendendoli così sempre di più una grande emergenza nazionale».
Una questione di scelte, dunque, ma anche di priorità. E c’è poco da stare tranquilli se, chi dovrebbe giocare la partita a favore della causa, crede che «la cultura sia, naturalmente dopo il lavoro, naturalmente dopo l'emergenza dei nostri conti, naturalmente dopo altre emergenze, una delle grandi priorità del Paese». Come da lei annunciato durante il programma radiofonico condotto da Massimo Valli su Radio Montecar

 

Dal Giornale dell'Arte

 

16 gennaio 2013

 
 
 

IL GIUDIZIO DI PARIDE

Post n°503 pubblicato il 15 Gennaio 2013 da Alcestidgl2
 

 

 CLAUDE GELLEE, detto LORRAIN

 

(Chamagne – Francia 1600-04 --- Roma – Italia 1682)

 

IL GIUDIZIO DI PARIDE

 

1645 – 1646 ca

Olio su tela

112,3 x 149,5 cm.

Washington, National Gallery of Art, Ailsa Mellon Brice Fund.

N° inventario 1969.1.1

Provenienza: commissionato da Francois du Val, marchese de Fontenay – Mareuil (1594 – 1665), Roma e Parigi. Le Danois, Parigi, da c. 1740. Angran visconte de Fonspertuis, dal 1747, Acquistato da Agard o Devins. Urbino Pizzetta, Londra ha aquisito nel 1912 dal padre di Miss V. Price Inghilterra. Venduto il 13/02/1969 alla NGA.

 

ERA (a Paride): “Se tu giudicherai che io son bella o Paride, tu sarai signore di tutta l’Asia”.

ATENA (a Paride): “ Se tu sentenzierai che la bella son io, non sarai mai vinto in battaglia e ne uscirai sempre glorioso: io ti farò pro’ guerriero e vincitore”.

AFRODITE (a Paride): “Io ti prometto di darti Elena in moglie, di accompagnarti a lei e di tornare con entrambi in Ilio; io ci sarò e farò ogni cosa per voi”.

PARIDE: “A questo patto io do a te il pomo; a questo patto prendilo”.

 

Il testo tratto dal “Dialogo” numero 20 di Luciano ben ci introduce in uno degli eventi mitologici più celebri “Il giudizio di Paride”, soggetto del dipinto commissionato a Claude Gellee detto Lorrain dall’ambasciatore Francois  du Val, marchese de Fontenay – Mareuil (1594 – 1655). Oltre a Luciano molti autori classici riportano questo mitico episodio: Omero, Igino, Euripide ed Ovidio.

La mitologia narra che a causa di funeste profezie, Paride secondogenito di Priamo ed Ecuba venne condotto, appena nato, dal servo Agelao sul monte Ida, situato nella Misia non lontano da Troia. Il servo eseguito l’ordine si accorse che il bambino era stato nutrito da un’orsa per cinque giorni; lo accolse perciò nella sua casa e lo chiamò Paride.

 Più tardi divenuto un giovane uomo, egli fu soprannominato Alessandro perché respingeva gli assalti e difendeva le greggi. Paride, scelto da Zeus per giudicare quale tra Era, Atena ed Afrodite fosse la più bella scelse la dea dell’amore che gli aveva promesso in dono Elena, la donna più bella del mondo.

Tra due quinte rocciose si apre uno spazio brullo con numerose variazioni del terreno. In secondo piano, al centro del dipinto, un boschetto divide l’immagine a metà. A sinistra, nella parte inferiore, un’immaginaria linea ellittica racchiude il gruppo dei personaggi: Atena con elmo e giavellotto, Era con il pavone dall’iridescente coda, uccello a lei sacro simbolo di vigilanza e di profezia, Afrodite che tiene per mano il piccolo Cupido e il bel principe-pastore Paride con il suo gregge. I personaggi sono resi in dimensioni minori rispetto al paesaggio, grande protagonista del dipinto.

A sinistra, nella parte superiore, alberi ed arbusti fanno da cornice ad una cascatella d’acqua formando un andamento ellittico che richiama la linea sottostante.

Dal centro del dipinto, verso la parte destra in basso, sono disposte le capre di Paride che sono un misurato strumento che accompagna il lento digradare del terreno verso il mare, dove in lontananza si scorge la cittadella di Troia, teatro di nefaste sciagure.

Tutta la storia del paesaggio ideale da Annibale Carracci, Domenichino, Albani, Poussain appartiene a Lorrain e la sua natura popolata da dolci miti, soprattutto dal 1640 in poi, alimenta la sua classicità. Egli è guidato da un ideale di chiarezza, di ordine e la sua osservazione della natura è lenta, calma, ininterrotta ed investe tutti gli elementi della realtà.

La luce è la nota fondamentale della sua arte, luce studiata nella campagna romana durante tutte le ore del giorno, luce che aggiunge nuove possibilità espressive alla pittura di paesaggio. Nel dipinto, il sole che sta tramontando dietro Troia, determina la visibile alternanza di luci,  ombre e colori in ogni dettaglio naturale, illuminando il cielo sino ad arrivare all’azzurro perlaceo che si fonde con quello dell’acqua.

Dice il Baldinucci “…All’acque marittime diede un colore naturalissimo; e quello, in che intorno alle medesime maggiormente ridusse la sua intelligenza, furono le varie mutazioni dello stesso colore, a seconda delle varie e bellissime osservazioni, che egli fatte aveva nel vero, nel mutarsi e variarsi l’aria e la luce…”

Lorrain ha la capacità di sollecitare ogni senso umano: con gli occhi si può ascoltare il lieve mormorio dell’acqua e udire le lusinghe rivolte a Paride da Era; con gli occhi si può annusare l’odore della terra, con gli occhi si possono toccare i rami frondosi.

Mi ha sorpreso ed incantato il lento, ordinato ed armonico processo di idealizzazione del dipinto: alternanza di linee curve e zigzagate, di simmetrie (Paride ed Atena; Afrodite ed Era),  di rimandi nello spazio (le capre), di bilanciamento di luci ed ombre tra la parte sinistra e destra del dipinto.

 

 
 
 

Lettera di RAFFAELLO A LEONE X

Post n°502 pubblicato il 15 Ottobre 2012 da Alcestidgl2
 

 

 

 

...Essendo io stato assai studioso di queste tali antiquitati et havendo posto una piccola cura

in cercarle minutamente et misurarle con diligentia et leggendo continuo li buoni auctori et

conferendo l'opera con le lor scripture, pensp aver qualche notitia di quell'antica in

architectura. Il che in un punto mi da grandissimo piacere, per la cognitione di tanto

excellente cosa et grandissimo dolore, vedendo quasi il cadavero di quest'ultima nobile

cittade che è stata regina del mondo, così miseramente lacerato. Onde se ad ognuno è

debita la pietade verso li parenti et la patria, mi tengo obbligato di exponere tutte le mie

picciole forze, aciochè più che si piò resti viva qualche tempo dopo e quasi un'ombra di

questa chevero è patria universale di tutti li Christiani...

Roma Anno 1519

Dalla lettera di Raffaello Sanzio a Leone X 

 

Con questo documento nasce il fondamento ideologico del Protezionismo Culturale che

limita e controlla i proprietari dei beni mobili ed immobili.

 

 

 
 
 
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O mio Signore,

Non prendermi per schiavo,
perché ho in me il senso della libertà. 

Non cercare di indovinare i miei segreti,
perché ho in me il senso del mistero.

Non costringermi alle carezze,
perché ho in me il senso del pudore.

Non umiliarmi,
perché ho in me i senso della fierezza.

Non abbandonarmi,
perché ho in me il senso della fedeltà.

Sappi amarmi ed io saprò amarti
perché ho in me il senso dell’amicizia.

 

 

 "Il più piccolo felino è un capolavoro"

  (Leonardo Da Vinci) 

 

 

 

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